Per molti chitarristi, i prodotti di Mike Soldano restano un sogno irraggiungibile. Quando sul conto in banca non si hanno gli zeri necessari a portarsi a casa una SLO100, la sua controparte orientale firmata Jet City può riservare ottime sorprese e mostrare similitudini sonore e circuitali inattese.
Prima di cominciare con quella che reputo una personale seduta di anatomia-patologica dello stack di casa Jet City, è doverosa qualche premessa.Diciamocelo pure: dietro il termine "low cost" le insidie sono sempre in agguato. Per fortuna ogni tanto, scrutando l'orizzonte, qualche eccezione salta fuori.
Sul made in China si è detto di tutto, molto spesso se ne è parlato male (e quasi sempre a ragion veduta, oserei dire) ma è anche giusto precisare che l'Oriente produce quello che l'Occidente commissiona: leggete comodamente "si mangia come si spende" e non è tutto qui. Infatti, talvolta le differenze costruttive che traducono un progetto in un successo o in un flop sono poche in termini di euro per esemplare singolo e si traducono in tante piccole scelte, ben ponderate dal progettista, che nell'insieme elevano taluni prodotti a basso costo diversi gradini sopra i concorrenti di pari fascia e, addirittura, poco sotto o alla pari con produzioni considerate, da addetti ai lavori e non, di maggior pregio.
Made in China sì? O no? Forse la domanda di oggi è: perché no se è di qualità?
Smettetela di storcere il naso: tenete presente che non posso vedervi ma posso immaginarvi!
Alzi la mano chi non conosce Mike Soldano. Questo signore dall'aria mite e dai tratti delicati è il papà di uno dei suoni più brutali (un Overdrive con la O maiuscola) e caratteristici dalla seconda metà degli anni '80: la SLO100 è una di quelle testate che entrano di diritto (e di prepotenza) nella Hall of Fame degli ampli valvolari per chitarra, con il plauso di tantissimi chitarristi. Come è noto, Jet City altro non è che la produzione low cost di casa Soldano rivolta al grande pubblico.
Adesso veniamo a noi: cosa c'è dentro queste testate Jet City? Qual è la loro anima?
Ecco la SLO100 "nuda".
Ecco invece la sorellina a potenza dimezzata, la Jet City JCA50H, anch'essa senza veli.
La differenza, in termini di assemblaggio, è notevole.
La
SLO100 è assemblata in un modo che definirei commovente e a prova di uso intensivo (zoccoli in micalex a chassis filati fino al PCB a eccezione dei resistori di griglia shermo (direttamente collegati agli zoccoli), quattro vactrol ad asservire lo switching tra un canale e l'altro, potenziometri e jack (entrambi generosi in termini di qualità e durata) a chassis, una sezione di alimentazione che non lesina certo sulla qualità dei condensatori elettrolitici (rigorosamente assiali come dai dettami del tempo) e un irrinunciabile utilizzo di cavetti schermati, necessari in un sistema filato per ridurre al minimo i rumori potenziali di una belva feroce con l'attitudine a
ruggire più che miagolare.Questa tipologia di scelte lascia pensare non solo a una grande passione per il proprio lavoro (la professionalità non si discute affatto, almeno lo scrivente non oserebbe mai) ma anche a come tutto questo sia rivolto principalmente a un uso professionale, senza timori di intensità. I trasformatori della SLO, questo è opportuno precisarlo, restano senza rivali se si vuole il tipico suono di questo mito (in particolare il grosso trasformatore di uscita).
La JCA50H è composta da due PCB che contengono tutto (ma proprio tutto) e, anche se in condizioni diverse sarei il primo a storcere il naso per potenziometri e gli zoccoli ceramici sullo stampato, bisogna dire che il vecchio Mike Soldano è come il buon vino: invecchiando migliora. Infatti, la collocazione di tutti i componenti del circuito sul PCB è resa tutt'altro che fastidiosa, grazie al comfort con il quale lo stesso può essere rimosso per eventuali interventi di assistenza e la scelta del tipo di potenziometri usati è vincente anche in termini di reperibilità (anche nei peggiori negozi di elettronica di Caracas, un potenziometro Alpha da 16mm si trova) e di sostituzione agevole grazie a piazzole ben dimensionate. Sempre a proposito del dimensionamento, va detto che è stupefacente vedere come l'intero circuito di una testata valvolare con due voci diverse sta non solo comoda, ma perfettamente ordinata e dimensionata nelle piste, nei percorsi delle stesse (il più breve possibile, ovviamente) e nella collocazione e dimensione dei componenti. Anche questi sono di qualità più che buona dove, ai classici condensatori in polipropilene e ceramici, sono affiancati dei bei resistori a film metallico per il segnale e ossido di metallo per l'alimentazione. Tale ordine di cose è consentito dall'uso di elettrolitici radiali, meno ingombranti in orizzontale (e forse potenzialmente meno longevi? Ce lo dirà il tempo).
Per gli zoccoli delle valvole finali su stampato, considerato che guardano verso l'alto e che non si tratta di EL34 o EL84, non dovrebbero esservi particolari rischi legati ad assorbimenti e calore. Nonostante tutto, la tipologia e il target di mercato non fanno pensare a un prodotto a uso professionale, ma questo non si deve pensare che sia uno di quegli ampli delicatissimi e da non strapazzare troppo. Si vedono in giro già da qualche anno e moribondi tra le mani non me ne sono arrivati. Anche i trasformatori sono stati costruiti secondo specifiche del celebre progettista e la cosa è tutt'altro che irrilevante, non essendo i trasformatori di uscita solo questione di Ohm e Watt: anche gli Hertz e gli Henry hanno un ruolo.
Rimettendo alle nostre testate almeno la "biancheria intima" (fa freddo e poi anche loro potrebbero essere pudiche), si notano le differenze di due elementi protagonisti in un valvolare: valvole e trasformatori.
La produzione più recente SLO100 (notizia ampiamente diffusa, ma pur sempre da prendere con le pinze) sembra sia dotata stock di una JJ ECC83S in V1 (alias 12AX7), quattro 12AX7 Sovtek (LPS? WA? Sarebbe carino sapere il tipo preciso) e quattro Sovtek 5881/6L6WGC per la sezione finale: non restateci male se avevate immaginato chissà cosa di irraggiungibile, l'importante è il risultato e la robustezza (e qui ci sono entrambi).
In bella mostra anche i suoi celebri trasformatori.
Come ci si sarebbe potuto aspettare, il Jet City esce di serie con valvole cinesi. Cosa degna di nota, i trasformatori (costruiti su specifica di Soldano) effettivamente si presentano con dimensioni superiori alla media riscontrabile su molti ampli di pari potenza (anche in prodotti più costosi) ma non proprio precise a quelle della SLO. Il trasformatore di uscita risulta più piccolo.
La foto in questo ultimo esempio non ritrae l'ampli oggetto dell'articolo (50W) ma il modello superiore (100W) per rendere più evidenti le similitudini e le differenze.
Finita la visita dall'anatomo-patologo, passiamo all'anima del "Soldano per tutti in salsa orientale".
Già da un primo sguardo al pannello frontale, l'impostazione è chiara: semplicità di utilizzo.
A parte l'assenza dei pulsanti di bright e di crunch/normal, la struttura è identica alla SLO100: gain (denominati Preamp) e master separati per i due canali, eq condiviso e Presence.
Il canale OD non è simile, ma oserei dire identico alla SLO (gli schemi parlano) mentre il canale Crunch presenta soluzioni ibride tra la SLO100 e altri modelli Soldano (principalmente la serie HR), lasciando che sia l'utilizzatore a decidere il grado di saturazione attraverso un controllo di gain apparentemente poco ampio, ma che rivela la sua vera vocazione se (alla ricerca di un clean a volume sostenuto) si porta la manopola del Master Crunch a fine corsa e si agisce sulla manopola di gain relativa, ed ecco che il ventaglio sonoro si apre.
Riguardo fx loop e sezione finale, guardato lo schema della SLO100 si conosce automaticamente anche quello del Jet City. Altro assente sulla Jet City è la sezione Slave presente sul retro della SLO100 come anche il selettore di impedenza sulle uscite speaker, rimpiazzato nel Jet City da uscite indipendenti che spaziano dai 4 ai 16 Ohm (impedenza alla quale è stato provato l'ampli da chi vi scrive).
La sua cassa 4x12" dedicata (48S+) è una slanted, ovvero con la coppia superiore di speaker inclinata verso l'alto, ed è equipaggiata da quattro coni marcati Jet City e progettati da Eminence (ma si tratta di Made in China e non in USA).
La cassa fa il suo lavoro senza infamia e senza lode. Sembra ben fatta anche se non di pregio, e i coni non sono di quelli che ti fanno impazzire ma nemmeno da restarci male. Anzi, considerato il prezzo del cabinet è molto più di quanto ci si potesse aspettare.
Sia ben chiaro, anche se in rete esistono confronti diretti tra la SLO100 e la Jet City 100W, non è questo lo scopo dell'articolo e anche se conosco benissimo la SLO100 per esperienza diretta, non avrei modo di fare un test serio con le due testate sulla stessa cassa (preferibilmente la Soldano, non essendo irrilevante il ruolo del diffusore di riferimento) facendo una registrazione di qualità per poi girarla a tutti voi.
Quello che posso fare con serenità è affermare che la pasta sonora della mitica SLO c'è in questa piccola cinese low cost (il rapporto di prezzo rispetto alla SLO100, per la JCA50W, è circa uno a dieci) e, se non si può certo affermare di trovarsi al cospetto di due sorelle gemelle, si può dire piuttosto che la Jet City è una figlia che somiglia molto alla madre.
Suono grosso, asciutto (aperto sì, ma mai tagliente) e, timbricamente parlando, pieno di carattere. Il canale denominato Crunch in realtà è un rimando alla conoscenza delle differenze tra ampli con e senza master volume: un uso sapiente dei relativi controlli di master e gain consentono un alto grado di adattamento per qualsiasi tipo di pickup (leggete pure "i controlli dedicati ci sono e funzionano davvero"). Passando al canale Overdrive invece si capisce subito che, a dispetto dei vari gradi di saturazione e livelli di uscita impostabili, la firma di Mike Soldano e del sound pensato per la SLO100 non sono un'opzione. Unica pecca potrebbe risultare il controllo di Presence (riguarda entrambe le testate) la cui escursione è davvero ridotta, ma è pensabile che sia solo l'ennesima firma di un costruttore che non lascia nulla al caso.
Nota della Redazione: Accordo è un luogo che dà spazio alle idee di tutti, ma questo non implica la condivisione di ciò che viene scritto. Mettere a disposizione dei musicisti lo spazio per esprimersi può generare un confronto virtuoso di idee ed esperienza diverse, dando a tutti l'occasione per valutare meglio i temi trattati e costruirsi un'opinione autonoma.