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Cantare Italiano intervista a Sara Gamarro
Cantare Italiano intervista a Sara Gamarro
di [user #116] - pubblicato il

La lingua italiana è universalmente associata all’Opera lirica; è cosa ben nota. In tutti i teatri del mondo si canta in italiano da oltre quattrocento anni e anche compositori non italiani hanno prodotto musica operistica su libretti scritti nella nostra bella e storica lingua; esiste una scuola di pensiero tecnico-vocale chiamata “Belcanto italiano”. Ma come si “canta italiano”? Quali le regole da seguire? Sara Gamarro, trovando una falla nell’antologia di testi per il Canto, si adopera per chiuderla scrivendo “Cantare Italiano - Vocalità, Prosodia e Dizione della Lingua dell’Opera”.
 
 
Questo volume si propone a tutte le figure del Teatro, dai cantanti stessi fino ai registi d’Opera, come un manuale teorico e pratico dove si presentano le regole da seguire per preparare al meglio una recita di qualsivoglia pagina di Opera italiana.
Il volume si pone in maniera molto fluida e dritta al risultato finale, passando nelle prime pagine attraverso una ricognizione sia storica, che prettamente fisiologica e infine stilistica della voce lirica, (personalmente ho apprezzato moltissimo il capitolo “Micro-storia della musica vocale”).
La Gamarro conduce il suo lavoro anche attraverso schede tecniche ed esercizi pratici, ma passando per la teoria: vocali toniche ed atone, raddoppiamenti fonosintattici, buono e cattivo uso delle consonanti; regole apparentemente semplici, ma che costituiscono la bibbia della buona vocalizzazione dell’artista lirico.
Dalla posa della parola all’ interno della frase musicale alla dizione interpretativa (cioè come strumento volto alla costruzione del personaggio), l’autrice non lascia nulla al caso, scrivendo finanche un capitolo dedicato agli errori più frequenti (e fornendo al lettore la soluzione agli stessi): insomma lasciandoci un metodo preciso su come studiare questo argomento, che non dovrebbe essere lasciato al caso, bensì costituire un capitolo parallelo (e contingente) dell’approccio professionale al Melodramma.
 
Sara Gamarro è diplomata in Canto e in Composizione, e si è specializzata in Regia dell’Opera. Insegna “Dizione e Prosodia del Libretto Italiano” presso l’accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti” del Festival della Valle d’Itria di Martina Franca ed è Maestra di Libretto Italiano per la svedese Gö teborgs Operan e l’inglese Opera North.
L’abbiamo raggiunta per approfondire con lei gli argomenti di del suo manuale e la sua attività didattica.

Giulio Leone: Maestra, ci descriva il suo percorso artistico.
Io canto da che ho ricordi, debuttando poi nel mondo professionale del Jazz a 17 anni in un disco che mi vide al fianco di artisti del calibro di Fabrizio Bosso e Nicola Stilo. Raggiunta poi la maggiore età, venni ammessa al Conservatorio di Bologna, nella classe di Canto, senza però aver ancora mai potuto assistere a un’opera dal vivo! La mia carriera come cantante ha in seguito trovato il suo vero apice nella musica contemporanea, grazie allo studio della Composizione. Parallelamente al Canto ho studiato Regia d’Opera presso la Scuola Dell’Opera Italiana del Teatro Comunale di Bologna, con grandi nomi tra cui Pizzi, Michieletto e Livermore.

Com’è arrivata poi all’insegnamento?
La mia carriera didattica è cominciata oltreoceano, più precisamente a New York, dove ho vissuto per alcuni anni. Se infatti in Italia la mia carriera artistica era per lo più fondata sulla musica contemporanea, a NY insegnavo recitativi mozartiani e rossiniani alla moltitudine di cantanti che passavano per i teatri della Grande Mela. La particolarità degli States è che esistono, oltre agli enti più rinomati -come il Metropolitan- anche piccole compagnie underground, in cui puoi incontrare artisti all’inizio della loro carriera, che per
sbarcare il lunario magari fanno i commessi da Starbucks, per poi spesso arrivare ai grandi palchi. Anni molto formativi, per me.

Maestra, qual stata, vista la sua esperienza, la pigrande esigenza didattica che l’ha portata a scrivere il suo libro?
All’atto pratico, l’idea del mio libro nasce quando una mia allieva, soprano di fama internazionale che ho preparato per vari debutti di ruoli italiani presso i più grandi enti lirici, mi espresse il bisogno di un manuale che la potesse accompagnarla ogni giorno nella sua preparazione. Fu lì che mi accorsi che un manuale simile, scritto da autore italiano... non esisteva! In quattrocento anni non era mai stato scritto. Costatata questa mancanza, ecco l’esigenza del mio contributo con Cantare Italiano. Ma questa esigenza nasce molto prima della mia carriera didattica. La prima intuizione arrivò quando andai a vedere per la prima volta un’opera a teatro -con un cast stellare, tra l’altro- il che avvenne pochi giorni dopo che, diciottenne, mi ero già iscritta in Conservatorio, a Bologna. Fu una vera e propria epifania: lì mi resi conto che mi mancava qualcosa, rispetto ai dischi su cui avevo fantasticato da ragazzina; qualcosa che poi ho ricreato negli anni, facendo questo lavoro. Mancava lo spell, l’incantesimo: un principio attivo, quell’elemento magico atto alla funzione primaria della voce artistica, che è l’intelligibilità profonda della parola, che va anche al di là del suo significato letterale. Questa intelligibilità trova il suo fondamento nella prosodia e nella fonetica della nostra lingua, che riverberando creano quel legato che è matrice del Belcanto. D'altronde, Dante definì la nostra lingua illustre perché “se colpita dalla luce, risplende”; e manifesto programmatico della Camerata dei Bardi fu proprio il diffonderla, tramite l’invenzione dell’Opera.
 
Cantare Italiano intervista a Sara Gamarro
 
​Che tipo di difficoltà ha incontrato durante la stesura?
Grandi, grandi difficoltà a verbalizzare cose che sono difficili da cogliere, per chi legge senza avere la possibilità di un immediato riscontro sonoro. Ad esempio, l’aspetto di costante separazione dell’emissione vocale dalla dizione vera e propria, e come quest’ultima debba essere concepita in modo da non intralciare la prima. A questo scopo, di grande aiuto sono state ai miei allievi alcune immagini che ho formulato nel corso degli anni (come quella delle ombre cinesi, o del cameriere) durante le mie lezioni e che trovo sempre ben spendibili nella mia pratica didattica quotidiana.
Un’altra grande difficoltà , avendo un’utenza di allievi al 99% non italiana, è stata la traduzione inglese del testo: difatti l’ho quasi riscritto, per spiegare meglio alcuni concetti che non sono semplici per chiunque non abbia come presupposto l’essere madrelingua italiano. Per molti aspetti, data la mia missione nel rendere Cantare Italiano il più semplice e universale possibile, è stato come trovare una formula matematica funzionale ad una intuizione nata sul campo. Tutto questo mio lavoro è stato possibile, anche alla mia esperienza diretta con Maestri con cui ho studiato personalmente, come Juvarra, e indirettamente, come Tomatis.
 
A chi consiglia Cantare Italiano?
Alle figure professionali che ho citato sulla copertina del libro: lo consiglio a tutto quel mondo che gravita capillarmente attorno al teatro lirico e contribuisce alla sua interpretazione e performance: dal cantante, al direttore d’orchestra e di coro, al maestro sostituto, fino al compositore.

Potremmo quindi dire che questo manuale è rivolto a chi si occupa di voce nella sua totalit?
Assolutamente sì, certo.

Quanto del suo percorso come allieva c’è nel suo libro? Quanto dei suoi allievi?
Wow, domanda importante! (ride n.d.r)
Del mio percorso come allieva c’è assolutamente tutto, e in particolare tutto ciò che mi è mancato, perché
io nella mia vita artistica ho sempre cercato dei grandi maestri: era quasi un’ossessione, per me, il cercare figure di riferimento autorevoli e, sapendo cosa significa, adesso che sono anche io una maestra sento una responsabilità altissima. Ovviamente anche dei miei allievi c’è tutto, nel libro: da quelli più avanti nella carriera, ai neofiti, ai cantanti non professionisti di ogni età: da questi ultimi in particolare imparo sempre tanto, perché mi costringono a trovare il modo più semplice possibile per esprimere concetti molto complessi. Tantissimi esempi e immagini che ho partorito durante la pratica d’insegnamento, ora sono nel libro e questo lo devo ai miei allievi: perciò questo libro è dedicato a loro, senza di loro non avrei potuto scriverlo.
 
Che pensiero dedicherebbe a chi si avvicina oggi allo studio del canto?
Il mio consiglio ai cantanti è sempre quello di non di partire dalla voce che producono, ma dalla voce che riescono immaginarsi, e di usare quindi quell’immagine come una luce in fondo al tunnel, come fine ultimo di ogni loro minimo gesto vocale, che ne sarà così ispirato ed economizzato al massimo. Questo, in pratica, per me si traduce nell’esortare chi canta a non basarsi su quanto ascolta uscire dalla propria bocca mentre sta già cantando; è importante anzi dimenticare ogni idea preconcetta del suono della propria voce e dei relativi limiti, quando si inizia a studiare. Occorre esortarsi a una continua ricerca, condotta in un costante stato di ascolto, che induca il corpo a restare in un’attesa di istruzioni “dall’alto”: dalla mente musicale e dal profondo di quella artistica, emotiva, umana. Solo così offriamo alla voce la possibilità di avere un’evoluzione che vada in parallelo con quella della persona e del musicista.
 
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