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Che cos'è una band 2.0
Che cos'è una band 2.0
di [user #116] - pubblicato il

Da qualche mese impazza su Ritmi un giovane e brillante batterista e collaboratore: Jonathan Vitali. Jonathan scrive recensioni, realizza video, test e contribuisce a lezioni e interviste. Abbiamo deciso di farlo conoscere meglio ai nostri lettori e per questo gli abbiamo chiesto di parlarci del suo progetto musicale nel quale è totalmente calato, i Barbie Sailors. Una band 2.0.
 
Jonathan presentaci i Barbie Sailers?
La band è formata da cinque elementi Thierry Jaccard voce, Elia Bazzi basso, Giona Bazzi chitarra, Alex Sassella chitarra e io alla batteria.
 
Che genere fate?
Cerchiamo di elaborare le nostre idee con un concetto sonoro che se vogliamo etichettare si avvicina all’ alt-rock ma ha influenze Metal-core e crossover.
 
Siete attivi da molto?
Ci siamo formati nel 2011, partendo da un’idea lanciata lì per lì tra i banchi del liceo che poi si è concretizzata fin da subito portando alla luce un paio di demo dal sapore
piuttosto punk. Dopo l’uscita dell’album di debutto Already in Paradise nel 2013 abbiamo lavorato sodo per la ricerca di un determinato suono. Nel 2016 abbiamo prodotto un demo che lasciava intravedere un cambiamento nelle sonorità della band. Con il singolo “Free Fall” e con gli altri brani dell’EP abbiamo giocato a sperimentare con i suoni fino al rilascio nel 2017 del singolo “Follow” che ha definito i contorni delle nostre ricerche.
 
Suonate molto dal vivo?
Come per tutte le band trovare spazio per suonare dal vivo è difficile. Mandare mail, girare link e spedire cd in questo periodo storico sembra non basti più.
 


E che bisogna fare allora?
Bisogna cercare – almeno noi facciamo così - di rendere il progetto più appetibile, curando diversi aspetti anche non prettamente musicali. Il concetto è quello di far arrivare la nostra musica a più persone possibili, far appassionare l’ascoltatore e farlo legare con la nostra stessa passione alla band.
Sembra un ragionamento utopico ma ci siamo resi conto che se mettiamo sulla bilancia quanto tempo ed energie si spendono per mandare centinaia di mail per un singolo concerto anziché sfruttare lo stesso tempo per curare il progetto, scrivere canzoni, promuovere video e singoli e spingere poi tutto sui social…oggi il gioco non vale più la candela.
 
I social diventano quindi una dimensione decisiva
Esattamente Online e con i social si raggiungono migliaia di persone. Promuovendoci così, piuttosto che ostinandoci a cercare date con mail, cd spediti e telefonate, abbiamo ottenuto un seguito, un’attenzione e una credibilità che ci ha permesso di aprire i concerti in tutta Europa con gli Our Last Night e Blessthefall oltre che a Papa Roach, Yellowcard, The Subways.
 
Anche i social però non sono un terreno facile…
Verissimo: il pubblico sui social è spesso liquido, un giorno c’è l’altro no.


 
E come garantirsi la costanza del pubblico?
Per una band 2.0 coma la nostra l’unico maniera per dare continuità al seguito sui social è tentare di essere presenti costantemente. Offrire sempre qualcosa di nuovo, divertente e autentico. Rappresentativo della band.

Cosa intendi con band 2.0?
Con 2.0 intendo che facciamo tutto da soli: dalle grafiche, ai social, dalle registrazioni alla pubblicazione. Curiamo in prima persona ogni aspetto.

I vostri video sono molto curati…
Per quanto riguarda i video dei nostri inediti collaboriamo ormai da diversi anni con il regista Kit Artos e la sua crew grazie alla visione che abbiamo in comune riusciamo a fare sempre dei lavori di ottima qualità.
 
Vi ho sentito anche fare delle cover parecchio divertenti.
Sul nostro canale Youtube ci divertiamo anche a ri arrangiare dei brani pop in chiave rock-metal: oltre ad essere divertente è interessante dare un altro lettura a certi brani che ci sfiancano a furia di ascoltarli incessantemente alla radio, dove vengono passati in continuazione.


 
Quindi siete autonomi anche nelle registrazioni audio?
Ci occupiamo delle registrazioni in prima persona e con gli anni siamo riusciti a circondarci di persone fidate e che ci conoscono profondamente.
Con il nostro piccolo ma attrezzato studio sotto casa riusciamo a portare le registrazioni fino al premix dopodiché affidiamo il tutto al nostro sound engineer Giampiero Ulacco che si occupa del mix e del master. Il processo comunque è lungo però in questo modo possiamo abbattere i costi di produzione di una canzone e paradossalmente abbiamo più libertà con i tempi di produzione. Per fare una canzone non guardiamo le ore e questo ci fa lavorare con
la mente più sgombra e con più pazienza.
 
Parlaci invece di come lavorate alla scrittura dei vostri brani.
L’idea solitamente parte da qualcuno di noi, da una semplice ritmica di batteria, da un riff di chitarra, da un tema synth. Di getto proviamo a dare una forma di canzone e poi si passa alla stesura del testo e alla ricerca delle linee vocali. Da qui
l’interminabile processo di arrangiamento. Per farti un esempio il brano “Follow” ha avuto un travaglio di circa sei mesi. Siamo convinti che i dettagli siano quelli che fanno fare la differenza, anche i più piccoli; sistemando poco alla volta ci siamo accorti che è la via più proficua per un risultato che anche a distanza di tempo sia soddisfacente. In tutto questo ci sono delle figure chiave che ci aiutano nella produzione e stanno nelle persone di Trenton Woodley (frontman degli Hands Like Houses) che ottimizza e dispensa consigli sulle bozze e il ghost writer Mazz che disegna i suoni dei synth. Trenton e Mazz fanno un lavoro straordinario e sono spesso dietro le quinte: per questo, ogni volta che possiamo, cogliamo l’occasione per ringraziarli di cuore per tutto quello che svolgono.


 
Come vi preparate in sala prove per affrontare una registrazione?
Una volta che abbiamo la bozza iniziamo le prove per vedere se le varie idee funzionano e sono divertenti da suonare. Capita spesso che dopo le prove si mettano incessantemente le mani al progetto della canzone per ottimizzare quanto affiorato suonando. Diciamo che è un “fare, provare e disfare”
 
Avete una grande pacca sulle ritmiche: chi sono le band, gli artisti e i dischi che vi hanno spronato a curare questo approccio al riffing e al timing…
Per noi le ritmiche sono di vitale importanza per dare impatto al brano: cerchiamo di definire ritmiche solide per sostenere poi tutto il resto. Ci sono parecchi dischi e artisti che è difficile citarne solo uno. Negli anni siamo stati contaminati da tanti grandi della musica partendo dal punk al grunge al nu-metal. Difficile citare qualcuno in particolare, perché le influenze partono dai Clash e arrivano a Marilyn Manson…
 
E viceversa in questo specifico ambito rock, chi sono i tuoi batteristi di riferimento?
Guarda qui ci sono un sacco di batteristi. In questo contesto posso citare Rob Bourdon (Linkin Park) Timothy Molloy (Our Last Night) Dave Grohl (Nirvana) Kennet Robert Wilson (Marilyn Manson) Cozy Powell (Whitesnake, Raimbow) e i giovani Luke Holland, Matt Garstka.
 
Ci descrivi il set che hai utilizzato nelle registrazioni?
Ho usato un set Dw cassa 22”x18” Tom da 12” e timpano da 14” piatti Amedia Cymbals composto da un Hihat da 16” crash da 18” 19” e 20” infine un china da 16” ti svelo un segreto su tutti i brani che abbiamo su Spotify  non troverai un solo colpo di ride perché in non lo uso, mi limito a menare come un fabbro sui crash.
 
Come batterista in che altri progetti sei coinvolto?
Barbie Sailers è il mio unico progetto di inediti. Mi piace lavorare in studio e gioco a fare il turnista in diverse situazioni. Per divertirmi poi ho i miei progetti di cover, per esempio la mia grande passione per Chad Smith e i Red Hot Chili Peppers mi hanno portato dagli Hot to be Peppers che appunto un tributo dove abbiamo una buona richiesta.  Ah, qui il ride lo uso…(risate!)

Barbie Sailers interviste jonathan vitali
Link utili
La pagina dei Barbie Sailors
Il canale Youtube dei Barbie Sailors
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