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Tenere il tempo: facciamoci delle domande
Tenere il tempo: facciamoci delle domande
di [user #116] - pubblicato il

Nel suo ciclo di lezioni, Roberto Gualdi continua a esplorare un aspetto saliente per ogni musicista: la capacità di andare a tempo. Un'abilità che troppo superficialmente è bollata esclusivamente come una dote naturale quando invece può essere costruita e affinata.Quando affiorano delle carenze ritmiche - prima di alzare le mani invocando una mancata predisposizione naturale - sarebbe invece opportuno che ogni musicista si facesse delle domande sul repertorio che sta eseguendo, sull'attitudine con il quale lo sta affrontando e sulla qualità e tipologia di esercizi che pratica.

Tenere il tempo: facciamoci delle domande

Nella precedente lezione si erano esaminati tre aspetti che condizionano l'andare a tempo: la predisposizione genetica, il background culturale e la tecnica.

Oggi, se esamineranno altrettanti: repertorio, aspetto psicologico e consapevolezza ritmica.
Un elemento saliente circa l’abilità di tenere il tempo è il repertorio con cui ci si misura.
Bisogna avere la consapevolezza che ognuno di noi ha un repertorio, uno stile musicale, una rosa di velocità di BPM che gli sono naturalmente più confortevoli. E, ovviamente, altre che lo sono meno. Per questo, è importante quando si studiano dei brani o si prepara un set di pezzi da suonare, partire e concentrarsi maggiormente su quelli che risultano meno confortevoli. Perché saranno quelli che celano le insidie che potrebbero minare, durante l’esecuzione live, la gestione del tempo, l’espressività del suonato e la fluidità dell’esecuzione. Compromettendo la nostra performance. Anche se le difficoltà di certi pezzi non sono insormontabili, queste vanno affrontate e risolte in sede di studio perché anche una concentrazione eccessiva su questi brani, durante il live, può minare la scioltezza delle performance: sposteremmo, infatti, l’asse della nostra attenzione troppo sull’aspetto tecnico anziché privilegiare quello musicale.

Tenere il tempo: facciamoci delle domande
 
Il fatto di non essere a proprio agio con un determinato repertorio mette in gioco un altro aspetto fondamentale: quello psicologico.
Un musicista preoccupato per la complessità o non immediatezza di un repertorio, che si sente sotto esame, messo alla prova, rischia di trasmettere questa insicurezza al suo playing e, di conseguenza, al respiro ritmico dell’ensemble in cui è coinvolto.
Un esempio efficace è quello di autista insicuro: chi ancora non ha piena padronanza della guida, accelera, frena, tentenna; chi è al suo fianco percepisce e vive la sua insicurezza. Nessuno chiamerebbe mai una persona del genere come suo autista. E la stessa cosa vale per un batterista incapace di offrire solidità ritmica.
 
Tenere il tempo: facciamoci delle domande

Da ultimo, però, l’aspetto decisivo circa l’abilità di andare a tempo, interessa proprio la componente più legata allo studio, alla pratica e alla conoscenza della consapevolezza ritmica.
È importante affrontare studi ed esercizi che consolidino la “Griglia del Cervello” la capacità di vedere, sentire e organizzare il tempo in maniera totalmente consapevole e ordinata.
Anche in questo caso, gli esercizi più utili saranno quelli che spingono il musicista a uscire dalla propria comfort zone, misurandosi con studi che lo spingano a gestire il tempo in maniera per lui inedita. Per esempio, un buon metodo di lavoro (spiegato dettagliatamente nel video) è non limitarsi a studiare considerando il metronomo in battere: il battere del metronomo potrebbe essere il levare di un ottavo o l’ultima nota di una terzina. Sforzandosi di suonare con queste figure ritmiche, ottavi o terzine, e incastonando durante l’esecuzione il metronomo nelle disposizioni stabilite, si lavora concretamente su una gestione del tempo più consapevole e controllata.

lezioni lezioni di batteria roberto gualdi
Link utili
Il sito di Roberto Gualdi
La pagina officiale di Roberto Gualdi
Il corso di batteria di Roberto Gualdi sul sito del CPM
Tama, la batteria di Roberto
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di c9 utente non più registrato
commento del 11/01/2019 ore 08:58:11
Articolo molto interessante e ben fatto, grazie!
Io sono sempre più convinto che ogni chitarrista dovrebbe fare un corso complementare di batteria,
sarebbe utilissimo a migliorare in generale il playing da soli e con la band.
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di Faus74 utente non più registrato
commento del 11/01/2019 ore 11:33:15
Un aspetto molto interessante è proprio quello psicologico.
A volte capita a me stesso di essere insicuro anche su brani che suono da anni, e gli altri ne risentono eccome.
Concordo con c9, ottimo articolo.
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