di Denis Buratto [user #16167] - pubblicato il 25 luglio 2014 ore 14:30
In VDL i nomi non li danno certo a caso e, a giudicare dalla gamma dei loro prodotti, sono davvero convinti di avere creato qualcosa in grado di porsi al top. Oggi, sotto ai piedi di Quaini quindi non abbiamo messo un distorsore, ma Il Distorsore, che a colpi di gain dovrà sudarsi il nome che porta sulla grafica.
In VDL i nomi non li danno certo a caso e, a giudicare dalla gamma dei loro prodotti, sono davvero convinti di avere creato qualcosa in grado di porsi al top. Oggi, sotto ai piedi di Quaini quindi non abbiamo messo un distorsore, ma Il Distorsore, che a colpi di gain dovrà sudarsi il nome che porta sulla grafica.
La scelta di chiamare un pedale con la sua funzione nella catena effetti di certo non è votata a fugare i dubbi dei clienti su cosa si celi dentro agli scatolotti colorati prodotti da VDL. Pensiamo piuttosto che sia un modo per sottolineare la qualità e la cura che l'azienda tutta italiana ha messo in questo progetto, così come ne Il Fuzz e ne L’Overdrive che abbiamo già testato qui tra le pagine di Accordo.it.
Il Distorsore è giunto già alla seconda versione, chiamata MKII come da tradizione. L’avanzamento del progetto è rimarcato da uno switch posto nella parte posteriore che permette di scegliere tra due timbriche differenti. La prima, quella originale, è più morbida ed educata, la seconda invece è più potente e aggressiva. Il nome che occupa gran parte della grafica rende chiaro che quello che abbiamo tra le mani è un pedale in grado di spingersi a buoni livelli di guadagno, ma la manopola del gain non è certo l’unica a disposizione. Partendo da sinistra troviamo infatti il controllo Post, per gli amici volume. Questo regola il livello del segnale in uscita. Il nome vuole richiamare un controllo più da amplificatore che da stompbox. Questo perché Il Distorsore, presentato come “alfiere della lotta contro le distorsioni zanzara” vuole rifarsi come timbrica a quella degli amplificatori british. Il secondo potenziomentro, Filtro, gestisce semplicemente i toni. Lo fa in accoppiata con il piccolo switch perfettamente integrato nella skin che opera un vigoroso taglio sulle alte. La terza manopola è dedicata al Gain. Regola, appunto, il guadagno senza troppi giri di parole e nomi criptici. L’ultimo knob cela in realtà un selettore a tre posizioni. A ognuna è assegnato un piccolo LED colorato che corrisponde a ognuno dei tre differenti stadi finali di amplificazione disponibili. Simulano quindi, grossomodo, l’uso di una sezione finale differente. Le forme d’onda assegnate ai tre circuiti di cipping sono probabilmente molto più chiare di molte parole. La prima, rappresentata da una quadra, produce una distorsione grossa, operando un appiattimento deciso delle frequenze emesse dallo strumento. Il secondo setting invece tenta di riprodurre il comportamento di un finale con valvole disaccoppiate. Questo significa un maggior numero di armoniche dispari, ovvero una distorsione più ariosa, aperta, sgranata. L’ultimo scatto invece, a fronte di un suono più morbido, porta un cospicuo aumento di volume.
Il Distorsre mette in chiaro subito dalle prime note che, pur potendo contare su una sufficiente quantità di saturazione, si rifà alla vecchia scuola, quella che evita l’hi-gain come la peste. Parlare di suono vintage è forse ancora più vago che parlare di british sound, ma confidiamo che il video che troverete in fondo all’articolo chiarifichi il tutto.
Iniziamo la prova con il selettore impostato sulla prima versione, quella meno cattiva. Diamo gas con decisione, ma a gain bassi e con la terza modalità selezionata non otteniamo molto più che un crunch. Un crunch convinto, bello pieno. Un sound increspato ma che lascia chiaramente intuire quello che era il sound clean della Strat in diretta nel Divided di Michele. Aumentando il guadagno si avverte subito l'incremento delle medie che cominciano a spingere con decisione. A questo punto, non soddisfatti della quantità di distorsione, spostiamo il selettore sulla seconda modalità. Il sound, come previsto, diventa più aperto. Lo spettro delle frequenze sembra allargarsi. Si perdono un poco di volume e un filo di basse. Nulla però che Post e Filtro non possano sistemare. Utile la possibilità di attivare il boost sulle basse che ispessisce ulteriormente il suono. Ci piace però la presence generale de Il Distorsore che attivando il piccolo switch un po’ si perde. Sicuramente per chitarre molto trebly risulterà comodissimo, ma non è il caso della John Cruz di Michele. La terza modalità è quella che ci soddisfa di più. Se nelle altre due si percepisce chiaramente una sorta di clean sound nelle retrovie, l’onda quadra ci restituisce una distorsione bella in faccia, potente e cattiva, con la possibilità di diventare ancora più aggressiva passando alla modalità MKII. Se abbiamo apprezzato meno il bass boost, sicuramente bisogna fare un elogio alla dinamica del VDL. Anche a manetta, si può tornare a trottare su un suono clean semplicemente dando meno energia alla nostra pennata. Per un pedale che vuole fare l’amplificatore (ma non l’americano) è una feature fondamentale. Un valvolare senza dinamica è come una macchina senza ruote.
Il VDL Il Distorsore può entrare di diritto nell’olimpo dei pedali boutique, con il bollino DOC visto che è un prodotto completamente made in Italy. Ottima qualità, estetica gradevole, come spesso accade però, l’etichetta di bottega è accompagnata da un conto salato. Per portarsi a casa Il Distorsore bisogna sborsare 200 euro. Una cifra certamente in linea con la produzione artigianale, ma che sicuramente frenerà da acquisti a scatola chiusa. In molti però dopo una prova, ne siamo sicuri, resteranno stregati dalla pasta del VDL oggetto della prova di oggi e difficilmente lo lasceranno sullo scaffale del negozio di fiducia.