di stefano58 [user #23807] - pubblicato il 29 marzo 2011 ore 21:44
Eugenio Finardi mi è sempre piaciuto.Come artista ha firmato brani molto coinvolgenti , e come uomo , ogni volta che mi è capitato di ascoltarlo parlare , mi è arrivata netta la sensazione di una persona vera , nel bene e nel male.Nelle sue canzoni non ha mai nascosto le sue idee, le sue paure,i suoi sbagli , le gioie e le delusioni.
Le ragazze di osaka , però , è un pezzo che emerge forte nella sua produzione , con una melodia che trasuda malinconia , forse dolore misto a consapevolezza...lascio alle sue parole spiegare il testo....
"E' stata scritta quando nacque mia figlia Elettra, afflitta dalla sindrome di Down. Ebbene, come padre, come uomo, provai una profonda solitudine. Quando andai all'ospedale, c'erano i lettini che davano sulla vetrata con i neonati, con i loro padri festanti a guardarli attraverso il vetro. Mia figlia non c'era ed io ero seduto da parte. Fu una sensazione fortissima, la solitudine è una cosa che ti piglia dentro".
Le ragazze di Osaka sono tutte quelle figlie dai tratti un po' orientali dovuti dalla sindrome , figlie amate e volute , contro l'indifferenza e l'ignoranza che ci circonda.E muove da questo dolore una canzone che prende dentro...la versione che ho voluto proporre è dal vivo , solo voce e chitarra, con qualche incertezza forse dovuta all'emozione , e l'audio non dei migliori , ma mi è parsa la più vera.Buon ascolto...
(1983 - Finardi, Messina, Madonia)
Mi sento solo in mezzo alla gente osservo tutto ma non tocco niente mi sento strano e poco importante quasi fossi trasparente e poi resto fermo e non muovo niente la sabbia scende molto lentamente l'acqua è chiara e si vede il fondo limpido finalmente Ma no, non voglio essere solo, non voglio essere solo, non voglio essere solo mai. Al nord del tempio di Kasuga sulla collina delle giovani erbe mi avvicinavo sempre di più a loro quasi per istinto sagome dolci lungo i muri bandiere tenui più sotto il sole passa un treno o era un temporale sì, forse lo era. Ma lei chinava il capo poco per salutare in strada tutti quelli colpiti da stupore. Da lì si rifletteva chiara in una tazza scura in una stanza più sicura ma no. Non voglio esser solo non voglio esser solo non voglio esser solo mai