Su Greg Howe c’è poco da dire: sotto le sue dita c’è la storia della chitarra rock fusion. Al nono album solista nel 2017 e con una lunga lista di collaborazioni illustri alle spalle, il chitarrista ha saputo delineare uno stile personale e immediatamente riconoscibile in cui il linguaggio più puro del genere convive con una competenza tecnica invidiabile e con un gusto melodico che non passa mai in secondo piano rispetto ai “fuochi d’artificio”.
Mentre scriviamo queste righe, e ieri 9 ottobre 2018 è stato il turno del Teatro Maria Aprea a Volla, sede dell’Accademia Giuseppe Verdi che ha già ricevuto, tra gli altri, ospiti del calibro di .
Per la sua “gita” nel Bel Paese, Howe ha chiamato con sé due musicisti d’eccezione: al basso lo accompagna Ernest Tibbs, un’istituzione per la categoria al fianco del gigante Allan Holdsworth, mentre , napoletano trapiantato negli USA con cui il chitarrista ha collaborato in molteplici occasioni, stringendo nel tempo un sincero rapporto di stima e amicizia.
Il piatto forte però è lasciato alla fine e, come da tradizione, un pre-show riscalda il pubblico di Volla. Ad aprire le danze è Francesco Egollino, chitarrista d’estrazione rock che nel tempo ha dimostrato di sapersi muovere agevolmente in numerosi ambiti adiacenti e che presenta ora in anteprima due brani tratti dal suo imminente lavoro solista. Lo accompagnano Davide Ferrante alla batteria, Corrado Calignano al basso e Ciro Cino alle tastiere.
Lo spettacolo evolve in maniera naturale e dopo pochi minuti lo raggiunge Andrea Palazzo. Insieme, i chitarristi regalano uno splendido duetto sulle note di “Little Wing”. Lo stile di entrambi è fine, il suono sostanzioso e ricco, e le Line 6 Helix ai loro piedi dimostrano che il digitale sa definitivamente farsi valere senza riserve anche nei contesti live più ricercati.
Sul palco resta Andrea Palazzo in compagnia di Corrado Calignano e Davide Ferrante: sono gli ERT 15, trio funk e fusion già autore di un gustoso album che ha il compito di preparare il terreno per l’ospite della serata. Un rapido cambio-palco e Greg Howe, Ernest Tibbs e Gianluca Palmieri sono pronti a riempire la sala con “Acute”, opening track di una ricca scaletta che andrà a toccare i momenti più importanti della carriera del chitarrista statunitense, dagli esordi fino all’ultimo Wheelhouse.
Greg si dimostra in gran forma e la sezione ritmica gli sta dietro compatta, poderosa, gustosa. Ognuno ha i propri spazi da protagonista, ma il solista della serata è ovviamente Howe. Il suo linguaggio appare evoluto, frutto di un’esperienza accumulata in decenni, e il suo stile si rende riconoscibile fin dalle prime plettrate. Gli ampi shake e le scariche di note sono un marchio di fabbrica, così come la particolare attenzione rivolta a ricerca di suddivisioni ritmiche interessanti, mai scontate.
Il suono - liquido sui distorti e brillante sui puliti - sprigionato dalla sua Kiesel attraverso la testata DV Mark su cassa 4x12 non ha letteralmente spigoli. Un sapiente utilizzo degli effetti, del volume e delle mani fa sì che le transizioni tra puliti, overdrive, suoni hi gain e modulazioni varie siano così graduali da apparire quasi indefinite. Tutto è parte di un unico grande discorso musicale, ora reso folle da inaspettati colpi di Whammy, ora vocalizzato da un wah wah fatto oscillare con moderazione, quasi sull’orlo del cocked.
Il concerto procede da manuale. Il pubblico è estasiato, Greg intrattiene e scherza tra un brano e l’altro, e in un attimo è giunto il momento del drum solo.
Gianluca è scatenato, il suo fraseggio complesso e sempre interessante viene quasi messo in ombra dalla sua padronanza delle dinamiche e della gestione dei suoni. Il suo kit Yamaha ora sussurra, ora tuona, i rulli modellano la propria voce sotto la direzione totale del batterista.
Solo pochi minuti, la fame di corde del pubblico si fa sentire, così sul palco restano solo Greg e Ernest per una ballad delicata e dolce: un adattamento strumentale di “Story’s Ending” dei Maragold. Tibbs riempie l’aria con riff e linee capaci di coprire ogni frequenza lasciata libera dal solista, quasi sembra un piano elettrico alle spalle di Howe mentre la sua chitarra avanza in un crescendo perfetto finché esplode quando Palmieri riguadagna il suo posto dietro le pelli concludendo quello che Greg ha annunciato come “l’ultimo brano moscio in scaletta, velo prometto”.
Come da promessa, subito dopo “Lucky 7” torna a far tremare la sala e detta il ritmo di ciò che seguirà. Il concerto volge al termine con una chicca: la prima traccia del primo album di Greg seguita dalla prima traccia dell’ultimo disco. Come due parentesi, “Kick It All Over” da Greg Howe del 1988 e “Tempest Pulse” da Weelhouse del 2017 racchiudono tutta la sua carriera.
Un ultimo guitar solo indica che la serata sta per finire, schiaffeggiando il pubblico con un turbine di arpeggi e banjo roll magistrali.
C’è un brano, però, che tutti aspettavano fin dall’inizio e non è stato ancora suonato. Greg ci arriva piano piano, sa che i presenti lo desiderano e li saluta con una piccola jam in cui, frase dopo frase, diventa presto chiaro a tutti che quello che sta costruendo nota su nota è il tema di “Jump Start”. Groove, gusto, tecnica e padronanza degli strumenti sono all’ennesima potenza per concludere uno spettacolo che non si dimenticherà facilmente.
Il trio si rifugia dietro le quinte, ma il pubblico non ci sta: l’applauso scrosciante non accenna a scemare e non si arrende finché la band torna sul palco per il consueto bis.
Greg annuncia un tributo a “uno dei più grandi chitarristi mai vissuti” e senza indugio si lancia in “Proto Cosmos”. La dedica ad Allan Holdsworth è di classe. Howe non lo scimmiotta, ma lo affronta con rispetto: la musica del compianto alieno della fusion arriva senza filtri, in tutta la sua complessa bellezza, e il valore aggiunto è quello di un solista che vi infonde il proprio stile personale. Il solo è 100% Howe e si scontra con il tema Holdsworthiano come in un duetto immaginario alla sua memoria.
Non poteva esserci conclusione migliore per quello che si è dimostrato uno show completo, fresco, per puristi del genere ma apprezzato anche dai semplici appassionati desiderosi di trovarsi di fronte a un vero mostro sacro delle sei corde.
La galleria fotografica completa della serata, con immagini degli artisti e della strumentazione nel dettaglio, è pubblica sulla pagina Facebook di Accordo. ! |