Il caratteristico timbro Fender è dato da una specifica curva di equalizzazione che tonestack come quello del vecchio Champ ricalcano alla perfezione. La presenza di due soli controlli per alti e bassi è contrapposta a una resistenza fissa per la regolazione dei medi. Analizziamo da vicino i cloni di quel circuito storico.
In questo articolo sarà analizzato il comportamento del circuito dei toni del Fender Champ, nella versione AA764 del 1964, che sostituiva i più semplici filtri passivi presenti nei modelli precedenti con un circuito più performante.Tale circuito prevedeva, come nel , solamente i due controlli di tono degli alti e dei bassi, ed era una versione semplificata del circuito presente sui Fender Blackface dello stesso periodo, che possedeva anche il controllo dei medi. Questo controllo, assente sul Champ, fu sostituito da una resistenza di un preciso valore che non svuotasse il suono rendendolo troppo leggero, dovendo allo stesso tempo dare la possibilità, ai due controlli, di modificare efficacemente la timbrica. Un valore troppo elevato di questa resistenza, invece, non avrebbe permesso le timbriche tipiche di casa Fender. A differenza dello schema Blackface, con entrambi i controlli chiusi il suono poteva comunque uscire, proprio per la presenza di questa resistenza.
Una caratteristica comune a tutti i toni passivi presenti sugli amplificatori, ma anche su chitarre e bassi elettrici, è la mancanza di linearità della regolazione, con frequenze di taglio poco definibili e forte interazione fra i controlli. Queste particolarità permettono però delle forti rotazioni di fase che danno origine a timbriche caratteristiche, con tagli di frequenze molto particolari. Con i controlli dotati di ampio intervento, potremmo stravolgere la nostra timbrica, ma sarà difficile fare una regolazione fine, anche a causa della poca linearità. Con i controlli a intervento minore, invece, il grado d’efficacia sarà ridotto, ma in compenso si potrà agire di fino sull’equalizzazione. Queste due caratteristiche opposte possono coesistere anche nello stesso amplificatore e dipende molto spesso proprio dalla regolazione del controllo dei medi.
Lo schema Champ, per la sua semplicità ed efficacia, fu adottato in seguito anche da altre aziende, apportando variazioni ai valori originali.
I modelli da me trovati che utilizzano o hanno utilizzato tale schema sono:
- l’originale Fender Champ Tolex, un combo valvolare per chitarra da soli quattro watt, con cono da otto pollici, dotato di tre valvole, del 1964
- la versione Champ 12, sempre combo ma con dodici watt e cono da dodici pollici, del 1986
- il Vox AC15 reissue con ben otto valvole, quindici watt e cono da dodici pollici, del 1996
- il Selmer Treble'n'Bass, una testata valvolare con cinquanta o cento watt, doppio canale
- il Simms-Watts AP100, una testata valvolare da cento watt, doppio canale del 1969.
Come rappresentante degli amplificatori per basso citerei l'Acoustic 360, testata a transistor.
I grafici sono stati ricavati simulando, con un software specifico, le tre posizioni dei due controlli di tono, cioè al minimo, a metà e al massimo, che ha portato a nove curve di diverso colore.
Il piccolo Fender Champ non aveva una regolazione particolarmente precisa sul controllo degli alti, vista la diversa altezza delle due aree a destra, inoltre il suo grado d’intervento non era particolarmente elevato.
Nella versione aggiornata e potenziata dello stesso Fender Champ, si può ritrovare la stessa risposta di base, con un maggiore livello d’intervento e frequenze medie comprese fra 300 e 700Hz circa.
Ben diversa è invece la risposta del VOX AC15 con variazione di 20dB sulle frequenze acute e frequenze medie, spostate tra 150 e 500Hz. Dal grafico è intuibile la notevole diversità rispetto ai precedenti.
L’escursione su questa testata è stata migliorata, come grado d’intervento, per offrire maggiore flessibilità, specie nel controllo dei bassi e frequenze di centro banda maggiori, comprese fra 500 e 1000Hz.
Questa testata è quella che offre il maggior grado d’intervento fra le risposte presentate finora, con circa 20dB d’intervento per entrambe le bande di frequenza. Come il Selmer, le frequenze di centro banda sono comprese fra 500 e 1000Hz.
Un livello d’intervento piuttosto preciso e performante fu regalato a questa testata per basso, con frequenze medie simili ai modelli Fender. Da notare la migliorata escursione dei toni rispetto ai precedenti.
Per concludere, una mia proposta per chi volesse costruirsi un clone di una variante dello schema classico con l’aggiunta di pochi componenti, racchiusi nel rettangolo di colore rosso, che migliorano l’efficacia d’intervento e la linearità. Naturalmente il suono di base rimarrebbe quello, ma con la possibilità d’interventi più precisi e particolari. Non consiglio di apportare queste modifiche ad ampli con valore collezionistico, in quanto perderebbero di originalità, ma potrebbe valere la pena su una reissue che non ci soddisfa in pieno.
Dal grafico s’intuisce la possibilità di un intervento più preciso specie nelle alte frequenze, che riescono ad avere una escursione di ben 25dB, mentre le frequenze medie sono comprese fra 600 e 2000Hz.