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Chitarre signature: croce o delizia?
Chitarre signature: croce o delizia?
di [user #5157] - pubblicato il

Se la chitarra porta la firma di qualcun altro non si può pretendere che vada bene anche per sé, salvo poi imbattersi in un vero colpo di fulmine: lo racconta il nostro lettore cantrell.
È un periodo che ho voglia di condividere su Accordo diverse impressioni, anche solo per confrontarsi. Gli ultimi stravolgimenti chitarristici mi portano a questa scelta terapeutica di parlarne.

Dal 1998 sono passate più di 30 chitarre fra le mie mani, all'80% usate, il resto ambite nuove, con la GAS sempre dietro l'angolo insieme alla ricerca dell'ascia perfetta, la più bella, la più funzionale, eccetera. Con la spada di Damocle dello spazio che manca in casa a far da sfondo. Così il numero è sempre stato destinato a salire nella quantità di passaggi, oltre che di stazionamenti (irrisorio il numero di testate/ampli cambiati, sarò sui 3/4).

Chitarre signature: croce o delizia?

Imparai su una Yamaha EG 112 HSS, chitarra che fra le entry level di allora aveva un rapporto qualità/prezzo eccezionale. Poi, da buon rockettaro e adolescente grunge, la Fender Jag-Stang giapponese del '98 è stata ed è ancora lì nel mio cuore e davanti ai miei occhi. Feticcio ormai di un tempo andato, visto che poi non amo il manico così ridotto (stile Mustang) e quel ponte Jaguar style che non ho mai sopportato anche se esteticamente dà appeal alla chitarra.
Poi dopo con i primi stipendi e l'ideale del metal, tutto dagli anni '80 al moderno, sono passate Dean, BC Rich, Jackson, Charvel, Ibanez, Epiphone, PRS, ESP, Washburn, di alta gamma e non.
Gibson invece un amore-odio, un marchio che a mio parere si autocompiace ma che nei prodotti avuti ho poi rivenduto con l'incazzatura anche nel cuore... Una Les Paul Junior per la quale scoprii poi non avere particolare simpatia né comodità nell'usarla e una Gibson SG Standard alla quale, scivolando a terra, si ruppe la paletta... dentro la sua custodia! Un collo indecorosamente rimasto liuteristicamente a sessant'anni fa. Così chiusi definitivamente con la casa di Nashville.

Pentimenti? Diversi fra permute, scambi e acquisti. Rimpiango una ESP Custom , una super-Strat anni '90 di solida efficienza, una BC Rich Warlock Made in USA del '97, una Jackson Soloist Custom giapponese (periodo d'oro del '93), una Dean ML Dixie Rebel gigante come Dimebag, le D'Angelico, una Bedford Deluxe, chitarra spettacolare che vale tutti i soldi che costa (e che se fosse fatta in USA chiederebbero, con il solito marchio, il doppio). Il tutto perché lo spazio è quello che è e la voglia di GAS a volte è tanta.
Poi nel mezzo customizzazioni varie, pedalini, ecc.

Delusioni? Sì, cocenti. Oltre a Gibson, e sono un flebile filo conduttore di questo lungo articolo: le chitarre Signature. Per meglio dire, quello che pensavo per tutte loro, croce e delizia sino a questa primavera.
Dopo la Fender Jag-Stang, feticcio nostalgico di un periodo - e con la quale ormai ho solo saltuari rapporti di qualche minuto - mi volli prendere più di 15 anni fa la Epiphone Custom di Zakk Wylde. La delusione più cocente visto la mitizzazione chitarristica che avevo, e che ho anche un po' tutt'ora. Un plasticone di finitura e scomodità, malgrado gli EMG passivi che montava i quali, contrariamente a tanti, mi piacevano. 
Metabolizzai poi che una signature, dal manico al resto, è fatta su specifiche del chitarrista di riferimento e non è detto che coincidano con le tue esigenze.
Scoprii l'acqua calda.
La ridetti via dopo qualche anno a 400€, il suo reale valore, anche se adesso sembra meglio di una PRS nel mondo dell'usato. Ognuno spende i soldi come vuole, ma rarità non coincide con eccellenza a volte, e la Zakk Epiphone non fa eccezione.
Così per i restanti anni ho disprezzato qualunque tipo di signature, motivando che "paghi solo la firma, è una chitarra troppo personale", bla bla bla.

Chitarre signature: croce o delizia?

Ultimamente avevo la "pace" con le mie Fender e Jackson, dopo aver avuto due belle PRS S2, scappatelle di GAS. Fino ad arrivare a questa tarda primavera.

Da scorsi articoli ho scritto di una Jackson SL2 Mick Thompson - prima signature che ritorna, e mi dico, sarà l'eccezione - poi della mattana PRS Core Silver Sky John Mayer, seconda signature di ormai un mese fa.
Entrambe comode e gratificanti come mai prima, sino alla terza che è venuta da sé e non è stata per niente pensata.

Chitarre signature: croce o delizia?

Questa è la chitarra più inaspettata anche della mia storia personale di chitarraio seriale, perché ero partito per prendere altro, vendendo un'ultima Jackson con Floyd Rose che avevo in casa. Vado al negozio (importanza del negozio ragazzi, rispetto al mare nostrum dell'online) e mi fanno imbracciare una Sterling by MusicMan Majesty JP 100 in colore Artic Dream, da sbavo.
Imbracciarla e suonarla da spenta è stata una folgorazione totale: risonante, leggera, non grande, bilanciatissima, manico comodo, selettore altrettanto. Da accesa per il momento non mi fa pensare a customizzazioni future. Una chitarra rock metal che ha molte cartucce a disposizione. E bella.
Così viene a casa fra il mio stupore (ennesimo) e quello della famiglia, che nel giro di pochi mesi si è vista cambiare diversi quadri alla parete (quello è ciò che pensano le mie figlie e la moglie delle chitarre appese).

Mi ritrovo così in casa con quattro chitarre signature e, nonostante ciò che pensavo, tre di queste trovano gratificazione totale ai miei occhi, sotto le dita e alle mie orecchie.
Chi disprezza compra? Boh, non so. Il fatto è che bisogna stare con il cuore, con gli occhi e la mente aperti senza preconcetti, perché non si sa mai.
chitarre elettriche gli articoli dei lettori john petrucci majesty music man sterling
Link utili
La Jackson SL2 Mick Thompson
La PRS Core Silver Sky John Mayer
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