Batteria: 50 dischi fondamentali. "Enema of State", Blink182
di redazione [user #116] - pubblicato il 20 giugno 2018 ore 16:00
Nell’estate del 1999 i Link 182 sfornano “Enema of the State” disco decisivo della loro carriera. E’ il terzo album che il gruppo pubblica e arriva dopo un recente cambio di line up e l’introduzione di un nuovo batterista. I più accolgono il nuovo lavoro con leggerezza, certi che l’interesse che gravita attorno al punk sbarazzino della band non durera oltre la moda effimera di un'estate.
“Enema of the State”, invece, resta nelle zone alte della classifica di Billboard’s top 200 per oltre un anno.
“All The Small Things” è il brano che tira il botto e svolta la storia della band. Diventa uno dei singoli più celebri degli anni 2000 e - spinto da Mtv - si accaparra premi su premi, grazie anche al divertente video, una sorta di parodia che sberleffa tante pop star.
Il lavoro in studio del terzetto di San Diego formato da Mark Hoppus, Tom DeLonge e il batterista Travis Barker è una via di mezzo tra le sonorità punk più moderne e ammiccanti al pop dei Green Day e dei Sum 41 e quelle più ruvide e incazzate di Rancid e dei Nofx.
Le tematiche dei testi della band sono distaccate dalla scena di protesta punk e non c’è quell’aggressività, irriverenza e impegno politico di Sex Pistols o Clash. I Blink182 scrivono in maniera semplice, trattando per la maggior parte temi che rispecchiano la quotidianità di giovani studenti nel pieno della pubertà: e i testi sono divertenti, quasi comici per quanto coloriti.
Il punk resta vivo nel suono della band, garantito dall’ esperienza del produttore Jerry Finn che ha lavorato con Rancid, Morrisey, Bad Religion, Sum41 e The Offspring.
Il sound è asciutto, fresco, d’impatto e, nonostante il riffing veloce e arrabbiato della chitarre supportato da una batteria frenetica e ricca di fill, sempre solare.
La stesura dei brani è semplice anche se non così scontata. Le linee di basso sono elementari, la melodia della voce - che per alcuni potrebbe risultare quasi fastidiosa - è ruffiana e conquista. Ma è il lavoro di Travis Barker alla batteria a risultare monumentalea dir poco.
Travis Barker combina una grande velocità, requisito fondamentale per il genere, con una buona tecnica che gli permette di spaziare su più fronti dinamici, dal completo silenzio a intensità importanti. Fino a quel momento pochi batteristi della scena punk erano stati così creativi ed espressivi.
Nasce nel 1975 a Fontana in California e inizia a suonare da bambino. Nel secondo anno delle superiori vince un audizione ed entra a far parte della banda della scuola suonando il rullante fino alla fine degli studi. Grazie a questa esperienza si guadagna una tecnica delle mani superlativa.
Il contatto con Tom e Mark avviene nel 1998, quando la sua band di allora, gli Aquabats, fecero da spalla al tour dei Blink182. E proprio durante quel tour, i Blink rompono col loro batterista Scott Raynor. Barker è l’uomo giusto, nel posto giusto, al momento giusto. Ed entra nella band.
Le influenze musicali di Travis vanno in larga parte ricercate nel jazz e nell’hip hop e i batteristi a cui si è maggiormente ispirato sono Steward Copeland, Tommy Lee e Tré Cool.
Mentre suona, di Travis colpisce il costante atteggiamento distaccato mentre picchia sulla batteria con assoluta precisione e forza. Due fattori che difficilmente si osservano contemporaneamente.