di Pietro Paolo Falco [user #17844] - pubblicato il 14 novembre 2015 ore 07:00
Uno strumento diverso, le mani di un altro musicista o le sue regolazioni preferite possono alterare il suono di un amplificatore fino a tirare fuori un carattere che ignoravamo. Da una prova su un Twiggy costruito da Gwynnett nascono alcune considerazioni che proviamo a replicare e proporre.
Nell'epoca degli acquisti online e dello shopping preventivo su YouTube, capita di passare più ore a guardare video di demo e recensioni che a provare nuovi giocattoli con le proprie mani. È giusto, alcuni prodotti sono dannatamente difficili da trovare nei negozi vicino casa e documentarsi su internet è il modo migliore per evitare l'acquisto al buio, tuttavia bisogna sempre ricordare di diffidare da tutto ciò che non arriva direttamente dalle proprie mani alle proprie orecchie.
Può apparire scontato, tutti sappiamo che il suono nasce dalle mani e cambia anche a seconda dei metodi di ripresa e dei singoli anelli della catena. Solitamente si pensa però che si tratti di sfumature, e che il DNA di una chitarra, di un pedale o di un amplificatore rimanga bene o male fedele a ciò che si è ascoltato durante una demo, su un palco o in un video. A tutti è capitato di restare folgorati dal test di uno stompbox, trovarsi attraverso uno schermo "quel suono" di cui si era alla ricerca da tanto tempo. A volte, però, quello che ci si trova tra le mani non è quello che ci si aspettava.
Questa è la storia di due chitarre e due chitarristi, e di come un amplificatore possa nascondere il suono ideale di entrambi anche se i loro gusti sono lontani anni luce. Tutto ha inizio con una visita al laboratorio di Paolo, meglio conosciuto come Gwynnett su queste pagine, per un giro sui suoi amplificatori valvolari artigianali. Paolo mette sul banco un piccolo Twiggy, testata da cinque watt di estrazione british già nota a diversi lettori. Lo presenta come un amplificatore con una propensione a una saturazione fuzzosa, capace di sprigionare un Hendrix-sound convincente anche a volumi contenuti. A provarlo per primo è suo figlio Lorenzo con la sua Stratocaster. Il suono c'è tutto, la saturazione è compressa e nasale, l'output sostanzioso degli I-Spira spinge facilmente le valvole oltre il limite. Ero da Paolo principalmente per un altro amplificatore, super-clean in stile americano alla ricerca di un suono da country e rockabilly che si potesse costruire con qualche pedale, già fatto ascoltare rapidamente in questo articolo. Il Twiggy però mi incuriosisce, e una prova è doverosa. Ho con me la fida Squier Cabronita, e quella che mi aspetta è una vera rivelazione. Senza cambiare alcun settaggio, i pickup a basso output della Telecaster non riescono a spingere il Twiggy in quella saturazione da Fuzz Face che urlava fino a un attimo prima sotto le dita capaci di Lorenzo. I bassi più sordi e gli acuti più "gommosetti" della chitarra qui non riescono a far uscire tutte le armoniche sentite finora. Quello che viene fuori è un suono appena sporco, medioso, con bassi educati e con una pasta totalmente diversa, che a tratti sembra uscire da una radio anni '50. È esattamente il suono che avrei voluto ricreare collegando i pedali all'altro amplificatore. Qui ce l'ho bello e pronto. Facciamo qualche altra prova, giochiamo con le manopole, scambiamo le chitarre e realizziamo che quella piccola testata verdognola nasconde un timbro totalmente diverso da quello per cui era stata pensata: non più hendrixiano, ma da vecchio americano incazzato e un po' intubato, meno hi-fi. Nessuno dei presenti lo aveva visto prima sotto quell'ottica. In parte era merito (o colpa) delle chitarre, in parte della mano, in parte anche dell'intenzione del suonato, con in un angolo la mano violenta e gustosa di Lorenzo e nell'altro la mia, più delicata nel picchiare le corde e con un fraseggio totalmente diverso.
Si è portati a pensare che solo le sfumature cambino, quando uno strumento passa di mano o cambia contesto. A volte invece è l'intero carattere a ricevere una luce nuova.
Nel video ho usato gli stessi settaggi sua con la Cabronita sia con la Manne Raven, stratoide vecchia scuola con un output appena superiore alla Squier ma con un suono decisamente lontano per qualità e tipologia. Non ho voluto esplorare le combinazioni di tono e gain né spingere troppo sulla saturazione che avrebbe appiattito un po' le differenze e reso tutto più complicato, ma ci sarà modo di riascoltare la piccola Twiggy in maniera più approfondita. Qui il tono è semplicemente al massimo, gain quasi a tre quarti, volume poco più di un quarto.
Quello che è emerso dal test comparativo è che il suono ottenuto con la Manne è ancora diverso. Non è quello hendrixiano di Lorenzo, perché non ci sono le sue mani né la sua chitarra, ma non è simile neanche a quello offerto dalla Cabronita, sebbene le mani siano le stesse per tutto il video e i settaggi restino immutati. È un suono più moderno, che negli arpeggi può fare la sua figura anche in una produzione pop e nelle parti solistiche ricorda i piccoli valvolari che spesso compaiono sui palchi di bluesman di ogni estrazione. Ora immaginate di guardare tre video differenti di tre chitarristi diversi alle prese con lo stesso amplificatore. Tutti avranno le loro chitarre preferite, useranno i settaggi che le loro orecchie gli suggeriscono come migliori, e alla fine il primo vi trasmetterà la convinzione che quella testata sia nata per replicare il suono frizzante e acido di Jimi, il secondo vi ricorderà un rock n' roll di metà secolo scorso e il terzo vi farà venire voglia di svisare in blues. Probabilmente, se apprezzate uno solo di questi tre filoni stilistici e non avete visto il video giusto, ignorerete per sempre che quell'amplificatore potrebbe nascondere il suono perfetto per voi. Sacrosanto è informarsi online per stimolare l'appetito, conoscere nuovi prodotti e accendere lampadine su quelli più promettenti, ottimi sono anche i consigli degli altri musicisti, ma attenzione a non escludere nulla a priori per aver ascoltato un clip poco convincente o solo perché quel determinato strumento viene associato dai più a un preciso stile: dove più, dove meno, con le vostre mani non gli date solo una sfumatura, ma gli trasmettete tutto il vostro DNA. Pensateci questa domenica mentre vi aggirate per le sale di SHG.