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L'attacco dei cloni
L'attacco dei cloni
di [user #12502] - pubblicato il

La produzione orientale a basso costo ha invaso il mondo e oggi è possibile portarsi a casa delle repliche di mostri sacri quasi indistinguibili dagli originali per una frazione del prezzo. Nessuno viene lasciato in disparte, e perfino i progetti dei DIYer vengono presi di mira per produzioni su larga scala.
Ultimamente ho deciso di dare una rinfrescata alla mia pedaliera, avendo deciso di eliminare un effetto dal mio setup, di sostituirne un altro e di implementarne due. Comincio quindi a consultare forum e mercatini e, da questo mio rinnovato interesse per i pedalini (interesse da anni sopito dal desiderio di un setup minimale e dal fatto che comunque i pedali, da un quinquennio almeno, me li costruisco da solo, per cui le mie ricerche erano tutte focalizzate su schemi elettrici e venditori di componenti e non di prodotti finiti), emergono una quantità di spunti e considerazioni, soprattutto circa il modo in cui l’industria dei pedali analogici è cambiata, sia in rapporto a se stessa, sia in rapporto al mondo della produzione cosiddetta "boutique", sia nei confronti dell’oramai vasto e variegato mondo dei costruttori fai-da-te.
Alla fine compro tre pedali, ognuno dei quali è un clone industriale a basso costo di un prodotto già esistente, anche se con qualche componente diverso (quasi mai nella parte audio del circuito, per cui ininfluente a livello timbrico) in modo da aggirare brevetti e licenze. Il primo della serie è il compressore Beta-Aivin CS-100, di fabbricazione cinese, che è venduto anche sotto altri marchi, ed è rinomatamente un clone del Boss CS-3.

L'attacco dei cloni

Lo trovo usato a poco meno della metà del prezzo da nuovo, che è già parecchio più basso dell’originale. L'impatto visivo è un po' disturbante perché il pedale rimanda, anche un po' troppo marcatamente, alla nota marca giapponese. Lo chassis, a parte gli spigoli più arrotondati dal lato pedale, è identico, come identico è tutto il resto: posizione dei jack, della presa della corrente, vano della batteria con relativo meccanismo di apertura. Lo apro e verifico che pure lo schema elettrico è parecchio somigliante al CS-3, anche se utilizza componenti SMD, che per i profani è uno standard industriale per i circuiti stampati il quale prevede componenti elettronici più piccoli rispetto allo standard DIP (che è più "antico") nonché il montaggio superficiale dei suddetti componenti il che, se da un lato aiuta a minimizzare le dimensioni delle schede, dall’altro complica parecchio eventuali modifiche e/o riparazioni.
Vi risparmio la recensione del pedale per il quale, essendo appunto un clone, valgono tutte le considerazioni sull’originale reperibili in rete, e quindi pure su Accordo.

Riflessione #1: Siamo alla frutta. Secca.
L’industria dei pedali analogici per chitarra è sostanzialmente alla fine del processo di ricerca e sviluppo. Per quanto riguarda il digitale ci sono ancora ampi spazi per innovare (in giro si trovano pedali che fanno suonare la chitarra come un organo o un piano, pedali che costruiscono armonizzazioni ultra-complesse, loop station che permettono di registrare dei quasi-dischi al volo...) mentre, per circuiti semplici dalle funzioni a loro volta semplici, ormai siamo al raschiamento del barile, per cui gli effetti storici (come per esempio overdrive, distorsori e fuzz, ma anche compressori e chorus) sono sempre sulla cresta dell’onda perché alla fine vanno già bene così come sono.

Il secondo pedale, comprato nuovo per una cifra veramente irrisoria, talmente bassa che avrei speso di più solo per i singoli componenti, è il Caline CP-18 Orange Burst.

L'attacco dei cloni

Sembra già al primo sguardo un clone dell’Xotic BB Preamp, pedale che mi volevo costruire da un po’ ma non l'ho mai fatto, vuoi per mancanza di tempo, vuoi per la voglia di letto/divano, vuoi per totale dipendenza dal Paul Cochrane Timmy, pedale che uso assiduamente da almeno cinque anni, tanto che in pedaliera ne ho due. Curiosamente, sia il BB Preamp sia il Timmy, prodotti nati boutique, hanno subito lo stesso destino, ovvero di essere clonati dalla grande industria, nel caso del Timmy addirittura da un brand ultra-noto come Danelectro.
Lo apro e verifico che pure la costruzione è simil-boutique, col true-bypass garantito dal switch meccanico 3PDT e soprattutto per l’utilizzo di componenti DIP (ovvero quelli a spaziatura tradizionale) che permettono di fare modifiche con una certa facilità. Lo schema elettrico è effettivamente molto simile quello dello Xotic.

Riflessione #2: Mi dispiace, ma io so' io e voi non siete un cazzo.
Nel senso che 220 euro per un overdrive con venti componenti in croce sono tanti, magari troppi (ed è l’unico motivo per cui ho preso il clone), ma di sicuro i signori di Xotic per inventarlo, metterlo a punto e commercializzarlo ci hanno investito impegno, tempo e un bella percentuale dei loro soldi. Poi arriva una mega-azienda che opera in un Paese dove i salari sono bassi, i diritti umani pochi e la tutela dell’ambiente è sotto zero, che avrà tremila dipendenti e una catena di montaggio ultra-moderna, e ti copia il tuo prodotto semi-artigianale senza pudore e senza nessun rischio vendendolo a un decimo del prezzo. E io alla fine, nel ruolo dell’utente finale, accetto di far parte del meccanismo. Brutta bestia la globalizzazione.

Il terzo pedale è il Movall Centipede, che ho comprato usato da un privato per un prezzo, pure stavolta veramente basso.

L'attacco dei cloni

Alle orecchie di auto-costruttore, la definizione "analog delay" fa eco con Rebote 2.5, che è un progetto DIY in giro già da anni nelle varie community di appassionati del fai-da-te. E in effetti, analizzando il circuito, si evince come il sospetto sia reale e non è neppure un caso unico, perché già Danelectro (sempre lei) ne produce e vende un clone. Anche in questo caso c’è il true-bypass meccanico ma, a differenza del Caline, i componenti sono SMD, indispensabili per produrre pedali di queste dimensioni.

Riflessione #3: Piccolo è bello, ma senza looper è un macello.
Questi mini-pedali sono troppo piccoli per essere attivati con i piedi senza combinare guai (a meno che non si abbia il piedino da geisha) ma, se si usa un looper, permettono di salvare un sacco di spazio in pedaliera.

Riflessione #4: Ci hanno preso tutto.
Ok clonare prodotti storici, meno ok clonare prodotti boutique ma, santo cielo, l’industria si spinge fino a monitorare e depredare anche le realtà più piccole e insignificanti come poche migliaia di hobbysti nerd sparsi in tutto il mondo, abituati a passare le serate davanti a schemi elettrici e saldatore nutrendosi di caffè e patatine, e che per attrezzare le loro camerette-laboratorio hanno buttato via talmente tanti soldi che se si fossero fatti costruire pedali e pedaliere direttamente da Pete Cornish avrebbero probabilmente speso di meno. Si salvi chi può.

Riflessione #5: Con la Francia o con la Spagna purché se magna.
Si possono fare mille considerazioni su come il capitalismo moderno influenzi e spesso controlli le nostre vite e quelle di tutti gli abitanti di questo mondo ma, ragionando da appassionati di musica un po' egoisti, l'attuale standard di produzione industriale, ovvero Europa, USA e Giappone che progettano e generano bisogni, Far-East che produce e riproduce, è una manna per i musicisti squattrinati. Spendere molto meno di cento euro per tre pedali di qualità era un sogno anche solo vent’anni fa, quando cominciai ad avere un approccio sufficientemente serio con l’equipment, e lo stesso discorso vale per chitarre, amplificatori e tutto il resto. Peccato che la gente sembri suonare sempre meno, ma questo è un altro discorso.
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