: un semplice esercizio semi cromatico di quelli che normalmente si praticano per affinare pennata alternata e sviluppare forza uniforme sulle dita della mano sinistra.
Alcuni lettori hanno trovato il suo suggerimento banale. Io credo, però, che il senso dell’articolo sia stato frainteso: nessuno aveva la presunzione di presentare questo esercizio come una novità tecnica o qualcosa di rivoluzionario nella pratica della chitarra.
Il senso dell'articolo, infatti, era un altro: soprattutto per i musicisti più giovani e meno esperti, il suggerimento di Barras fa passare un messaggio distinto che è la scelta consapevole di riscaldarsi prima di un concerto utilizzando del materiale molto semplice, meccanico. Scegliere di eseguire qualcosa di infinitesimamente più facile di quanto si potrebbe suonare a pieno regime per prepararsi alla performance in maniera progressiva e senza affanno.
Non è una cosa banale, non è la scoperta dell'acqua calda: io per primo, per molti anni, mi sono affannato a scaldarmi suonando a tutta birra o eseguendo in maniera frammentata e nervosa parti del repertorio che avrei dovuto suonare da lì a breve. Il risultato era salire sul palco ancora meno concentrato, addirittura con le mani già provate. Impormi di eseguire molto lentamente delle cose basiche, meccaniche mi ha aiutato a restare più concentrato e a sciogliere le mani in maniera graduale. Chi conosce e ha sentito Kris Barras live sa che è un chitarrista con una proiezione tecnica notevole: ha un linguaggio blues coerente ma possiede un bagaglio tecnico moderno e molto ricco. E il fatto che volutamente proponga una cosa così "ovvia" come esercizio di warm up è proprio il senso del suo suggerimento: scaldarsi suonando qualcosa di elementare che faccia andare piano, piano le mani, senza altri affanni se non quello della coordinazione.
È vero però che - questo lo credo profondamente - molti musicisti e chitarristi soprattutto se alle prime armi o non professionisti, sottovalutino l’efficacia degli esercizi semplici se non addirittura basilari. E, a questo proposito, ricordo sempre molto volentieri un aneddoto: una decina d’anni fa, all’inizio della mia avventura con Accordo, ebbi la possibilità di intervistare e coinvolgere per degli approfondimenti didattici tre tra i chitarristi tecnicamente più considerevoli delle ultime generazioni: Guthrie Govan, Kiko Loureiro e Marco Sfogli.
Quando cercai di indagare le basi e l’alchimia della loro stupefacente meccanica tanto di pennata alternata che di legato tutti e tre mi proposero degli esercizi, perlopiù cromatici o semi cromatici (come quello di Kris Barras) oppure basati su elementari sequenze diatoniche. Non c’erano scappatoie: alla base della loro tecnica superlativa c’erano semplicemente delle fondamenta solidissime, monolitiche che poggiavano sui più semplici rudimenti sviluppati a livelli d’eccellenza.
Oppure, è sempre efficace ricordare che quando Steve Vai, all’apice della sua popolarità pubblicò su Guitar World il suo fantomatico programma giornaliero di nove ore di studio, questo era composto soprattutto da semplici esercizi di meccanica basati su studi cromatici. Con buona pace di chi si aspettava esercizi esoterici di ispirazione Zappiana.
O ancora, in un contesto stilistico profondamente diverso, anche dedicata al riscaldamento, propose come routine di studio comprendente anche esercizi di natura semi cromatica, affini a quelli di Barras.
Da ultimo, ancora a favore dell’articolo di Kris Barras, insisto sul fatto che la sua pillola didattica mette in luce due piccoli aspetti tecnico, teorici che per un principiante (e non solo) potrebbero non essere così scontati: lo spostamento degli accenti e – soprattutto - il fatto di chiamare erroneamente cromatico qualcosa che non lo è. Scagli la prima pietra chi non ha fatto per una vita questo esercizio certo di star suonando una scala cromatica!
Continueremo a pubblicare i suggerimenti di tanti altri musicisti e - come detto in cima all'articolo - ognuno suggerirà delle cose molto differenti, addirittura in contrasto con quanto detto da altri colleghi. Guthrie Govan non sfiora la chitarra prima dello show. Paul Gilbert la consuma e sale sul palco con almeno un paio d'ore di pratica continua tra riscaldamento, lezioni e soundcheck. si scalda studiando e ripassa o improvvisa assolo su strutture Bepop, mentre Luigi Schiavone non fa che controllare pedaliera e accordatura senza nemmeno pensare a riscaldarsi.
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