La serata é finita. Avete proposto brani di cantautori, caduti del pentagramma, che hanno regalato al mondo parole e musiche senza tempo. Pierangelo Bertoli, Bruno Lauzi, Sergio Endrigo tra i più noti. Ma anche il meno noto Gipo Farassino la cui “Mani nere” potrebbe divenire il nuovo inno per la FIOM di Landini, ormai solitario e strenuo difensore della classe operaia.
C'erano poco più di quattro gatti, ma attentissimi, cosa chiedere di più?
Finita la fatica, riponete la chitarra, poi nulla di meglio di una mezza bottiglia di vino “all'uopo di ritemprar anima e corpo” prima di procedere allo stucchevole rito dello smontaggio strumenti.
Allorquando notate sul radar inquietanti presenze in avvicinamento. Si tratta dei terribili esperti globalizzati, cioè di coloro che si prodigano indefessamente nell'illustrare, commentare e diffondere le loro conoscenze musicali, con la pretesa di farne verbo alla stregua di novelli Messìa, dovunque si trovino, qualsiasi genere si stia proponendo.
Arriva il primo, evento prevedibile e scontato, con la classica domanda “ Come mai niente De André e Battiato? “ Qui dovete dare sfoggio di tutto il vostro savoir faire, tralasciando la voglia mal repressa di mandarlo a Vaffa, anche perché non capirebbe la vostra considerazione sul fatto di aver privilegiato cantautori che parlano prima agli altri piuttosto che per sé stessi. Ed ecco che bastano poche parole rassicuranti per farlo smammare felice... “Hai ragione, ma sai, trattandosi di artisti immensi (termine abusato quanto efficace) debbono avere una serata tutta per loro; ma ti posso assicurare che verrà fatta entro fine mese!”
Bye bye...
Poi si susseguono gli altri, non sempre prevedibili...
“Raga, ma neanche un brano dei Fab Four”? Questi beatlesiani sono tutto sommato simpatici, vivono in un loro mondo dove si beano del fatto assodato che i loro idoli hanno praticamente inventato o reinventato ogni genere di musica, oltre beninteso alla pentola a pressione, al yo-yo e al rotore Wankel. Cadrebbero in depressione se, ad esempio, smontassi loro l'etichetta di precursori del rock britannico suggerendo l'ascolto del brano “Move it” interpretato da Cliff Richard e da “The Shadows”, nel 1958!!!
Allora bisogna indorare la pillola dicendo che anche il grande Bach si era ispirato ai Beatles! Lui dirà sommessamente “Mi prendi in giro, forse volevi dire Bacharach..” - No, no, proprio Bach, poiché era talmente avanti nelle sue intuizioni musicali che riusciva a leggere nel futuro e paradossalmente ebbe l'ispirazione da qualche brano dei tuoi idoli! “
Sorriso radioso, ciao e grazie...avanti il prossimo.
“Hallo boys, no blues? ” O maronna, e ti pareva... il tempo stringe e bisogna accelerare la dipartita del soggetto.
Per non destare il sospetto che lo vogliate prendere in giro, tralasciate di nominare per comodità B.B. King e altri mostri sacri del blues, ma bofonchiate qualcosa che sembri un misto tra le parole John, Slider e Harvest, spiegando che si tratta dell'artista sul quale sta lavorando il bassista, che purtroppo ha la scarlattina.
“Ah sì, tu volevi dire “ Jhonvest Sliderman?” . - Esatto! -
“Bravi, bravi”, quando siete pronti fatemi sapere”... at salut, bluesman!
State sorseggiando con parsimonia l'ultimo dito di vino, ma per poco non vi va di traverso vedendo arrivare il più terribile degli esperti, il jazzofilo!
Non parla subito, prima vi osserva, vi studia e poi va all'attacco. Con l'aggravante che ha pure la erre blesa. “Vagazzi, ma oltve a questo vepevtovio easy non pvoponete nemmeno un po' di jaaaazzz... almeno una Autumn Leaves, su...”
Che palle... Ai concerti segnano immancabilmente il tempo schioccando pollice, indice e medio e assumendo un aria compiaciuta quanto beota, e cercando consensi alla mimica facciale tra i presenti.
E subito insiste “ Ma ascolti jazz, ma che chitarristi ascolti? “
Non bisogna cadere nel tranello, qualsiasi nome facciate scatenerà in lui l'istinto di sopravvivenza e sopraffazione, pronto a ribaltare ogni vostra opinione..” Nooooo quello é sorpassato....nooooo, quello non si po' chiamare jaaaazzzz, noooo...”
Ed ecco che in vostra salvezza arriva una registrazione del brano di Marc Ribot “While My Guitar Gently Weeps” che avevate registrato durante il commissionamento di alcuni lavori in una segheria, dal figlio del proprietario. Difficile distinguere i suoni della chitarra di Ribot da quelli della segheria, in ogni caso il mix orripilante si rivela provvidenziale.
Dite al jazzofilo solo tre parole “Stavo ascoltando questo...”
A quel punto noterete sul viso dell'interlocutore un susseguirsi di colori di fantozziana memoria in abbinamento ad una serie di aggettivi consolidati (gvandioso, immenso, stupendo, ivvinunciabile, catavtico, futuvista, ecc.) e la richiesta di una copia, subito, per correre a cercare riferimenti di brano e interprete, mal celando la vergogna per non aver potuto affermare “Ma sì, lo conosco, su...”
A questo punto il bicchiere della staffa é d'obbligo.
Cin cin, libero dagli scocciatori, e che scocciatori!