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Leon Ravasi
utente #4 - registrato il 11/02/2002
Pseudonimo dietro il quale si cela un grande esperto (e appassionato) di musica, propone i suoi gustosi commenti sulla musica italiana. Della frequenza dice, parafrasando Guccini: "io scrivo quando posso e come posso, quando ne ho voglia senza applausi o fischi..."
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Attività

Dal ghetto per sempre, il canto di Yankele
di Leon Ravasi | 01 aprile 2003 ore 12:03
Ascoltare musica in un’anonima mattinata d’aprile, grigia, umida, quasi di pioggia. Ascoltare musica e sentirsi commuovere. Sentire il ritmo delle canzoni procedere all’unisono col proprio ritmo interno e qualcosa si muove. Parole dure e incomprensibili, ma suoni che parlano al cuore, lo raggiungono e ne fanno strame. Sì, uno il tema lo conosce. Si tratta della storia del ghetto di Lodz, il primo a essere stato costruito nel 1940 e l’ultimo a essere chiuso oltre 4 anni dopo, dopo che la maggior parte dei suoi residenti erano stati mandati ai campi di sterminio. Uno degli “ospiti” del ghetto era Yenkele Hershkowitz, cantore e autore di musiche. E il disco che sto ascoltando, 60 anni dopo, è il disco delle sue canzoni: “Yankele nel ghetto” dei Klez Roym. Un disco da “dovere civico” ma di struggente bellezza e malinconia.
Branduardi, l'amore che gira il mondo
di Leon Ravasi | 27 marzo 2003 ore 11:02
Dite quello che volete, ma a me la ricerca di Angelo Branduardi non sembra banale. Se è vero che ha attraversato un difficilissimo periodo di fama (e di scadimento qualitativo) il fatto che non si sia spostato dalla sua dimensione neanche quando questa ha finito di essere “moda” mi pare testimonianza di coerenza. I dischi di Branduardi suonano nel 2003 esattamente come suonavano negli anni ’70: dolci, caldi e avvolgenti. Poche novità, poche variazioni sia musicali che nei temi. La voce è sempre quella da menestrello dolente, così adatta a imitazioni ridicolizzanti. Branduardi continua a essere l’esteta di se stesso. Ma in questo campo è bravo. “Altro e altrove” è un buon disco, ben suonato, ben orchestrato, ben corredato da un libretto adeguato e ben pensato.
Occhio ai lupi! Potrebbero piacervi
di Leon Ravasi | 06 marzo 2003 ore 10:42
È così bello inciampare nei dischi per puro caso! Lasciarsi trascinare da una fotografia, da una grafica azzeccata, dalla confezione. O anche solo dal fiuto. A volte, come in questo caso, dalla passione per i lupi. Il lupo, nel senso di lupo solitario, di lupo grigio, di Akela, di “richiamo della foresta”, ma anche di Balto, mi è sempre appartenuto. È il mio animale sciamanico. E quando ci si fa trascinare dalle suggestioni è difficile sbagliare mira. “I luf” (“I lupi” secondo la vulgata lombarda) sono una piacevolissima scoperta di … stamattina. Troppo bello il disco per lasciarlo appassire negli scaffali di Buscami. Una sola copia poi. Ora o mai più. Ora. E il disco ricambia le attenzioni e si dispiega. Introduce con dolcezza il tema, entra sotto pelle con un denso coro polifonico e poi come nebbia si spande tutt’intorno. “Occhio al lupo che viene dal Giogo/ non ride e se è arrabbiato morde”, prima di dare il via alle danze che entrano con maestria per non mollarti nei dodici solchi a seguire.
Sulutumana, un memo-tac per la primavera
di Leon Ravasi | 04 marzo 2003 ore 11:21
Sono senz'altro i migliori che abbiamo, quindi non spariamogli addosso, ma attendiamo con pazienza e trepidazione il nuovo disco. Che non è questo. Questo è un mini-cd natalizio di sole tre canzoni. Che però non centra l’obiettivo: lo sfiora solo. Eppure le canzoni non sono male. E l’ambientazione è accogliente e avvolgente, come si addice ai Sulutumana, ma il suono è appannato, timido e leggermente opaco. I Sulutumana sono esplosi un paio d’anni fa con un cd “La danza” che ancora ascoltato adesso non ha eguali come limpidezza di ispirazione, interesse dei testi, ampiezza della proposta musicale. Tutte qualità che si ritrovano anche sul mini-cd .. che forse pecca solo di convinzione.
Enzo Jannacci, il doppio di un uomo a metà
di Leon Ravasi | 25 febbraio 2003 ore 12:33
Ogni giorno un sorso e questo sorso scende e scalda come un buon whisky di malto, col suo colore mielato e il suo gusto senza compromessi, che riscalda e che fa pensare. Parole pesanti come pietre: "perché amare la morte/solo il re riderà... non si sbaglia a parlare/ se chi muore vivrà" ("Lungometraggio" sulla guerra tra Israele e Palestina). "Avanti! Quando costa? Quanto mi paghi una storia?/ Solo per metterci dentro una brutta canzone /fatta solo per ascolti assai modesti" ("Una storia"). Se c'è un uomo a metà non è certo il dottor Jannacci Enzo, grande artista, musicista, poeta. Un uomo che può scrivere : "Poco più in alto c'è l'aeroplano/ puzza di guerra/ per molti niente di strano". Per lui, alla fine, un "Arrivederci" in musica all'amico Giorgio Gaber.
Gaber, l'amico ritrovato
di Leon Ravasi | 09 febbraio 2003 ore 01:35
Bisogna dire che mi fa un certo effetto. È forse la prima volta che mi capita di sentire un disco inciso da qualcuno che probabilmente sa che il disco uscirà postumo. Sì, lo so, anche George Harrison ha fatto un’operazione simile, anche Warren Zevon la sta facendo, ma io non li ho sentiti. Altri dischi sono usciti postumi, ma da parte di persone che non lo sapevano, mentre li stavano incidendo (I concerti di De Andrè, ad esempio). Insomma, l’effetto è un po’ quello delle seduta medianica, della voce d’oltretomba. Anche perché il distacco da Gaber non è stato un distacco indolore. Gaber morto due volte: prima artisticamente con un orribile disco come “La mia generazione ha perso”, che la pavidità della critica nazionale ancora non vuole riconoscere come punto imo della sua carriera e Gaber scomparso davvero. La commozione dei milanesi, il senso di vuoto, la riscoperta delle sue vecchie canzoni e dei suoi spettacoli. Ed è innegabile che, storicamente una grande importanza Gaber l’abbia avuta. Il disco attuale? Fatte salve le perplessità scaramantiche di cui sopra, non è per nulla un brutto disco. Anzi.
Davide Van De Sfroos
di Leon Ravasi | 06 febbraio 2003 ore 11:15
È un buon disco? Sì. Potrebbe servire a chi non conosce niente del Davide. In parte, perché per un ingresso nel mondo poetico del "Simenon del Lario" ci sono via più comode. "E semm partiì", per esempio, disco universale e come tale premiato dalle vendite. Può servire per lo zoccolo duro dei fans? Anche qui solo in parte. Perché in fin dei conti gli inediti sono solo quattro e i ripescaggi introvabili sei, mentre ben 14 brani arrivano dagli ultimi due dischi. È quasi un greatest hits? No, è proprio un "Laiv" e visto che Davide dal vivo ha una sua dimensione il disco sta in piedi più che bene, con qualche momento travolgente, altri interessanti e qualcosa di meno riuscito.
De Gregori, Mannoia, Daniele, Ron. 30 euro di inutilità
di Leon Ravasi | 19 gennaio 2003 ore 19:52
Se vi fosse venuto il dubbio, toglietevelo. Il disco più inutile della stagione 2002 è questo. La vera 'ciofeca' venduta, peraltro a prezzo da affezione. Dopo ascolti ripetuti continua a mancarmi un qualsiasi momento per cui qualcuno dovrebbe comprare questo disco. Documento di una grande tournee? Mah? La tournee forse sì, il documento no. Novità? No. Versioni originali? No. Variazioni sostanziali in evergreen? No. Versioni migliorative? No. Alternate takes per collezionisti. Nemmanco. E allora perché spendere oltre 30 euro per questa collezione di banalità italiote? È evidente che De Gregori ha fatto questa 'marchetta' per ottenere dalla Sony il permesso di fare un disco a cui credeva sul serio come 'Il fischio del vapore'. Qui siamo alle 'fiorellate' da sabato sera. E non ci si riferisce alla Mannoia.
Addio Signor G!
di Leon Ravasi | 01 gennaio 2003 ore 23:06
Dopo lunga malattia è morto il primo dell’anno nella sua casa di Montemagno, in provincia di Lucca, Giorgio Gaber. Tra soli 24 giorni avrebbe compiuto 64 anni. E così non ce l’ha fatta. Il signor G non è entrato nel 2003, se non di sfuggita. I giornali domani parleranno per l’ultima volta di lui. L’ultimo disco deludente non farà smarrire l’immagine di uno dei più lucidi polemisti in musica della nostra epoca e di un personaggio che, anche passando i tempi, resterà importante nella storia della cultura dell’ultimo quarto del secolo scorso.
Nel Blu di Genova con Beppe Gambetta
di Leon Ravasi | 30 dicembre 2002 ore 19:43
Molto piacevole il signor Gambetta, molto piacevole la sua chitarra dalle note blu genova. Carezza, sfiora, va e torna. Partendo dalle strade statunitensi con la sua "Mama" e soffermandosi in un fandango arriva al blues, e lì incontra il mandolino di Martino Coppo, l'oboe di Mario Arcari, il banjo di Gene Parsons e l'organetto del Gambetta piccolo, Filippo, e si incamminano tutti insieme, verso la chiesa, inseguiti dalle loro note.
Vino di Gravner & prosciutto San Daniele
di Leon Ravasi | 19 dicembre 2002 ore 11:56
Bizzarrie del titolo. Ma vale per le meraviglie del Friuli: vino, prosciutto e cantanti/musicisti. Strani i percorsi attraverso cui ci arriva la musica. Quasi mai rettilinei. Questo mi è arrivato per posta. Non richiesto. L’ho messo sul lettore e non l’ho ancora tolto. Non sapevo nulla di Loris Vescovo, prima di questo cd. Non ne supponevo nemmeno l’esistenza. Invece sono lieto di annunciare che Loris vescovo “è vivo e lotta insieme a noi” per la musica di qualità. È un disco dai molteplici rimandi, si può passare da alcune atmosfere alla Pino Daniele alle brume di Nick Drake. Di sicuro è un disco musicalmente ricco, scritto a una persona che ha qualcosa da dire e che ha trovato uno stramaledetto modo per dirlo bene.
De Gregori & Marini. Sento il canto della Storia
di Leon Ravasi | 16 novembre 2002 ore 15:25
Sono campato abbastanza a lungo per vedere la Sony fare un disco di musica popolare italiana. Non avrei mai creduto di sentire le note di 'Donna lombarda' o le strofe di Giovanna Daffini uscire dai patinati solchi della major giapponese. Potenza di De Gregori. E potenza di un anacronismo fortemente voluto e perseguito con intensità e rigore. Questo precede la considerazione che si tratti o meno di un bel disco. È un disco meritorio. Poi che io lo ascolti con tre dita di brividi alzati lungo la schiena forse è un fatto soltanto mio. Le due voci all'unisono percorrono cento anni e più di canzone popolare, che, sarà un caso, è sempre canzone di popolo e quindi naturalmente schierata a sinistra. Qualcosa tipo 'Sempre e per sempre/dalla stessa parte mi troverai'. E ancora una volta ci tocca trovare De Gregori in cima a un gran disco.
Bandabardò - Cala la caciara, sale la musica
di Leon Ravasi | 08 novembre 2002 ore 09:54
Non sono un fanatico della Bandabardò. Anzi, dopo i primi due dischi avevo cercato di perderli un po' di vista. Primi dischi interessanti, poi una deriva caciarona, molto da festa di piazza, da live, da 'balliamo-tutti-quanti-assieme-che-siamo-fricchettoni'. Un po' diverte, poi, soprattutto se messa su disco, stanca. E così �Se mi rilasso collasso� mi sembra tuttora un disco non riuscito. Ora esce �Bondo! Bondo!� e l�impressione cambia. È sempre la solita Bandabardò, un insieme di sei persone, più camionate di amici che aspira (parole di Enrico Erriquez Greppi, leader del gruppo) �a portare sul palco la stessa atmosfera di festa di una cantata tra amici�, ma con qualcosa in più. Più consapevolezza, meno trasandatezza. Dicono e scrivono sul sito che il disco è stato composto in 10 giorni (5 a San Geminiamo e 5 nella lucchesia). Può darsi. Le linee armoniche bardozziane sono, diciamo così, scheletriche, ma una maggior cura dei brani si avverte. I ritmi a volte rallentano, il �treno� musicale fa qualche fermata in qualche stazione, la patchanka multi-etnica cerca di rendersi comprensibile. E il disco, in fondo, si lascia suonare con piacere.
Treni. Una nuova stazione per Luca Bonaffini
di Leon Ravasi | 05 novembre 2002 ore 10:53
Luca BonaffiniTreniD’Autore – 2002Etichetta nuova e subito due dischi da mettere sugli scudi. Se parte così la nuova etichetta D’Autore, diretta da Edoardo De Angelis e distribuita da Azzurra, parte indubbiamente bene. Di Luca Bonaffini ho appena scoperto i dischi precedenti (che non hanno ancora fatto in tempo a raffreddarsi nel lettore) che è già ora di ascoltare il nuovo. In realtà per lui sono passati più di tre anni da “Il ponte di maniscalchi”. Non che sia cambiato molto. Il mondo di Luca Bonaffini è un mondo buono e gentile che getta uno sguardo appena malinconico sul passato, ma senza “menarsela”. Country padano e musica gentile, al servizio di testi tutt’altro che banali.
Dio è altrove, Marco Ongaro c'è
di Leon Ravasi | 04 novembre 2002 ore 12:36
Marco OngaroDio è altroveD’Autore - 2002Il nuovo disco di Marco Ongaro è un buon disco di solido rock e di verace impasto cantautorale. Uno di quei solidi prodotti medi di cui c'è tanto bisogno, con alcuni brani che si staccano nettamente dalle media, come la title track. Le sonorità sono volutamente e in modo ricercato occhieggianti ai sixties, con grande uso di organo hammond, svisate chitarristiche alla Hendrix, riff alla Elvis Presley e armoniche alla Neil Young, citazioni tutte quante volute e dichiarate in quanto tali. La voce di Ongaro è poi la parte più convincente: scura naturale, arrochita al punto da far pensare a una vita vissuta, ma non bruciata, è una voce che convince e affascina. Un buon disco.
Les Anarchistes, tra canto popolare e Leo Ferrè
di Leon Ravasi | 24 ottobre 2002 ore 09:45
Les Anarchistes sono un gruppo toscano (Carrara e dintorni, come ben si compete a un gruppo con tale nome!) che, a quanto mi risulti, ha fatto un solo disco: "Figli di origine oscura", con il quale hanno partecipato al Premio Ciampi e lo hanno vinto (per quel che possono valere i premi). Il disco è uno strano miscuglio di folk-jazz che parte da antiche canzoni popolari o di lotta di fine ottocento o da brani di Leo Ferrè o, ancora, da qualche produzione originale e da poesie da Blake e Shelley musicate ex novo. Tra i brani del cd c'è "Sante Caserio", che vale ben più di un brivido o la lunga suite finale che comprende (e si intitola) "O Gorizia tu sei maledetta". Il fatto si è che con gli Anarchistes può essere chiaro il punto di partenza, ma molto meno il punto d'arrivo o meglio ancora lo svoglimento.
Bertoli, un disco nuovo e già postumo
di Leon Ravasi | 16 ottobre 2002 ore 12:21
Pierangelo Bertoli 301 guerre faCrisler - Self 2002Un ricordo un po’ controcorrente e molto contrastato. Mentre non posso non amare la figura di Bertoli, la sua tempra di combattente e di militante (combattente anche contro le avversità della vita) e non può che dispiacermi la scomparsa di un’altra delle poche, pochissime voci libere, dall’altra parte resta meno nitido il discorso artistico sul personaggio. Bertoli ha scritto alcune belle (e altre bellissime) canzoni. Soprattutto viscerali e intense, ma una buona fetta della sua produzione è trascurabile. E anche il nuovo disco, quasi un postumo, uscito solo a ferragosto, come si conviene a un cantautore da Bielle, ossia fuori dai giri del mercato, non sfugge a questa regola. La title track è bella, intensa e pregnante: quasi una sorta di “Il vecchio e il bambino” attualizzata, ma “Se solo lo vuoi” forza la rime in maniera esasperante. “Le grandi solitudini” commuove, perché tutti ci siamo trovati, prima o poi disperatamente soli, mentre “Liberato me” è un’altra canzone forzata, che in realtà non arriva da nessuna parte. Questi i quattro inediti.
Siamo tutti Yo Yo Ma-oisti
di Leon Ravasi | 05 ottobre 2002 ore 22:10
Entrate, sedetevi, incrociate le gambe e chiudete gli occhi. Respirate regolari. Non create opposizioni. Lasciate la musica fluire in voi. Come un morbido tappeto volante (di seta) i primi suoni vi raggiungeranno, si faranno spazio, si accomoderanno dentro di voi. Saranno languide percussioni che sanno di terre e di sale, che sanno di vento speziato, che sanno della sabbia del tempo. Poi verrà un liuto cinese (pip’a il suo nome) a pizzicarvi la memoria e un flauto di canna, un organo a fiato (sheng) vi porterà il vento entro casa. Sotto, ma molto sotto, sotto anche la pelle le corde di un violoncello vibrano basse, ronzano quasi, a produrre pensieri, madaleine di ricordi. Perché parlare del violino che vi strapperà singhiozzi? O dell’agile gioco del vibrafono? O di un piano pizzicato con mano? O l’arcana esperienza di un duduk millenario, sorto dalle sabbie d’Armenia per ipnotizzarvi e ammaliarvi i pensieri? Tutto questo e molto di più è Yo Yo Ma.
Premi Tenco, un quadrato e un puntino
di Leon Ravasi | 02 ottobre 2002 ore 16:27
Assegnati i premi Tenco e le targhe Tenco 2002: Sono ben quattro i Premi Tenco alla carriera riservati a grandi artisti internazionali che parteciperanno alla 27ª Rassegna della canzone d'autore in programma a Sanremo dal 24 al 26 ottobre prossimi. E cinque come sempre le Targhe destinate ai migliori dischi italiani di canzone d'autore, vinte queste ultime da Enzo Jannacci, Daniele Silvestri, Davide Van De Sfroos, Sergio Cammariere e i Têtes de Bois". Trasformato nel vecchio gioco dei quadrati (quando si azzecca sia numero che posizione) e dei puntini (quando si azzecca solo il numero, ma non la posizione), si puo' dire che con la rubrica "Italiana" abbiamo azzeccato Van De Sfroos (quadrato), preso un puntino per Jannacci e cannato clamorosamente Cammariere e Têtes de Bois: Daniele Silvestri non so quasi nemmeno chi sia (ma questo e' colpa mia) :-)).
Il miele e il vino, il pane e i gelsomini dei Radiodervish
di Leon Ravasi | 26 settembre 2002 ore 08:26
RadiodervishCentro del MundoManifesto Cd - 2002È stata una lunga caccia, ma alla fine li ho sentiti. "Centro del mundo" disco doppio (14 inediti più 8, in versione acustica, dal vivo) cd del manifesto (prezzo contenuto). Radodervish è un gruppo italo-palestinese che nasce attorno a Nabil Salameh e Michele Lobaccaro e a un primo progetto che si chiamava Al Darawish. Non è semplice mischiare in un cd le due esperienze e le due culture. Il rischio è che una prevalga sull'altra, ma questa volta mi sembra che l'obiettivo possa dirsi raggiunto. Il disco suona molto morbido e meditativo: un quartetto d'archi, percussioni e chitarre il tappeto sonoro. A loro "danno" una vicinanza artistica con Franco Battiato (è vero, lo ricordano, ma sul versante migliore), con la cantante israeliana Noa e con Jovanotti (ebbene sì, tutti abbiamo i nostri peccati :-)). (Peraltro su una canzone che secondo me non è male: "Stella cometa").
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