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Mati My Way: chitarre a modo loro
Mati My Way: chitarre a modo loro
di [user #16167] - pubblicato il

In un mercato sempre più affollato da copie di Stratocaster, Tellecaster e Les Paul, imbattersi in un progetto nuovo è difficile. Alla Mati Guitars hanno deciso di fare le cose a modo loro, creando la serie My Way.
In un mercato sempre più affollato da copie di Stratocaster, Tellecaster e Les Paul, imbattersi in un progetto nuovo, almeno nelle forme è alquanto difficile. Alla Mati Guitars hanno deciso di fare le cose a modo loro, creando appunto la serie My Way. Forme nuove, materiali scelti con cura e differente fascia di prezzo. Abbiamo avuto tra le mani il top di gamma e la, per così dire, entry level, per una bella comparativa.

Cominciamo aprendo l’elegante custodia della My Way La Rossa. Inutile dire a cosa si ispira il nome, la livrea e la città di origine, Modena, lo sveleranno da sole. Un rosso trasparente nasconde lo spesso top in acero fiammato, che a sua volta nasconde il pregio strutturale di questa chitarra da corsa il manico neck-thru. Le ali che compongono il corpo sono in mogano mentre il manico è composto da ben cinque pezzi e tre essenze differenti. Partendo dall’esterno troviamo del mogano, poi acero e per il cuore dell’ottimo paduk. I 22 tasti alloggiano in una splendida tastiera in acero satinato, davvero super piatta che fa il paio con il manico dal profilo soft C confortevole e veloce. Sarebbe stata preferita una finitura satinata, ma trattandosi di nitrocellulosa suonandola sarebbe tornata lucida nuovamente, tanto vale godersi il luccichio!

Incassati nel body, con delle mascherine in metallo cromato troviamo due pick up Lindy Fralin, BK4 a quattro conduttori, caratterizzati da un output veramente elevato, in grado di spingere oltre il limite ogni amplificatore o pedale a essi collegati. Due controlli, uno per il tono e uno per il volume e selettore a tre posizioni. Le due manopole possono splittare separatamente i due humbucker aumentando così la tavolozza di colori che la My Way mette in campo. La forma del body, davvero particolare e ben studiata risulta comoda sia quando si suona in piedi che da seduti. Se a questo aggiungiamo l’ottimo bilanciamento dello strumento vien da se che la Mati oggetto della prova si lascia suonare che è un piacere. Il ponte tune o matic infine garantisce ottima stabilità dell’accordatura.

 
Anche se l’appeal è quello di una chitarra metallara La Rossa non è una shred machine dal suono tagliente e priva di basse, anche se i due pick up si comportano in maniera davvero differente l’una dall’altro. Se quello al manico è corposo e carico, soprattutto sulle basse, tanto che quasi si cercherebbe di aprire ancora di più la manopola del tono quello al ponte è fin troppo tagliente. Al manico le ritmiche risultano pesanti mentre i puliti rotondi, al ponte invece quando si resta nel campo dei puliti vien da chiudere subito il tono anche a chi come me, solitamente il tono dalle chitarre lo elimina. Tutto cambia quando invece si vira su crunch e distorsioni. Qui le alte frequenze del Lindy Fralin al ponte sono ottime, fanno si che anche le ritmiche buchino il mix come delle stilettate, una bella potenza. Ci ha convinto poco il suono splittato al ponte che ricorda più un controfase che un single coil, ma si sa, gli humbucker non sempre amano essere divisi. 
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La seconda chitarra che ci è stata recapitata è la versione più economica della serie My Way, chiamata Lady in Black, sempre con chiaro riferimento al colore steso abbondantemente su tutto lo strumento. La forma resta la stessa, la sostanza invece è molto diversa. Innanzitutto i legni sono diversi, troviamo l’alder, ontano, sia per il body che per il manico, manico che non è più passante attraverso il body ma avvitato, una soluzione che abbassa notevolmente il prezzo. Sempre per contenere il prezzo finale per la verniciatura è stata scelta una finitura poliuretanica. Oltre alla differente scelta per quanto riguarda le essenze utilizzate anche l’elettronica è completamente diversa rispetto a La Rossa. In questo caso alloggiati nel body troviamo due Seymour Duncan APH 2S, che le conferiscono un sound totalmente diverso.

L’output è completamente diverso, molto più basso e garbato rispetto a quello della gemella, cosa che si ripercuote sia sui puliti che sui distorti trasformandoli non poco. I primi risultano più caldi, soprattutto nella posizione al ponte. Al manico la risposta è molto simile a quella dei Lindy Fralin, ma l’output minore rende il suono appena appena più cupo. Per quanto riguarda le distorsioni invece lo zampino di Slash si fa sentire. Anche se non sono montati su un body in mogano quello che esce dai coni della 2x12 è decisamente rock! Un po’ acido al ponte e fuzzoso e sporco al manico. Una coppia, questi Duncan, che ci spiazza di meno sulle prime rispetto ai Lindy Fralin, ci si sente più a casa, ma in quanto a potenza i Lindy Fralin stravincono a mani basse.

Due modi diversi di intendere la chitarra di liuteria. La prima senza compromessi, tutto al top. Con specifiche così di classe il prezzo non può far altro che salire fino ai 2900 euro riportati nel listino della Mati Guitars. Molti meno euro servono per portarsi a casa la Lady in Black, 1250 son sufficienti. Si tratta comunque di una chitarra di fascia elevata, realizzata con cura e ottima scelta dei materiali. Ovvio la forma diversa dal solito deve piacere, ma per questi progetti è normale che sia così, o li si ama o li si odia. Sicuramente una prova è necessaria per capire le potenzialità di queste due chitarre realizzate con cura dalle mani di un liutaio che gode di ottima fama: Paolo Coriani.

 
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