Paul Gilbert: la velocità nasconde le schifezze che suoni!
di redazione [user #116] - pubblicato il 27 aprile 2015 ore 13:30
Suonare veloci è una maniera per camuffare sporcizie e brutture del suono. Rapiti dall’euforia della velocità si trascurano elementi fondamentali: controllo, tono, intelligibilità ritmica. Suonare così veloci da non riuscire ad ascoltare cosa si sta facendo è rischioso quanto guidare a tutta birra senza guardare la strada. Ci si può fare male.
Non stupisce che sia proprio Paul Gilbert a fare questa raccomandazione. Paul è stato - ed è - uno dei più grandi shredder e velocisti della storia della chitarra, un vero innovatore nel linguaggio solista moderno; ma la velocità oltraggiosa e spericolata del suo playing è sempre andata di pari passo con l’accuratezza e la pulizia cristallina del suonato.
“Ho tantissimi allievi e insegno da sempre. Così sento un sacco di ragazzi suonare cose veloci. Molti di loro quando lo fanno, sono così entusiasti di ciò che stanno riuscendo a eseguire che non si accorgono che il suono è brutto, che non stanno suonando bene. Per loro il fatto di andare a tutta birra è già una garanzia di qualità. Ma non è così. Io ho suonato quel genere di cose shred per anni. E le mie orecchie sono allenate… sentono tutto! E mi accorgo che non stanno suonando bene”
Paul raccomanda allora di suonare piano, di rallentare perché a velocità ridotte è semplicemente più facile isolare sporcizie e lacune del nostro modo di suonare. “Tanti suonano veloci senza avere ancora la capacità di gestire l’ascolto di quello che stanno facendo a quella velocità. Ed è terrificante perché è come guidare così veloci da non riuscire a vedere e distinguere la strada. Finirai per schiantarti!"
Questo spunto lanciato da Gilbert offre l’opportunità per ricordare almeno tre elementi necessari per un suono di chitarra convincente che invece, spesso, si trascurano per la ricerca della velocità.
Il primo è l’impostazione e la scelta del plettro. Nel tentativo di muoversi il più velocemente possibile tra le corde, lo si impugna senza che fornisca alle note un attacco deciso e pulito e se ne sceglie uno solo sulla base dell’agilità che ci garantisce, non preoccupandosi del suono che potrà darci.
Quindi, altro elemento, è la forza delle dita della mano sinistra che se non adeguatamente allenate e capaci di suonare tutte con la stessa forza e sicurezza, genereranno fastidiosi singhiozzi ritmici, di dinamica e pronuncia. Queste incertezze, che escono in maniera evidente suonando piano, si affievoliscono alzando le velocità e la distorsione. Ma inevitabilmente conferiscono al playing un incedere sporco e – peggio ancora - incerto e moscio ritmicamente.
Ultimo elemento, estremamente delicato, è la capacità di calibrare un suono ad hoc per suonare veloci. L’equalizzazione e la quantità di distorsione non devono essere stratagemmi per nascondere imprecisioni e quindi incentivare un playing veloce spericolato e spensierato; anche a costo di optare per settaggi che rendano il suonare più impegnativo, serve un suono che valorizzi i preziosismi del suonato, garantisca l’intelligibilità di ogni fraseggio e assicuri corpo e tono a ogni nota.