Dopo il periodo "Beat" che coinvolse un po' tutti i ragazzi che in quella seconda metà degli anni 60 si erano cimentati nel suonare (ma oserei più dire "strimpellare") uno strumento sull'onda del successo dei Beatles e dei Rolling Stones, agli inizi consistente in una popolazione giovanile notevole come numero ma di cui poi però ne rimasero ben pochi a fine anni 60, quelli che invece la musica l'avevano nel sangue, magari oltre a quella rock, ascoltata nei juke box, anche quella moderna in lingua partenopea (infatti s'era destata a Napoli la volontà di affermazione delle proprie idee e talento musicale), formarono dei gruppi musicali che eseguivano brani con sonorità nuove e ben precise, da cui nacquero i talenti che hanno rappresentato poi la nuova tendenza musicale. Napoli, una città in cui solo per anni "The Showmen" avevano catturato la platea d'ascoltatori di quel fine decennio, anche perchè gli impresari erano restivi a nuove proposte, salvo quei pochi bravi musicisti che emigrarono verso altri lidi, vedi il caso Gianni Leone, ma le conflittualità sorte nel frattempo costrinsero gli stessi a modificare i loro atteggiamenti. In primis fu James Senese coi Napoli Centrale, nati dagli Showmen sciolti nel 1970 dopo l'abbandono di Mario Musella, e subito dopo Pino Daniele, che del gruppo ne aveva fatto parte nel 1975 come bassista, che divenne colui che meglio ne adottò lo stile e la tecnica di questo movimento musicale che prese inizialmente il nome di "Naples Power", cioè un movimento musicale di rottura armonica che ruppe con la classicità del passato senza mai però ridicolizzarla, cioè rispettandone le radici e da cui nacque il più vasto movimento culturale detto "Neapolitan Power", in una Napoli che cercava (ed incominciava) a rialzarsi, con fermenti culturali molto vasti, tematiche ancora valide oggi a quaranta anni di distanza, con l’affermazione di una diversità di linguaggi e di un’alternativa di immaginari a dispetto di quelle stereotipate fino ad allora considerate sempre e comunque valide. Tutti quei musicisti che ne hanno fatto parte erano frequentatori di un paio di negozi di strumenti musicali in Via San Sebastiano, storica strada dove sono concentrati e che anch'io frequentavo (ed in parte ancora frequento), eletti a luogo d'incontro e scambio d'opinioni e dove li ho conosciuti un po' tutti, a partire dal mio amico Enzo Avitabile che conobbi nel lontano 1971, quando entrai a far parte, come tecnico del suono e bassista di riserva, del suo gruppo "Gli Achei". Ricordo poi anche un Enzo Gragnaniello con i capelli lunghi, frequentante il negozio della buonanima di Salvatore, più vari altri musicisti partenopei, tutti facenti parte del gruppo di Pino Daniele tra cui Rino Zurzolo e Joe Amoruso, frequentanti però il negozio del fratello Alfredo, entrambi i negozi dove mi rifornivo di strumenti musicali all'epoca. Ho scritto questo breve post perchè anche il compianto giornalista RAI Sandro Petrone (sempre se è quel Sasà Petrone conosciuto in Via Tribunali a Napoli a fine anni 60) ne ha fatto parte; lui poi nato come musicista, ma ben prima, cioè proprio a fine anni 60 e con i capelli lunghi, come personalmente lo ricordo, musicista di quando a Napoli c'erano gruppi rock chiamati "I Volti di Pietra, "Le Aquile Reali, "Il Balletto di Bronzo" ecc. e quello che frequentavo che si chiamava "i Tops", tutti nati sull'onda del successo della musica dei Deep Purple e dei Led Zeppelin, tanto è vero che il nostro inno nel 1968 era "Hush", Jethro Tull di la da venire, bei tempi di cui stiamo perdendo pezzi e persone che li hanno vissuti con noi nati tra la fine degli anni 40 ed inizio anni 50.
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