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Meet The Pro - Alberto Cutolo
Meet The Pro - Alberto Cutolo
di [user #46242] - pubblicato il

Inauguriamo la nuova rubrica di RECnMIX con un'intervista ad uno dei più quotati Mastering Engineer italiani, Alberto Cutolo, professionista dalla ventennale esperienza, fondatore insieme a Ivo Grasso dei prestigiosi Massive Arts Studios di Milano.
Alberto vanta la realizzazione di più di Master tra singoli ed album. Tra i vari, ha lavorato per: Litfiba, Mina, Fools Garden, Laura Pausini, Lorenzo Jovanotti, Robert Miles, Babylonia, La Blanche Alchimie, Paola e Chiara, Adriano Celentano, Roberto Vecchioni, Franco Battiato, John Mc Laughlin, Gigi D'Agostino, The Servant, Giorgio Gaber, I Nomadi, Pino Daniele, Modà, Pino Scotto, Carmen Consoli, Tricarico, Dente, Gotthard  e tanti altri, e per Labels quali Emi, Warner, Universal, R.T.I. Music, Sony Music e numerose altre indipendenti.
Lo abbiamo incontrato a Milano per sapere di più sul suo lavoro e sull'importanza del Mastering Engineer oggi.

Ciao, Alberto, puoi spiegare ai nostri lettori che cos’è il Mastering e a cosa serve?

Intanto precisiamo che il “Mastering” ha modificato le sue finalità nel corso degli anni.
Nell’80, ai suoi albori, era un’operazione concepita esclusivamente per realizzare un supporto digitale (U-Matic), dotato di un time code ininterrotto (Not Drop Frame), da cui fosse possibile produrre uno stampatore (detto Glass Master) necessario per la duplicazione industriale di supporti CD, si trattava quindi di una “semplice” conversione, editing, codifica e certificazione di qualità del supporto Master ottenuta tramite analisi dei CRC realizzata con il noto processore PCM-1630 della Sony.
Solo in un secondo tempo si è cominciato a mettere mano all’audio in modo sempre più aggressivo man mano che, di pari passo, i processori diventavano sempre più performanti alimentando il mostro noto con il nome di “Gain War”.
Al giorno d’oggi direi che una buona traduzione italiana del termine Mastering potrebbe essere “Ottimizzazione”.


Perché hai scelto di specializzarti proprio in questo, e non nella registrazione o nel mixing?

Direi che si è trattato di un puro e semplice colpo di fortuna, il signor Glingani, proprietario dello studio Elettroformati mi concesse fiducia mettendomi nella condizione di poter imparare una professione che, nel 1989, in Italia era quasi misconosciuta, non c’erano ancora scuole professionali che si occupassero a livello didattico di questa branchia dell’audio, quindi l’apprendimento doveva per forza passare per altre vie, comunque mi appassionai da subito alla postproduzione, una passione che ancora non si è esaurita dentro di me.

In quest’epoca digitale molti tendono a finalizzare il proprio mix in autonomia. Secondo te qual è il valore aggiunto che può dare il Mastering eseguito da un professionista dedicato?

Di solito quando si decide di chiudere un mix si hanno alle spalle talmente tanti ascolti e talmente tanti discorsi da perdere forse un po’ di obiettività, il fonico di mastering ha invece la testa e le orecchie pulite e può valutare il mix senza essere influenzato da tutto questo. Tante volte capita, per esempio, che alcune parole di un cantato non siano troppo intelleggibili ma il produttore non se ne rende conto in quanto, conoscendo il testo, per lui sono invece perfettamente chiare, inoltre il fonico di mastering è abituato ad analizzare alcuni dettagli del brano di cui di solito non ci si preccupa espressamente in fase di mix (Dinamica generale, Mid/side, estensione di banda,….).

Meet The Pro - Alberto Cutolo

Cosa significa fare Mastering dagli stems e cosa consigli di fare ai tuoi clienti?

Gli STEMS sono i gruppi che vanno a comporre un mix, lavorare con gli STEMS permette, in generale, un miglior controllo e una maggiore precisione nelle fasi di equalizzazione, se devo, per esempio, controllare una frequenza intorno ai 3000Hz generata dalle chitarre, posso correggerla direttamente sulle chitarre senza, per questo, dover modificare il suono del rullante, perdere la punta della cassa o bucare una voce. Io di solito chiedo ai miei clienti almeno Base, Voce principale, Cori e Full mix, poi dico sempre di separare lo strumento su cui si hanno eventualmente dei dubbi (Il basso va per la maggiore). Il Full mix mi serve per verificare che gli STEMS siano stati scaricati correttamente, infatti la somma degli STEMS deve suonare esattamente come il Full mix, altrimenti c’è un problema.

Cosa consigli di fare ad un mix engineer che utilizza un compressore e/o un limiter inserito sul master durante la fase di mixaggio prima di inviarti i files?

Ormai la maggior parte dei fonici lavorano con processori di dinamica ed eq sullo stadio master e questo in verità è un vantaggio perché prima di tutto si fornisce al cliente un ascolto già con un livello audio quasi equiparabile a una compressione da mastering, inoltre chi mixa si rende già conto delle problematiche dipendenti da una drastica riduzione della Headroom e quindi realizza dei mixaggi più puliti e performanti, in questi casi è buona norma disabilitare tali processori durante lo scarico degli STEMS per avere del materiale lavorabile e fornire al fonico che si occuperà del mastering anche un’elenco di quanto messo sul canale master e uno scarico con i processori attivati, che poi è quello che il cliente ha ascoltato fino a quel momento.

Che frequenza di campionamento, bit rate e volume richiedi e consigli?

Consiglio di mantenere lo stesso bit rate e frequenza di campionamento usati nella sessione di mix, il volume ormai me lo regolo io a seconda delle esigenze della mia catena di lavoro, è sufficiente che non ci siano saturazioni.

Che differenza c’è tra un mastering eseguito con processori digitali e uno con outboard analogici?

Domanda complessa che meriterebbe una risposta lunga e complessa, dipende dai generi, dalla qualità dell’analogico e da quella del digitale, dalle caratteristiche dei mix e anche dall’attitudine del fonico, io penso che ogni processore, analogico o digitale che sia ha delle proprie caratteristiche peculiari, se si conoscono bene si può prendere il meglio da entrambi i mondi e integrarli, comunque io ho sentito bellissimi mix realizzati ITB e mix tremendi realizzati con ogni ben di dio, questa regola funziona anche nella postproduzione.

Qual è la catena di mastering che utilizzi più di frequente?

A monte realizzo, in digitale, una equalizzazione sottrattiva per aumentare eventualmente la definizione della fonte, una codifica e decodifica Mid/Side con equalizzazioni differenziate, e una leggera compressione multibanda che mi serve per inviare un segnale già in parte dinamicamente controllato nel mio compressore Maselec MLA-2 e nel limiter, sempre Maselec, MPL-2. Inoltre mi piace utilizzare della distorsione armonica parallela che di solito realizzo con un Culture Vulture “Mastering edition” di Thermionic.

Che macchina o software porteresti sull’isola deserta?

Devo proprio portarmi il lavoro su un’isola deserta?
A parte gli scherzi, perso che mi porterei la mia consolle artigianale che ormai conosco a menadito e che all’occorrenza può servire anche come comodo sgabello riscaldato.


Quanto è importante fare mastering in una stanza acusticamente trattata e quali sono i tuoi monitors di riferimento?

La mia regia è concepita in modo da avere l’assorbenza alle mie spalle e una densità variabile man mano che ci si avvicina ai spakers, questo per evitare le early reflections e sentire quindi il solo suono diretto proveniente dai monitors.
Pur possedendo anche delle PMC-MB2, io mi trovo molto bene a lavorare con Dynaudio, in generale trovo che la scelta di un ascolto sia molto personale e che la cosa veramente importante sia conoscere a menadito i propri monitors per renderli un vero riferimento.

Meet The Pro - Alberto Cutolo


Usi dei brani di riferimento? Consigli di usare delle reference tracks anche durante il mix?

Come fonico i brani di riferimento li trovo abbastanza inutili se non per poter identificare un “mondo” entro il quale lavorare, sono invece più utili al cliente che può così, almeno in parte, ascoltando brani che già conosce, abituarsi all’acustica dello studio e ai monitor e prendere le giuste misure.

Quali sono i problemi più frequenti che riscontri nei mix che ricevi e cosa consigli per limitarli.

Mixando ITB c’è questa tendenza a lavorare con volumi delle tracce troppo elevati ma, come ho già detto, a patto che non ci siano saturazioni, il volume della fonte lo regolo da me, poi consiglio sempre di verificare gli STEMS dopo averli realizzati, se non rispecchiano fedelmente il mix è meglio non utilizzarli proprio e lavorare direttamente da Full Mix.

La loudness war sembra non essere più un problema con l’avvento dello streaming, Cosa ne pensi a riguardo?

Che finalmente comincia a vedersi la luce, importanti realtà come I-tunes stanno poco a poco portando avanti politiche finalizzate a ottenere minori compressioni e quindi maggiore headroom disponibile, quando, un domani, i produttori di devices per la riproduzione audio (Telefoni, Players, ….) aumenteranno la potenza di uscita di tali devices, penso che questo diverrà una realtà.

Tratti diversamente i files che vanno su cd da quelli che andranno sulle piattaforme digitali online?

Verifico eventuali perdite subite a causa della compressione in aac e, se sostanziali, procedo a una compensazione, di solito però il tempo a disposizione è poco e quindi, a meno di richieste specifiche o reali problemi, no.

Un ultima domanda, cara a tutti i professionisti, come fai a difenderti dai “clienti dalle mille modifiche”?

Per fortuna non mi capitano spesso di questi problemi, ricordiamoci il vecchio adagio secondo il quale “i mix non si finiscono ma si abbandonano”, potremmo applicarlo anche al mastering, comunque quando la gente arriva da me di solito ha già delle tempistiche di uscita stabilite e quindi il tempo disponibile è quello che è.

Al momento, oltre a svolgere il ruolo di fonico di Mastering residente presso i Massive Arts Studios, Alberto si occupa anche della parte didattica, in particolare tiene corsi di Mastering e Sound Engineering presso Massive Arts Academy. Per maggiori informazioni a riguardo potete visitare il sito ufficiale dei Massive Arts Studios cliccando qui.

 
Link utili
Massive Arts Studios
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di E! [user #6395]
commento del 15/01/2018 ore 18:40:19
Cosa si intende per distorsione armonica parallela? E' un saturatore di armoniche?
Rispondi
di Andy Cappellato [user #45705]
commento del 15/01/2018 ore 20:32:05
Ciao E!,
a volte si utilizza un saturatore per aggiunge armoniche al segnale in transito. Esistono diversi outboard che si usano in fase di mastering o mixing a questo scopo, sono dei "distorsori" come può essere un pedalino per chitarra, ma con saturazione controllata e banda passante più estesa. Usano spesso le caratteristiche di valvole e circuiti analogici selezionati per ricreare la saturazione introdotta da una catena di registrazione e mixing analogica.
In questo caso Alberto usa un saturatore in parallelo, sdoppiando il segnale e dosando poi la sorgente "dry" con il segnale "distorto", per aggiungere le caratteristiche sonore introdotte della macchina senza sacrificare il sound originale.
Tra i più utilizzati negli ultimi anni ci sono il Culture Vulture di Thermionic Culture, il Fatso di Empirical Labs, il Vertigo Sound VSM-2, il Black Box HG-2, l'Overstayer M-A-S, il Karacter di Elysia, senza dimenticare i classici Aural Exciter e cloni vari.
Rispondi
di E! [user #6395]
commento del 15/01/2018 ore 23:23:30
Molto interessante, grazie!
Rispondi
di Claes [user #29011]
commento del 18/01/2018 ore 15:15:49
Bellissima intervista! Gain Wars: mi sembra stata dichiarata anni 50 come "guerra aperta - chi ha il singolo 45 giri da juke box che batte la concorrenza?". Si arrivava col nastro e si "incideva" una lacca vergine senza poterla ascoltare. Bisognava fare tests e ascoltare distruggendola! Dalla lacca incisa si ricava la matrice (negativo) da cui un positivo dalla quale derivano i molti negativi per la stampa. Entro certi limiti, era possibile avere un singolo da 3 minuti con solco più ampio di uno da 4-5 minuti o un EP a 4 pezzi, a costo di ridurre il volume audio a seconda della lunghezza dei pezzi!
Milano 1970 - mastering per Blues Right Off: in confronto a Massive Arts, il mastering era in un locale davvero piccolo, poca roba EQ comp/limiter. Si era in mono - eravamo tutti abituati dalla nascita percui no problem. Un solco mono dà grinta e botta, quello stereo era (allora) per i ricchi patiti di Classica targata EMI e DGG.
Il tecnico dice "ah, quel vostro LP è cortino - non è come case discografiche che ci impongono di sbattere sempre più minutaggio su LP"! Va avanti spiegando cos'è la dinamica. Ero lì con Ermanno Velludo (produttore / fonico) e ci siamo fatti dare delle dritte - "un mix deve essere pensato persino per le radioline". Ho più tardi scovato le mini-casse Auratone - super!
Si aveva un nastro per il non-stop di una facciata tagliata con nastro neutro di separazione tra i pezzi - a quel livello, la somma totale dei mix doveva essere perfetta e "riversare" (slang) doveva solo comportare il tenere bassi invadenti sotto controllo e dosare il compressore.
Rispondi
di lassie [user #24566]
commento del 20/01/2018 ore 13:59:05
Mia esperieza personale fine anni 70 è quella che avendo effettuato un ottimo e preciso missaggio dopo un'altrettanto precisa sessione di basi e sovraincisioni, bastava riversare il tutto su Ampex gran master 2 tracce stereo con o senza nois reduction e con segnale di 1000 hz a 0 e -10 db, non c'era necessità di ulteriori modifiche, e visto che ieri come oggi l'utenza finale di ascolto era o in casa con inpianto stereo o in auto, mi sorge un dubbio che si debba toccare il master per errori e inaccuratezze fatte prima nel processo di registrazione; anzi dirò di più, i miei master tape erano così ben fatti che mi dispiaceva sapere della loro destinazione, il vinile che come supporto fonografico era notevolmente inferiore come risposta in frequenza 30 - 15khz, dinamica 65db e distorsione armonica rispetto al nastro magnetico. Tutt'oggi per il mio studio personale utilizzo per il master il nastro magnetico caldo e affidabile ( non fà crik subito dopo lo zero db ) ma silenzioso con dbx 150 nois reduction con una dinamica di ben 120 db meglio del digitale un'ottimo suono e risultato senza tanti altri fronzoli e diavolerie.
Rispondi
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