“Le rose e i violini questa sera raccontali a un’altra, violini e rose li posso sentire quando mi va e se mi va...” cantava la grande Mina. Ma se violini devono essere, che siano vintage! Eh sì, tanto prima o poi quando si parla di vintage i violini vengono fuori. E non sempre a proposito, almeno secondo me. Proprio le scorse settimane l’articolo titolato “La tecnologia manda in soffitta gli Stradivari” pubblicato sul CorSera, con il quale si dava conto della ricerca condotta in Francia dalla coppia Claudia Fritz e Joseph Curtin, ha stimolato la penna di più di un accordiano. Infatti prima un diario di Sphinix (Vintage si o no?) e poi un articolo di Enrico Cosimi (E tanti saluti al vintage!) hanno divulgato su Accordo gli esiti di tale articolo, con tutta la sana sequela di commenti che ne è seguita.
In passato io medesimo incappai in quei piccoli archtop a quattro corde, quando feci un articolo su un’intrigante storia di collezionismo violinistico, che titolava “Luigi Tarisio, il vintage quando Gruhn doveva ancora nascere”.
Insomma parlo di vintagismo (neologismo fresco di conio, unione di vintage + collezionismo, aspetti che sovente vanno a braccetto e non sempre sono tra di loro distinguibili). In questa occasione vorrei speculare e mettere qualche paletto distintivo proprio in merito alle analogie tra il vintagismo dei violini e quello delle chitarre. La mia volontà di mettere un po’di ordine, innanzi tutto nella mia mente, procedendo per punti.
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Soggettività del “bel suono” e moda statistica.
Sarà ben noto agli accordiani che il termine inglese “vintage” non significa solo “antico” o “vecchio” ma anche “d’annata”. Cioè: il vero strumento vintage deve sì rispettare il requisito di avere una certa quantità di anni di esistenza, ma dovrà anche essere di qualità superiore. E la qualità superiore negli oggetti in questione è data innanzi tutto dal suono e, in second’ordine, dalle caratteristiche costruttive (poi, a seguire, dalla rarità o dall’essere legata ad un particolare artista o evento, ma in questo contesto sono aspetti che non mi interessano, e che tralascerò dal considerare). E’ pacifico tra di noi che il concetto di bel suono (ma in parte anche di comodità d’uso, di aspetto estetico, di pregio del materiale) è del tutto soggettivo, ché altrimenti suoneremmo tutti con lo stesso strumento. Un esempio eclatante di soggettività: per Django Reinhardt la Gibson L-5 “non suonava” mentre la Selmer-Maccaferri aveva “un gran suono”. Sono disposto a scommettere che si facesse oggi un sondaggio tra chitarristi l’ordine di gradimento sarebbe del tutto inverso. Ma allora, se la qualità sonora è soggettiva, quali tra gli strumenti avranno la maggior probabilità di entrare a buon diritto nella cerchia dei “vintage”?
Qui entra in gioco la statistica, e nello specifico la moda, valore modale o norma. Vi risparmio la definizione ma quella è, in pratica, il picco di valore rispetto a una certa caratteristica. Semplicemente: presi 100 chitarristi, fatte udire 5 chitarre, la “moda” sarà quella che riceve il maggior numero di consensi [spero che non leggano i miei prof. di un tempo ...]. Quindi, tornando a noi, saranno di qualità quegli strumenti che incontrano il gusto della maggior parte dei musicisti. Questo spiega perché, ad esempio, Fender Stratocaster sia stata più venduta, e quindi oggi “più vintage”, di altri strumenti coevi. Oppure che la Gibson L5 lo sia più della ES250.
Ricollegandomi all’argomento originario: ci saranno stati dei violini che più di altri hanno incontrato il gusto dei musicisti. Questi e non altri, senza necessità di misurazioni oggettive, sono sopravvissuti e sono oggi, dopo secoli, entrati a buon diritto nel vintage “di punta”. E siccome il gradimento, come dicevo, è assolutamente soggettivo e derivante da un’infinità di fattori, tentare di misurare e rendere oggettivo tale comportamento, come hanno fatto i signori citati, è una baggianata, sebbene ne si possa plaudere l’intento. Quindi: se oggi parliamo di Antonio Stradivari, Niccolò Amati, Guarneri del Gesù e non dei tanti “pincopallino” circolanti in quegli stessi anni è perché quei violini erano già allora i più “di moda”, i più graditi, innanzi tutto dai musicisti e penso anche dagli uditori.
C’è un qualche motivo per il quale la cosa non debba essere replicata tale e quale con le chitarre? Secondo me no. Perché oggi il nome di John D’Angelico è “più vintage” di quello del suo contemporaneo concittadino Wilkanowsy? Perché già allora quando tra i chitarristi si voleva il massimo si faceva l’indirizzo della botteguccia di Kenmare Street. Perché si corre, e si spende, appresso alle Fender pre-CBS e non alle coeve Eko, Gherson, Hopf, ecc.?
Corollario: quali delle chitarre di attuale produzione saranno considerate vintage nel prossimo secolo? La risposta a questo punto è semplice: quelle che oggi sono generalmente considerate le migliori. Punto.
2. La selezione del tempo.
Un rilevante fattore differenziante le due famiglie di cordofoni vintage è sicuramente la loro storia, cioè la variabile temporale. Infatti quando ci si riferisce ai violini vintage si può risalire finanche al XVIII secolo mentre, come ben sappiamo, le chitarre sono strumenti moderni. Per queste ultime si può andare nell’800 se guardiamo alle classiche (anche se le più quotate sono comunque di fine ‘800 inizi ‘900), agli anni ’30 per le acustiche ed archtop (i rispettivi periodi d’oro si collocano intorno alla II guerra mondiale), ed infine agli anni ’50/primi ‘60 per quanto attiene alle solidbody. Questa differenza di età comporta atteggiamenti diversi nei confronti degli esemplari appartenenti alle due famiglie.
Innanzi tutto il maggior lasso di tempo ha fatto una selezione qualitativa dei violini ben più severa che per le chitarre. I violini sopravvissuti ai secoli sono quasi esclusivamente quelli di qualità superiore, per costruzione e suono, mentre guardando alle “giovani” chitarre si possono tutt’ora rinvenire esemplari anche di basso ordine qualitativo.
In secondo luogo la maggior antichità fa trascurare nei violini aspetti che in campo chitarristico sono considerati inaccettabili. Si pensi che praticamente tutti i violini dei costruttori cremonesi più quotati hanno avuto modificato o sostituito il manico, portato al diapason moderno e resi così normalmente utilizzabili. Parlando di chitarre molti guardano con sospetto anche solo la sostituzione delle meccaniche!
3. Chitarre e chitarre, vintage e vintage.
Anche per quanto si è appena visto, parlando di vintagismo chitarristico si possono individuare due categorie di strumenti, ben divise comunque dai prezzi spuntati. Da un lato le “icone”, strumenti di riconosciuta qualità superiore, con nomi, modelli ed annate ben definiti. Se ne potrebbe fare l’elenco in poche righe. I prezzi di queste sono collocati a salire dai 5.000 dollari. Dall’altro lato sta tutta la pletora di chitarre sì attempate ma di scarso valore liuteristico e musicale, che meritano l’attenzione più per curiosità o per essere testimonianza di quella che era la produzione circolante in certi anni. Si pensi ad esempio alle italianissime Eko e Wandré. Il seguito che hanno queste è decisamente più limitato, ridotto a pochi collezionisti, con prezzi comunque relativamente contenuti.
4. Dei prezzi del vintage, ovvero il complesso di inferiorità.
Nell’ambito del vintagismo, il prezzo di scambio è un altro fattore di distinzione tra violini e chitarre. Per dare un’idea oggettiva (sebbene non esaustiva) ho fatto una breve elaborazione su dati dei prezzi massimi di aggiudicazione presso la casa d’aste Christie’s nelle otto sessioni dal 2008 a tutto il 2011. Quel che ho ottenuto è: la media dei prezzi massimi è di $ 367.643 per i violini, mentre sono $ 89.535 per le chitarre. Quindi un rapporto di quattro a uno. Quali siano le motivazioni sinceramente non so, non conoscendo affatto il mondo del vintagismo violinistico. Quel che posso ipotizzare è: a) il collezionismo dei violini è iniziato da molti più anni, favorendo quindi un procedimento di capitalizzazione; b) i violini sono tutti prodotti di alto artigianato, mentre nelle chitarre abbiamo anche pezzi di origine industriale; c) il contenuto liuteristico dei violini è superiore a quello medio delle chitarre (ritengo siano loro paragonabili solo le archtop handcarved).
Qualche curiosità, già che ci sono: il violino che ha spuntato il massimo valore è stato aggiudicato a 1.273.000 $, esemplare di Antonio Stradivari; la chitarra di massimo valore è una Martin anno 1930 modello OM-45 Deluxe; la classica più quotata è stata una Hermann Hauser senior battuta a 92.500; la solidbody top è stata una Les Paul standard 1960 che ha fatto segnare 98.500 $; per le archtop la quotazione di vertice è stata raggiunta da una D’Angelico New Yorker anno 1961 battuta a 50.000$.
Altre idee?