In passato hai collaborato spesso con altri artisti suonando nei loro dischi: Graziano Romani, Cristiano De Andrè, Daniele Silvestri…Oggi mi sembri meno attivo su questo versante.
Ho sempre meno tempo. Negli ultimi anni, mi sono anche arrivate offerta per andare in giro a suonare con altri artisti ma non mi è stato possibile nemmeno valutarle per quanto sono impegnato con gli Elii.
Anche adesso, ogni tanto, capitano delle collaborazioni. Ma non sono mai stato vissuto come un
session man in senso stretto: francamente non sarei neanche adatto, non mi divertirei nemmeno. Poi, con tutto il rispetto, ci sono anche artisti con i quali non mi divertirei a suonare: non avrei stimoli…
In queste collaborazioni sono sempre stato vissuto come l’
ospite: il musicista che poteva portare quello stile preciso - alla Elio & Le Storie Tese - funzionale da accostare a un dato momento musicale all’interno di una produzione.
Soprattutto agli esordi, la musica di Elio è stata spesso associata a quella di Frank Zappa. Zappa è stato un ascolto importante all’interno della tua formazione musicale?
No, Zappa non è stato un ascolto troppo approfondito negli anni della mia formazione. Mi ci sono piuttosto trovato dentro a posteriori. Ho imparato ad apprezzarlo dopo che mi è stato presentato “musicalmente” da Elio. Non possedevo suoi dischi, non lo conoscevo più di tanto. Quando Elio ha iniziato a citarlo, proporcelo e farmi sentire nello specifico delle cose ne ho subito capito il valore e immediatamente l’ho apprezzato tantissimo. Anzi, ti dirò, proprio attraverso Zappa sono riuscito a capire esattamente l’idea di partenza di Elio nel formare questa band; ho capito qual’era il suo progetto: fare gli stupidotti ma su una base musicale molto
solida sotto.
Così, rispetto a chi inizialmente ci definiva cabarock o demanziali, l’accostamento a Zappa mi sembrava invece il più opportuno. Zappa rappresentava quello che Elio all’inizio voleva e chiedeva alla band: dei testi che facessero ironia e parlassero di stupidaggini ma con sotto una “
porca-miseria” di musica!
In tante interviste sei molto severo verso un certo chitarrismo ipertecnico e predichi la cura del tocco, il feeling... E’ verò però che, soprattutto nei primi dischi di Elio, ci davi dentro con leva e tapping con richiami spudoratamente Vaiani. E pure oggi, citi spesso Gilbert in molti pattern di plettrata…qual è il bilanciamento vincente tra tecnica e feeling?
Mi piace assolutamente il suonare in modo “tecnicistico”. Quello che però dico è: “Non basiamoci solo su quello”. Anche perché tanti di noi, che amano proprio sentire i giochi mirabolanti sul manico, poi magari vanno a sentire Jeff Beck e tornano a casa con le orecchie che
penzolano: e non perché suona cosa tecnicamente impossibili. Ma perché il tocco, il cuore, il feeling certe volte ti stendono più che ascoltare certi passaggi in sessantaquattresimi.
Poi inoltre penso che un certo tipo di chitarrismo ultra tecnico si sia un po’
appiattito, fermato. Trovi ragazzini di 13, 14 anni che sanno fare cose incredibili dal punto di vista tecnico…e poi se gli chiedi di fare un blues non sanno dove mettere le mani. Non riescono ad andare a tempo! Allora io dico che bisognerebbe sempre studiare con un po’ di cervello. Bisogna prendere consapevolezza, capire che la chitarra ha avuto un punto di
partenza: Hendrix ma se vogliamo anche Beatles, Rolling Stones…cose semplici che poi si sono
evolute fino a diventare i Dream Theather. Ma c’è un
percorso logico e bisogna assecondarlo! Altrimenti arrivi al paradosso di passare i pomeriggi a tirarti giù lick di Steve Vai e Satriani e poi quando arriva il momento di suonare “Sweet Home Alabama” in maggiore…non sai cosa fare!
Così, se trovo un ragazzino il sabato mattina che provando una chitarra in un negozio, gli da giù come un disperato ma poi mi cade se deve suonare un reggae…beh, forse il mio suggerimento è quello di studiare meglio, in maniera più completa. E questo non significa pensi che quel ragazzino non sia capace di suonare; credo però dovrebbe farlo in maniera meno limitata.
Per tornando alla domanda precedente, la versatilità, l’ampiezza di vedute e di capacità nell’ affrontare generi diversi è fondamentale se poi vuoi fare il session-man. Lì devi sapere sunare tutto. Anche la mazurka se magari ti chiamano in studio di registrazione e devi suonare per la pubblicità di un formaggino…
Quindi io non critico nulla. Va bene suonare tutto. Ma bisogna cercare di dare il massimo valore alle ore di studio, di pratica che facciamo: se stiamo solo un versante, che generalmente è quello solistico, poi inevitabilmente siamo
deboli su altri.
Perché difficilmente, se per esempio finisci a fare un tour con Max Pezzali, potrai sfruttare tutte le cose che hai imparato nell’ambito delle chitarra solista. Non significa che tu abbia sprecato del tempo. Solo che ogni situazione ha delle sue
esigenze stilistiche e musicali da rispettare. E più versatile sei, più hai speranze di riuscire a entrarci. Se sei con Patty Pravo devi suonare in una maniera; se vai con Vasco Rossi in un’altra e lì, magari puoi fare il disastro. Se finisci con Samuele Bersani dovrai suonare in un’altra maniera ancora , radicalmente diversa…bisogna guardare alla musica con a un raggio d’azione a 360°.
Con gli Elii da semplici musicisti siete sempre di più uomini di spettacolo che scorrazzano tra radio, teatro e televisione. Vivi con divertimento e serenità questa dimensone o a volte rimpiangi di non essere semplicemente “solo” un musicista?
Le vivo con divertimento e serenità se – come è fortunatamente successo adesso – abbiamo finalmente
carta bianca. Come facciamo a “Parla con Me” dalla Dandini o come abbiamo fatto all’ultimo San Remo: ci divertiamo perché noi conduciamo i giochi, anche musicalmente, che è la cosa che soprattutto ci diverte. Viceversa, altre cose che ci vengono proposte ma dove non possiamo avere il controllo completo del nostro modo di essere musicalmente, le rifiutiamo. E’ vero però che noi siamo una band che si è specializzata nell’adattarsi a mille situazioni e questa versatilità, questa capacità di fare tutto (Tv, radio, live, dischi…) ci permette di galleggiare da anni. Perché nella musica è un momento di crisi, la musica non da più tanto pane. Così bisogna essere bravi a prendere tutto e soprattutto ad uscirne bene. Perché tanti sono andati a fare il gruppettino dalla Dandini ma sono passati inosservati. Noi invece, siamo riusciti a fare delle cose che hanno fatto parecchio
rumore. Bisogna sfruttare tutto, bene, e proprio fino all’osso!...