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Triamping con 3, 2, 1... 0 amplificatori
Triamping con 3, 2, 1... 0 amplificatori
di [user #44077] - pubblicato il

Trattare i segnali dry e wet su canali separati permette di avere un suono sempre definito e sfruttare più amplificatori dona profondità al tutto, ma non sempre è possibile portarsi dietro due o addirittura tre ampli. Una pedaliera ben cablata e un po' d'ingegno sono la soluzione per un setup multi-amplificatore a peso zero.
Da molti anni sono affascinato dal triamping. Da quando per l’esattezza, esplorando i meandri dei rig chitarristici più famosi, mi imbattei nella spiegazione del sistema utilizzato da Brian May (penso fosse un articolo su TotalGuitar, non esisteva ancora YouTube e i modem domestici lavoravano ancora a 56k). Il sistema era geniale e consisteva nel mantenere un suono non effettato (definito dry) al centro e aggiungere due canali, left e right, con il suono effettato (definito wet). In questo modo il suono della chitarra, seppur con tonnellate di effetti quali delay, chorus e riverberi, è sempre ben a fuoco e ben definito.
Gli unici inconvenienti di siffatti sistemi, almeno finora, sono l'ingombro (servivano almeno tre amplificatori) e i costi.

Dopo aver escluso da subito i sistemi digitali (con un POD era molto facile gestire un sistema in triamping, ma i suoni digitali non mi hanno mai soddisfatto al 100%), diversi anni fa realizzai per un progetto Floyd un sistema che oggi giudico affascinante ma anche folle e per niente fruibile. Il mio segnale in ingresso passava per una catena di pedali (comp, phaser, overdrive), arrivava a un mixer/splitter a rack Rane SM26B e da qui inviato (con possibilità di gestire il volume e il panning dei diversi canali) a un Fender Super 60 (canale centrale dry) e a una catena stereo di multifx a rack (ai tempi utilizzavo Rocktron Intellifex per chorus e delay, Lexicon MPX1 per i riverberi e Line6 ModPro per modulazioni) che terminava in un finale stereo a rack Mesa/Boogie Fifty/Fifty prima edizione e poi in due casse 2x12 slanted Carvin con i bellissimi coni Carvin British Series. Il suono era davvero eccellente, ma la sola idea di dover spostare un simile sistema mi faceva star male. Ho ancora oggi i brividi.

Negli anni sono poi passato a sistemi molto più semplici, magari con un buon mix di linea per gestire gli effetti senza impastare troppo il suono dry, ma non ho più ritrovato quel suono... fino a oggi.

Triamping con 3, 2, 1... 0 amplificatori

Oggi il mio sistema, tutto contenuto in una pedalboard abbastanza compatta e facilmente trasportabile assemblata dal buon Giorgio Nucifora di GuitarPoint, mi consente di utilizzare il triamping in modi differenti e molto interessanti. Il segnale della chitarra passa da una catena di pedali (comp, mod, e overdrive) e poi arriva a uno splitter Palmer (PGA03). Da qui escono due segnali: una prima uscita mi dà il segnale dry e una seconda va dentro i pedali Strymon (Mobius, Timeline, Bigsky) diventando stereo. In uscita dal BigSky ho altri due segnali che posso gestire come wet puri (senza il suono dry) o come segnali dry effettati.

La prima configurazione possibile prevede quindi l’utilizzo di tre ampli. Il suono è fantastico ma ricadiamo nel problema riscontrato in passato: poca trasportabilità.
Un piccolo appunto su una questione molto importante: la fase del segnale. Ogni volta che si usano due o più amplificatori è indispensabile controllare che i singoli segnali siano in fase tra loro altrimenti si generano fenomeni di controfase che rendono il suono piccolo e sgonfio. Io gestisco questa problematica grazie allo splitter Palmer e a uno stagebox Radial: entrambi sono dotati di ground lift e inversione di fase.

Il secondo scenario prevede l’uso di due amplificatori: uno per il segnale dry e un secondo ampli stereo per i canali wet (per esempio la piccolissima testata Crate Powerblock o ancora il nuovissimo Roland JC40). Si riducono gli ingombri e i costi ma si tratta sempre di portarsi dietro due ampli.

Gli ultimi due scenari sfruttano la simulazione di cassa (mooolto valida) del BigSky, attivabile tramite apposito mini-switch sul retro.
Terza configurazione: canale dry all’ampli (magari un bel combo valvolare) e canali wet L/R direttamente al mixer del sistema PA. In questo modo il suono diventa molto ampio e gli effetti stereo inondano l’ambiente, ma la chitarra rimane sempre ben a fuoco nel punto in cui si trova l’ampli del canale dry.
Quarta e ultima configurazione (che non prediligo ma che può essere utile in talune circostanze): nessun amplificatore. Basta mandare anche il canale dry a uno speaker/cab simulator tipo H&K RedBox per uscire direttamente al mixer, ovviamente occupando tre canali distinti.

La tecnologia oggi permette cose stupefacenti e permette soprattutto di mantenere i validissimi concetti del passato contenendo costi, ingombri e mettendoci a disposizione suoni che si avvicinano in maniera sorprendente a quelli dei nostri idoli.
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