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Trevor Horn: l'uomo che ha inventato gli anni '80
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di LaPudva [user #33493] - pubblicato il 03 marzo 2014 ore 08:00
Il 13 febbraio scorso a Londra, Trevor Horn ha ricevuto il prestigioso "Outstanding Contribution Award" dal Music Producer Guild (MPG), consorzio britannico di produttori, tecnici del suono, programmatori, operatori della musica e appassionati.
Il 13 febbraio scorso a Londra, Trevor Horn ha ricevuto il prestigioso "Outstanding Contribution Award" dal Music Producer Guild (MPG), consorzio britannico di produttori, tecnici del suono, programmatori, operatori della musica e appassionati.
Il premio, destinato ai più grandi luminari dell’industria discografica, è stato precedentemente assegnato a figure del calibro di Sir George Martin e Chris Blackwell. Fran Nevrkla, presidente della PPL, società di "collecting" che sponsorizza l’evento, ha dichiarato: " È uno degli esseri creativi più talentuosi in assoluto e ha ottenuto fama mondiale sia come artista che come produttore. Il suo enorme successo in così tanti decenni è quasi senza paragoni e parla da solo" e non c’è alcun dubbio sulla fondatezza dell’affermazione. Da oltre trent’anni, Trevor Horn è una delle figure più brillanti del music business. Animato in origine dalla più comune ambizione di sfondare come musicista e compositore, e poi dal desiderio di dar forma alle sue geniali visioni in fatto di produzione, Horn ha letteralmente plasmato il sound di almeno un decennio, dando forma ad alcune delle più originali uscite discografiche di tutti i tempi. " Ho inventato gli anni '80, apparentemente. Ma gli anni '80 sarebbero successi anche senza di me", replica a quanti sottolineino il suo apporto fondamentale alla scena pop. Ma da dove arriva Trevor Horn? Che cosa ha creato e cosa continua a dare? Nato a Durham, in Inghilterra, nel 1949, comincia a suonare il basso ai tempi della scuola e, come tanti, presto si esibisce nei club, intensificando la sua attività in seguito allo spostamento a Leicester. I suoi primi, timidi tentativi sul versante della produzione consistono nella realizzazione di jingles e di dischi di band punk che si rivelano fiaschi. Trasferitosi a Londra ventunenne, comincia a lavorare come sessionman e alla fine degli anni ’70, col tastierista Geoffrey Downes, entra come bassista nella band della star della discomusic Tina Charles - quella di “I Love to Love” - il cui produttore, Biddu, lo introduce nel mondo degli studi professionali, facendolo lavorare come turnista. È proprio con Downes che crea i The Buggles, duo elettro-pop il cui singolo di debutto del ’79, “Video Killed the Radio Star”, scritto con Bruce Woolley, diventa in breve tempo una superhit mondiale (nonché il primo video trasmesso dall’emittente MTV nel 1981). Ispirato dai romanzi di fantascienza di JG Ballard e affascinato dall’effetto deumanizzante della tecnologia sulla società, Horn voleva che il brano rappresentasse il nostalgico tramonto dell’era della radio in favore del video, e lo inserisce nel disco di debutto della band, dal più che azzeccato titolo The Age of Plastic.
Dopo questa ondata di successo e in seguito all’intensa collaborazione in studio e live con gli Yes nel 1980 (sostituisce il cantante Jon Anderson e registra con loro l’album Drama, insieme a Downes), Horn decide di dedicarsi definitivamente alla produzione, avendo realizzato di non essere tagliato per fare il frontman. Forte dell’esperienza maturata in vari ambiti della professione musica e con un disegno chiaro nella mente, comincia a inanellare una serie di successi con i Dollar, gli ABC e collaborando con l’ex manager dei Sex Pistols, Malcolm McLaren, con cui realizza brani ibridi tra world music ed elettronica che diventeranno hit mondiali (come “Buffalo Gals” e “Double Dutch”, tratte da Duck Rock). Nel frattempo - impresa ardua - reinventa gli Yes per la nuova era del video innestando per la prima volta sul loro sound rock delle batterie elettroniche e campionamenti vari (il frutto è “Owner of a Lonely Heart”). Con il team ormai rodato che aveva radunato attorno a sé fin dal 1981 - la tastierista e arrangiatrice Anne Dudley, l’ingegnere del suono Gary Langan e l’esperto programmatore di Fairlight CMI, J. J. Jeczalik, oltre al giornalista musicale Paul Morley - fonda gli Art of Noise, band pionieristica di pop sperimentale le cui suite strumentali sono caratterizzate da un abbondante uso di campionamenti e dell’elettronica ("Moments in Love" è una tra le più minimaliste e popolari). Il nome della band si ispira al manifesto musicale futurista di Luigi Russolo dal titolo "L’arte dei Rumori", precursore della noise music che teorizzava, appunto, l’uso di rumori al posto di suoni armonici per comporre musica. Il primo EP del gruppo esce per la ZTT, neonata etichetta destinata a entrare nella leggenda, fondata da Horn, dalla moglie Jill Sinclair e da Morley, e il cui nome si ispirava alla poesia "Zang Tuum Tumb" di Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del movimento futurista. L’etichetta ha da poco festeggiato i suoi primi trent'anni ed è ancora nelle mani dei suoi fondatori: "Penso sia sorprendente come siamo riusciti a tenerci stretti il nostro catalogo, perché quando sei una piccola etichetta indipendente c’è così tanta pressione che alla fine molli. È un catalogo davvero idiosincratico", ha detto di recente Horn.
Il primo singolo uscito per l’etichetta è “Relax” dei Frankie Goes to Hollywood, seguito da altri due hit di enorme successo, “Two Tribes” e “The Power of Love”. L’intuito di Horn non era più in dubbio, come confermano i successi in rapida successione di “Duel” dei Propaganda, “Slave to the Rhythm”, il capolavoro di cui è anche co-autore, originariamente destinato ai Frankie Goes to Hollywood ma poi magistralmente interpretato da Grace Jones (con David Gilmour alla chitarra) e le produzioni di alcuni brani dei dischi di Pet Shop Boys, Simple Minds e Paul McCartney, col cui Flowers in the Dirt chiude i suoi incredibili anni ‘80.
Dopo un decennio dominato da produzioni avanguardistiche, negli anni ’90 Horn si dedica a una quantità di artisti tra cui spiccano Seal (il successo “Kiss from a Rose” gli valse anche un Grammy), Tom Jones (che rilancia con “If I Only Knew” nel ’93), Cher e Tina Turner, giganti che si affidano a Horn come fosse un Re Mida. Tendenza, questa, che si conferma anche negli anni successivi, in cui, tra gli altri, produce nuovamente Pet Shop Boys e Seal, ma anche Lisa Stansfield, Robbie Williams, John Legend, le t.A.T.u. (sopravvive solo un pezzo, “All the Things She Said”, ma se lo ricordano tutti), Belle and Sebastian, un nuovo disco degli Yes e di Rod Stewart e persino “Stilelibero” dell’italianissimo Eros Ramazzotti. Lo scenario musicale risulta completamente rivoluzionario rispetto a quello degli anni ’80. Riflette Horn: " Negli ultimi cinque o sei anni c’è stato un incremento delle composizioni commerciali, c’è gente che scrive per campare anziché gente come Seal, che scrive canzoni perché sono ciò che ha in testa. Detto ciò, la gente suona meglio perché oggi ha l’aiuto della didattica, ma la musica nasce ancora dai desideri e dai sogni delle persone, non dalla tecnologia. La musica pop è comunicazione. Quand’è al suo meglio, è meglio di qualsiasi cosa". Parole, queste, che dette da Horn fanno pensare. La sua attività procede incessante, anche dopo il terribile incidente che ha ridotto la compagna di una vita e collaboratrice Jill in uno stato semi-vegetativo. Ha appena concluso un disco di Billy Idol, che descrive come un grande disco di rock’n’roll. Insieme a Lol Crème dei 10CC, ha appena terminato la composizione di un musical che parlerà di una giornata in studio e già pensa alla prossima produzione. Indipendentemente da questioni di gusto soggettivo, sarebbe impossibile non riconoscere nell’uomo che ha prodotto lavori come le summenzionate pietre miliari del pop anni ’80 un autentico genio. La sua visione futuristica, l’uso mai banale dell’elettronica, una nuova concezione della produzione sotto molti punti di vista in contrasto con quella più tradizionale degli anni ’60 e ’70, le sue intuizioni e la sua lungimiranza hanno reso il sogno di Horn una realtà tangibile nel decennio che lo ha visto protagonista ma anche una figura capitale in quelli a venire, attraverso innumerevoli collaborazioni che hanno letteralmente plasmato il panorama musicale internazionale. " Non ho mai sposato la teoria secondo la quale ci sarebbe un’immensa quantità di talento nascosto là fuori. Non penso ce ne sia. Credo che i grandi artisti in genere riescano a venir fuori, in qualche modo. Devono farlo, è una necessità. Lo stesso tipo di persone viene fuori in ogni epoca: gente appassionata, desiderosa di provare nuovi modi di fare le cose". E lo stesso è valso e vale tuttora per lui.
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