di Denis Buratto [user #16167] - pubblicato il 20 ottobre 2015 ore 07:30
Bianco come il latte ma pesante come una forma di parmigiano l’Arctic White è un fuzz boutique dalla doppia personalità. Lo abbiamo testato con una Les Paul Junior del ’57 e una Strat Masterbuilt per spremere ogni goccia di cattiveria.
Con quella di oggi cominciamo un vera e propria panoramica sulla collezione di fuzz di Michele Quaini, amante ed estimatore di questo effetto in grado di scatenare reazioni agli antipodi tra i chitarristi.
Il primo a finire sotto i riflettori è l’Arctic White della Bearfoot, laboratorio di effetti boutique made in USA che proprio di fuzz e più in generale di distorsioni ha fatto la sua bandiera. Sotto la spessa verniciatura bianca si nasconde un pedale molto versatile.
I controlli a disposizione sono quelli che ci aspetteremmo da un pedale del genere: volume, gain e tono. Altro non serve per scolpire alla bisogna il sound che scaturisce dai coni della 4x12 Marshall che ruggisce in sala di ripresa. Il tono in particolare agisce esclusivamente sulle alte, aggiungendole quando lo si ruota in senso orario e viceversa sottraendole quando si agisce nel verso opposto.
Oltre ai tre knobs il fuzz presenta le classiche connessioni di IN e OUT e la presa per l’alimentazione. Questa può essere fatta con alimentatori da 8v fino a 18v. Al variare del voltaggio, come per la maggior parte di fuzz e od, varierà la risposta del pedale. I volt in ingresso diventeranno quindi, di fatto, un quarto controllo, forse più scomodo, ma altrettanto interessante.
Avevamo ancora tra le mani la Les Paul Junior del ’57 di Alberto e non abbiamo esitato a collegarla in ingresso. Dall’altro capo del cavo, invece è pronta a urlare la Marshall del ’69. Impostiamo i controlli della testata affinché il suono sia quanto di più vicino a un clean si possa ottenere da un setup del genere. Cominciamo il test con i controlli di gain a un quarto della corsa, volume e tono a ore 12.
Come detto all’inizio l’Arctic White ha due personalità completamente diverse. Quando lo si tratta in modo gentile si finisce per avere a che fare con un tranquillo Dr Jekyll. Il suono si infarcisce di basse, diventa leggermente più gonfio e croccante. Si aggiungono armoniche che prima non sembravano evidenti. Risulta talmente garbato e gentile che quasi sembra un overdrive. Ci mette poco però a incazzarsi e diventare un meschino Mr Hyde. Basta superare la metà corsa con la manopola del guadagno, il punto di non ritorno, e non ci sarà pozione che tenga. Le basse iniziano a inciampare l’una sull’altra arrotolandosi in un suono da fuzz di razza. Le sinusoidi vengono letteralmente bandite, tutto si squadra, diventando a tratti tagliente.
Quello che sorprende è l’estrema silenziosità dell’Arctic White. Nonostante un P90 bello agguerrito e un Marshall a buon volume, non si fatica a tenere a bada il rumore di fondo, che risulta alla fine piacevole e fascinoso quasi come quello della puntina sui vinili.
Il Bearfoot che popola la pedaliera di Michele ormai da diverso tempo è un fuzz che si è rivelato dinamico e versatile. Basta giocare un po’ con il volume o la pennata per trasformare un suono devastante in un cucciolo di crunch. Oltre alla silenziosità lascia abbastanza soddisfatti anche il prezzo di 190 dollari, 175 euro circa, in linea con la produzione boutique nostrana.