Circa cento anni fa, il sogno tecnologico della Belle Époque si adagiava negli abissi dell'oceano. Il più grande gioiello galleggiante della borghesia britannica si sgretolava come argilla, portandosi sul fondo salmastro l'illusoria inviolabilità del modo moderno. Qualcuno ha addirittura descritto l'evento come il suicidio inconsapevole di quel "titanismo" ideologico-politico che avrebbe portato nel giro di un ventennio a due guerre mondiali...
«Tutta la nostra civiltà assomiglia al Titanic, nella sua potenza e nella sua impotenza, nella sua sicurezza e nella sua insicurezza» scriveva G.K. Chesterton, un giornalista inglese dell'epoca. Insomma, l’evento pare avesse destato tra gli intellettuali sensazioni da "day after", inquietudini sociali, l’inizio della fine, il crollo degli ideali. Persino la retorica del sacrificio supremo del cosiddetto «Protocollo Birkenhead» (prima le donne e i bambini), che ha un che di pittoresco se accostato all’immagine del gentleman britannico, pare essere una bufala: se il 70% dei sopravvissuti alla tragedia furono donne e piccoli, è da attribuirsi al fatto che il capitano del Titanic invitò i gentiluomini, accorsi come marpioni sulle scialuppe di salvataggio, a farsi da parte dietro la sua pistola spianata... Gentleman sì, ma non a rischio della pellaccia: il principio un po’ meno nobile del «si salvi chi può!» pare esser stato da sempre più di moda, in barba alle retoriche cavalleresche del Secolo Lungo.
Così, dopo aver annegato i sogni borghesi e le lotte di classe, un secolo dopo scopriamo una musica non poi così diversa: nelle crociere mastodontiche che solcano i mari (e statisticamente affondano sempre meno), i vacanzieri giocano a fare i ricchi nel lusso "all inclusive" e nessuno è più costretto a viaggiare nella puzza di sudore del boccaporto e nell’odore di mare morto... Ma la vera moda continua ad essere la fuga a rotta di collo, con prosaico egoismo, appena si avverte un po’ di precarietà sotto ai piedi. Spesso in fuga solo dalle responsabilità e in cerca del capro espiatorio, perché tanto il rifarsi a codici antichi di comportamento suona patetico ed essere fedeli ai propri principi è diventato un comportamento stupido.
Eppure nel marasma generale, intenti a processare la storia, a beatificare il codice etico di un tempo (ma quale tempo?) o a disprezzare l’élite che di fronte alla morte dimostra pubblicamente di appartenere all’umanità (a seconda dei punti di vista), è sfuggito un curioso particolare, che poi è anche uno dei pochi dati certi dell’intera faccenda: l'orchestrina del Titanic suonava ancora mentre il transatlantico centrava in pieno l'iceberg e continuò a suonare per le due agonizzanti ore durante le quali l’ipertecnologico gigante marino compiva il suo viaggio verticale nell’oblio.
Un grande gesto d’amore e di altruismo, che insegna che anche un evento terrificante come la morte può essere meno atroce se affrontata a ritmo di ragtime. Del resto il ruolo del musicista prevede un grande senso del dovere, costretto per professione a prendere in prestito la Musica dalle alte sfere della creatività per poterla far conoscere anche nei ghetti profani dell’umanità. Ed è pur consapevole che non sopravvivrà alla sua attività, ma non fa nulla per cambiare il suo destino: entrare a far parte del ritmo biologico dell’universo per una lunga ed eterna jam session. Altro che cavalleria marinara e valori collettivi: questa è sensibilità superiore, un’eccellenza morale come somma ricompensa per una vita messa a disposizione dell’arte. Valori, questi sì, intramontabili.
Mi sembrava doveroso inaugurare il mio Diario accordoquattroso con l’Acoustic Pride, una delle iniziative culturali più nobili di People che riesce a coniugare qualità, competenza ed amicizia. Praticamente «inaffondabile»... ;-)
PS: non ho ancora capito come fare a caricare due video (ammesso che sia possibile), quindi devo sacrificare la performance più famosa (anche se più "acustica") in favore di quella forse un po’ meno conosciuta, ma secondo me più interessante. Buon ascolto.
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