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"Ingabbiati" nelle scale?
di [user #86] - pubblicato il

Ricordo con piacere il periodo in cui iniziai a suonare, cercavo di appoggiare le mie dita sulla tastiera della chitarra alla ricerca di suoni che "soddisfassero" le mie orecchie; era una sfida con me stesso e l'unica arma che avevo a disposizione era il mio udito e la capacità di poter riconoscere ciò che mi poteva piacere, oltre naturalmente alla mia fantasia e alla volontà di riuscire nel mio obiettivo. Ricordo che riuscivo pian piano a ricavare qualcosa che funzionava ma mi rendevo conto che avevo bisogno di qualcos'altro per poter imparare a suonare davvero. Iniziai, quindi, ad ascoltare un sacco di brani in cui riuscivo a distinguere bene il suono della chitarra e, di conseguenza, passavo ore ed ore nel tentativo di imitare e di ripetere ciò che sentivo sui dischi; era un'enorme soddisfazione scoprire come dovevo mettere le mani per ottenere quegli accordi che sentivo. Passarono alcuni anni e decisi di iniziare a studiare seriamente. Da allora ho frequentato diversi corsi in diverse scuole italiane di musica moderna e fin dalla prima lezione iniziai a razionalizzare e a schematizzare i movimenti delle mani e delle note. Studiare è, senza ombra di dubbio, indispensabile per raggiungere buoni livelli ma bisogna fare un pò attenzione a non rimanere "incastrati" all'interno di tutti quegli schemi e quelle regole che ci servono solo ed esclusivamente per facilitarci a comprendere quell'infinità di cose che uno strumento racchiude in sé. Lo studio della chitarra è un pò "pericoloso" sotto questo punto di vista e a volte ci lascia "ingabbiati" dentro tutte quelle geometrie che in realtà dovevano solo servirci a memorizzare scale e accordi. Il punto chiave stà chiuso nel concetto che ogni cosa che suoniamo deve essere musicale e non deve mai essere un semplice movimento delle mani, altrimenti diventa ginnastica non più musica. E' motlo semplice da dirsi ma un pò meno da farsi, in effetti dopo anni ed anni passati a memorizzare le diteggiature delle scale visualizzandole su sezioni del manico di 4 o 5 (o 6) tasti può risultare difficoltoso pensare alla scala come un determinata quantità di note che abbiamo a disposizione, purtroppo spesso ci capita di pensare alle posizioni in cui dobbiamo mettere le dita e così corriamo il rischio di "suonare" un pò troppo meccanicamente e di conseguenza perdiamo di esprissività. Ricordo che George Garzone, grande sassofonista ed insegnante in importanti scuole americane, ad un suo seminario, che ho seguito qualche tempo fa, disse che il suo metodo di insegnamento consisteva nel far SUONARE i suoi allievi fin dalle primissime lezioni in modo da poterli orientare verso la libertà della loro espressione. Ovviamente siamo obbligati ad avvalerci di schemi e "box" ma mantenere sempre viva la nostra personalità deve essere l'obiettivo principale. Mi è successo a volte di riflettere su una questione che riguarda questo discorso; mi sono chiesto: se penso ad un accordo, ad una scala...cosa mi viene in mente??? Se mi viene in mente la posizione sul manico della chitarra certo è un traguardo che ho raggiunto ma questa deve essere solo una fase di passaggio, se sono un musicista devo avere dentro di me i suoni e se penso ad un'accordo devo sentire dentro di me qual'è il suono che produce e lo stesso vale per le scale. In fin dei conti siamo come dei pittori e come loro sanno immaginare e vedere i colori noi dobbiamo sapere immaginare e sentire i suoni. In questo periodo stò ascoltando con molta passione un maestro di tutti i chitarristi (per lo meno quelli che amano il jazz) Wes Montgomery; è una meraviglia sentire come suona, come la sua creatività e la sua fantasia lo portino a non essere mai freddo, mai ripetitivo. L'equilibrio dei suoi fraseggi dimostra la sua capacità di "cantare" il suo talento avvalendosi della chitarra. Credo che a volte sia meglio chiudere i libri, cancellare dalla mente ciò che sappiamo ed aprire le orecchie in modo da poter capire quanto, questi musicisti maestosi, hanno da dirci e da insegnarci senza dire un parola. Mi auguro che dalle nostre chitarre esca sempre più ciò che abbiamo nella mente e nel cuore e sempre meno ciò che abbiamo solo nelle dita.


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