“MUSICOFILIA” di Oliver Sacks
“Studi effettuati da Robert Zatorre e dai suoi colleghi con tecniche di scansione [del cervello] sempre più sofisticate hanno dimostrato che immaginare la musica può indurre un'attivazione della corteccia uditiva di intensità quasi pari a quella prodotta dall'ascolto. Immaginare la musica stimola anche la corteccia motoria e, viceversa, immaginare di suonare stimola la corteccia uditiva.”
“Come ha osservato Alvaro Pascual-Leone, gli studi sul flusso ematico cerebrale regionale indicano che la simulazione dei movimenti attiva alcune delle stesse strutture neurali necessarie all'effettiva esecuzione dei movimenti. Così facendo, l'esercizio mentale sembra sufficiente da solo a promuovere la modulazione dei circuiti neurali implicati nei primi stadi dell'apprendimento di un'abilità motoria. Tale modulazione non soltanto dà luogo ad un netto miglioramento nell'esecuzione, ma sembra anche favorire, nel soggetto, l'apprendimento di ulteriori abilità con un esercizio fisico minimo. La combinazione di esercizio mentale ed esercizio fisico porta a un miglioramento dell'esecuzione più marcato di quello che si otterrebbe solo con il secondo: un fenomeno del quale i nostri risultati offrono una spiegazione fisiologica.”
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“Negli anni novanta, con lo sviluppo delle tecniche di neuroimmagine, é diventato possibile ottenere una vera e propria visualizzazione del cervello dei musicisti e confrontarlo con quello dei non musicisti. Utilizzando tecniche di morfometria basate sulla risonanza magnetica, Gottfried Schlaug e i suoi colleghi di Harvard hanno effettuato meticolosi confronti fra le dimensioni di varie strutture cerebrali. Nel 1995 hanno pubblicato un articolo nel quale mostrano in primo luogo che nei musicisti di professione il corpo calloso – ossia la grande commessura che connette i due emisferi cerebrali – é più sviluppato; e in secondo luogo che il planum temporale (una parte della corteccia uditiva) presenta un aumento dimensionale asimmetrico nei musicisti dotati di orecchio assoluto.” … “hanno dimostrato anche un aumento di volume della sostanza grigia nelle aree motrici, uditive e visuospaziali della corteccia, come pure nel cervelletto. Oggi gli anatomisti avrebbero serie difficoltà a identificare il cervello di un individuo particolarmente versato nelle arti visive, oppure quello di uno scrittore o di un matematico; ma potrebbero riconoscere il cervello di un musicista di professione senza esitare un istante.”
“Alvaro Pascual-Leone ha dimostrato quanto rapidamente il cervello risponda all'educazione musicale. Utilizzando come test degli esercizi per pianoforte con le cinque dita, ha dimostrato che la corteccia motrice può presentare dei cambiamenti già nell'arco di qualche minuto dall'inizio dell'esercitazione.”
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“Non esiste un unico sistema per memorizzare un brano musicale; musicisti diversi ricorrono a modalità diverse o a loro combinazioni: uditive, cinestetiche e visive, insieme a percezioni di ordine superiore riguardanti la grammatica, le regole, l'espressività e l'intenzionalità della musica. Sappiamo tutto questo non solo grazie alle descrizioni autobiografiche della memoria musicale e agli studi sperimentali condotti su di essa, ma anche tramite la risonanza magnetica funzionale, che consente di visualizzare le numerose regioni cerebrali attivate durante l'apprendimento di un nuovo brano musicale. Tuttavia, una volta che il brano é stato appreso, analizzato, studiato, meditato, fatto oggetto di esercizio ed incorporato nel repertorio del musicista -nella sua memoria procedurale- , esso potrà essere suonato automaticamente, o “si suonerà da solo”, senza che da parte dell'esecutore vi sia alcuno sforzo di riflessione o pensiero cosciente”.
Questi brevi passi li ho voluti riportare fedelmente per far capire a chi legge “che aria tira” nello splendido libro “Musicofilia”. E' un libro del 2007, se non erro, mai recensito su queste pagine (anche se consigliato in un breve commento). L'autore, Oliver Sacks, è un insegnante di neurologia e psichiatria alla Columbia University ed è autore di tanti altri libri di successo fra cui “Risvegli” dal quale fu tratto il film che nel '90 ebbe tre nomination all'oscar (con Robert De Niro e Robin Williams). Chiaramente ci si addentra in ambiti inconsueti per noi ma l'autore è bravo a spiegare in modo comprensibile ai non addetti ai lavori ciò che succede nel cervello quando c'è di mezzo la musica. Nelle 443 pagine del libro (pubblicato in Italia da Adelphi) si scorrono una serie di casi (dei pazienti del dottore-psichiatra-autore) che mettono in luce aspetti particolari, in positivo o in negativo, del cervello in rapporto alla musica. Alcune sono storie di rinascita nella musica o grazie alla musica dopo incidenti o malattie, altre sono storie sorprendenti, strane, buffe o commoventi; è un'altalena di emozioni, nelle storie, legate tutte dal filo conduttore che è la musica. Le storie forniscono all'autore spunti e occasioni (come quelle riportate su) per spiegare lo stato di avanzamento della ricerca su questi argomenti. E' una lettura che, seppur non leggerissima, consiglio vivamente a tutti coloro abbiano a che fare con la musica!
Francesco D'Amico