di redazione [user #116] - pubblicato il 13 maggio 2016 ore 14:00
Gli strumentisti di oggi beneficiano di un livello di tecnica ammirevole se paragonato a quello delle generazioni che li hanno preceduti. Ma questa abilità non sarebbe stata possibile senza il lavoro di ricerca, studio e innovazione di chi li ha anticipati.
Quali sono per voi lettori i giganti dimenticati sulle cui spalle poggiano i musicisti e strumentisti più in vista della scena attuale?
“Siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l'altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti.”
Questa è una celebre frase di Bernardo di Chartres filosofo francese del XII secolo che l’intervento di Ellade Bandini ci ha riportato alla mente.
Bandini prende atto del livello di tecnica prodigioso raggiunto dai musicisti più giovanti. Livello senz’altro superiore a quello posseduto dai musicisti delle passate generazioni. Ma rimarca come questo traguardo raggiunto non sarebbe stato possibile senza il lavoro di ricerca, studio e sperimentazione operato dai musicisti che li hanno preceduti.
Il musicista di oggi è agevolato nella sua formazione dall’immenso patrimonio didattico che ha a disposizione: dalla reperibilità immediata di dischi, video, trascrizioni, interviste. Materiale che un tempo non solo era difficilmente accessibile ma addirittura, in molti casi, nemmeno esisteva.
Questa operazione di recupero delle nostre radici musicali è doverosa non solo per doverosa riconoscenza. Ma per recuperare la piena e profonda consapevolezza di quello che siamo e quindi suoniamo. Non solo: capire e apprezzare la formazione degli artisti che seguiamo e amiamo sarà l’unica maniera per decifrarli appieno e studiarli più facilmente.
Ieri, sarebbe stato poco fruttoso cercare di decifrare il chitarrismo di Steve Vai senza calarsi prima in quello di Zappa o Hendrix. Oggi lo stesso vale per Guthrie Govan frutto a sua volta di un’evoluzione del chitarrismo dello stesso Vai o di Robben Ford, Larry Carlton o Greg Howe. Oppure, come cogliere ogni sfumatura del batterismo di Marco Minnemann senza riuscire a scorgere le infuenza macroscopiche del drumming di Stewart Copeland nella sua musicalità...
Quali sono per voi lettori i giganti dimenticati sulle cui spalle poggiano i musicisti e strumentisti più in vista della scena attuale?