Salve amici accordiani, sono “nuovo” (perché mi sono registrato per l’occasione non certo per l’età) anche se vi leggo quasi quotidianamente da parecchi anni. Mi sono deciso a scrivervi solo quando ho creduto di avere qualcosa da raccontare che potesse stimolare una chiacchierata e, avendo letto gli articoli di Oliver sulla sua Tele, ho pensato di raccontare, non senza un po’ di malinconia una storia.
Bisogna credere nelle favole….. beh, questa proprio una favola non è ma ne ha lo stesso il sapore. Vado a narrare. C’era una volta un ragazzino che avendo imparato a strimpellare un po’ di accordi e qualche scala, prima con fatica su un “ceppo da stufa” simil-classico, di quelli da 20.000 lire con manico tipo arco di Robin Hood, e poi un po’meglio su una Cimar acustica, arrivò al fatidico momento di avere una elettrica. Correva l’anno 1977 ed il nostro eroe, che frequentava le medie superiori e non aveva certo possibilità economiche, girava per i negozi di strumenti musicali della sua città meditando su cosa farsi regalare per la promozione sapendo bene quale poteva essere il budget a disposizione. Rientravano nella cifra stanziata (in cui doveva rientrare anche un amplificatore) alcuni oggetti a guisa di chitarra che lo intristivano al solo guardarli: Clarisse e HB tipo Les Paul, Eko e Gherson tipo Strato ed altre amenità dal suono sconcertante e dall’accordatura impossibile.
Si era arrivati ormai alla fine dell’anno scolastico e si capiva che la imminente pagella avrebbe riportato niente meno che la media del sette!. L’acquisto era diventato sicuro, non era sicuro invece quale sarebbe diventata l’”ascia” da lì in poi. Il ragazzo aveva avuto modo di provare le chitarre degli amici e di veder provare quelle nel negozio che frequentava dove andava a lezione e aveva capito una cosa: anche se non aveva esperienza alcuna, quelle con la scritta Fender o Gibson sulla paletta erano ben diverse da quella con la scritta Eko o Clarissa, anche se a vederle sembravano uguali. C’era poi un’altra cosa di cui il nostro amico doveva tener conto: i suoi idoli musicali!
Il 1977 non era un grande anno per la musica, il meglio era già quasi passato; Led e Deep avevano già dato le cose migliori, il prog stava passando e imperversavano, con suo grande ribrezzo, il punk e la disco. Solo un grande chitarrista stava occupando le hit-parade e le radio private, anche se forse anche lui, era nella parabola discendente: Carlos Santana. Ma al ragazzo, a cui piaceva andare un po’ controcorrente e che da bambino aveva un paio di 45’ che metteva in continuazione, si era “fissato” con loro, i Favolosi 4, quelli di Liverpool, che avevano strumenti non sempre individuabili nelle forme con quelli che si vedevano in giro. Ma tant’è…., il tempo passava e la decisione andava presa: Clarissa, Eko, HB o quella giapponese che tenta di passare per spagnola?
Ma un pomeriggio di fine primavera mentre l’ansia da scelta lo assaliva si trovò a passare dal solito negozio, allora pieno di ogni bendiddio musicale, e buttando l’occhio nella solita vetrina, sperando di trovare la risposta, ebbe una folgorazione, no anzi, una visione mistica! Una cosa tipo fatimalourdesmedjugorije, roba da colpo apoplettico: lì dietro il vetro, insieme ad altri marchi blasonati e dalle più familiari sagome c’era lei, proprio lei! “Ma, quella…..quella….è……è…….la ……la….. chitarra dei Beatles!” “E’ quella della foto interna di Beatles for Sale, quella che suonano John e George!”
Non era vero, il nostro eroe avrebbe capito solo più avanti negli anni che quella non era proprio proprio quella dei Beatles, ma comunque era una RICKENBACKER quello era sicuro!
Sconvolto dalla visione entrò nel negozio per chiedere notizie: era usata ma nonostante fosse passata forse già da un paio di mani aveva ancora le corde originali (lisce da jazz) e i tasti praticamente intonsi e costava “solo” 300000 lire. Non sapeva più cosa pensare, uscì dalla bottega con la mente confusa, ma un solo pensiero martellava nel cervello: quella era la chitarra che voleva e nessun altra, magari senza amplificatore, magari rinunciando ad altri regali, magari aggiungendo qualcosa per quel che poteva, ma bisognava fare presto, prima che qualcun altro ci mettesse gli occhi sopra.
La cosa, come in tutte le favole che si rispettino, ebbe un bel finale: la buona nonnina del ragazzo prese a cuore la vicenda (come sempre grande nonna che purtroppo non c’è più) e promise di risolvere la questione dato che avrebbe presto riscosso certi arretrati sulla pensione. Così presto arrivò il gran giorno dove il nostro eroe si recò con babbo e mamma presso il negozio da cui uscì con la Rickenbacker 345 amber-fireglo, un amplificatore FBT200 (20W di suono indefinibile) che non esiste più da anni e con un distorsore VOX Tone Bender tuttora funzionante.
Per oltre dieci anni quella chitarra suonò qualsiasi cosa da Twist and shout a Satisfaction a Smoke on the water (quella c’era, per qualsiasi genere), da In the midnight hour a, (purtroppo gli è toccata anche questa), Romagna mia, fino a che nel 1988 ebbe bisogno di un tagliando di meccaniche e ritastatura effettuato presso l’allora assistenza autorizzata di Previati e Finelli di Bologna che misero una pulce nell’orecchio del nostro eroe ormai non più ragazzino: “questa è una signora chitarra non può essere maltrattata, e poi deve avere già una certa età anche se è in condizioni perfette nonostante il continuo uso”. Il negoziante da cui l’aveva comprata più di dieci anni prima, continuava a chiedergli se l’aveva sempre, e sarebbe stato ben lieto di averla in vetrina come specchio per le allodole o permutarla addirittura con “un paio di chitarre giapponesi”! Un amico di un amico ci mise poi il carico da 11: “ma sei matto? ma non sai che hai per le mani un “cimelio”?. ”Ho il libro della Rickenbacker (ancora internet non sapevamo nemmeno cos’era) dimmi la matricola che vediamo l’anno di fabbricazione!”. “HK1668”.”Orpo! Novembre 1968!!!, e tu vai in giro con quella?”.
Il nostro, che ormai aveva un lavoro, pensò quindi di mandarla in pensione ma sempre vicino a lui e ad altre colleghe che pian piano sono venute a farle compagnia.
Oggi, suo malgrado non abbia più nessuno con cui suonare (amici tutti presi da altre cose o dal maledetto pianobarmidi che arrotonda gli stipendi), il nostro eroe si diletta nel comporre e nell’incidere canzoni che nessuno vorrà ascoltare (Eleanor Rigby docet) adoperando, ogniqualvolta ne necessita la sua inconfondibile timbrica, la mitica Rickenbacker 345 Amber Fireglo.
“……. e tutti vissero felici e contenti” si potrebbe quindi dire a chiosa, certo, ma ho voluto raccontarvi questa storia (la mia se non lo si era capito) per introdurre l’argomento Rickenbacker. Vedo che le discussioni sono spesso “monopolizzate” da Fender e Gibson e non si parla mai dei prodotti di questa storica marca. Io non mi sono mai sentito ne fenderiano ne gibsoniano (ne rickenbackeriano) a me sono sempre piaciute tutte (basta che resp….cioè che suonino) e quando ho potuto me le sono comprate.
Ho sempre saputo poco della mia signora, comprata in un momento in cui non andava per la maggiore, forse uscita dalla base americana vicino alla mia città è passata per il negozio come una meteora. Insomma “chi sa (caratteristiche, impressioni ecc.) parli!”. Arrivederci a tutti “i malati” come me di “chitarrosi acuta”.