di alfio [user #7386] - pubblicato il 05 settembre 2007 ore 13:20
L'impatto è pessimo. Controllo passaporti, impronte digitali, domande di rito: motivo del viaggio e durata. Fin qui tutto ok. 'Mi segua in un altro ufficio.' (Perchè?)
Mi siedo e aspetto. Ma cosa? Nella stanza ci sono un quarantina di persone, la maggior parte asiatici. Chiunque provi a chiedere spiegazioni riceve sempre la solita risposta: 'Take a sit, please'.
Un altro viaggiatore italiano è stato convocato in questo posto a differenza della ragazza con cui viaggiava assieme. Non ha avuto modo di dire alla sua compagna che si trova li, e verosimilmente lei non si è accorta del fatto. Non può comunicarglielo perchè non può uscire da quella stanza e nemmeno ci potrebbe entrare lei, anche volendo. Nè tantomeno può telefonare perchè chi prova a usare un telefono viene ripreso con toni aggressivi e invitato a spegnerlo e metterlo via. E' abbastanza nel panico, un po' perchè non parla inglese un po' perchè rischia di perdere il volo per la Florida con cui dovrebbero proseguire insieme il loro viaggio. Io la prendo con molta più filosofia, anche perchè sono con un collega che è stato 'convocato' anche lui. Così stiamo li ad ammazzare il tempo sparando cazzate e facendo ironia mentre vediamo passare un tizio ammanettato portato da tre poliziotti più o meno come si porta il carrello del supermercato, gente scrutata mentre va al bagno (e guai usare il telefono da li) e una donna di colore (in lacrime) interrogata in una stanza con la porta chiusa ma con le vetrate alle pareti.
Un bel quadruccio non c'è che dire. Forse la nazione delle opportunità offre, fra le tante, anche quella di provare il brivido di essere trattato come un terrorista. La nuova frontiera dell'entertainment, insomma. Il tutto per riconsegnarmi il passaporto dopo circa un'ora e ripetermi la domanda 'quanto si ferma''. Passaporto che poi viene scrutato per un altro quarto d'ora quando, dopo aver recuperato il bagaglio vengo di nuovo indirizzato ad un'altra sosta forzata, guarda caso per non chiedermi nulla di nuovo neanche stavolta.
Tutto decisamente poco rispettoso e stupido visto che con un po' di astio e di cinismo non posso che osservare che 6 anni fa se lo sono fatto mettere nel culo da gente perfettamente integrata nella loro società e addirittura addestrata nelle loro scuole di volo.Princeton
Princeton, che da il nome anche ad un serie di ampli Fender, è un cittadina piccolissima. C'è l'università ma ad agosto è vuota per cui il tutto si riduce a poche anime sparse intorno ad una strada. Peccato che sia così 'spenta' perchè architettonicamente è decisamente gradevole: le casette in legno, i prati (pieni di scoiattoli) e l'aria da college mi ricordano molto Cambridge.
Nella prima settimana ci scappa una sortita ad un paio di outlet dove, complice il cambio con l'euro, si può fare uno shopping molto proficuo. Io non sono mai stato un tipo molto 'griffato' ma portarmi a casa un paio di Timberland a 30 dollari (pari a euro 23 circa) mi da un certa soddisfazione.Philadelphia
La città della dichiarazione di indipendenza mi fa subito una buona impressione. Sarà che vengo da Times Square (che ho visto i giorni prima ma di cui dirò più avanti) ma mi sembra tutto più a misura d'uomo: i grattaceli ci sono ma non sono densi e opprimenti come in certe zone della grande mela. Certo non c'è molto da vedere (turisticamente un giorno basta) però c'è un quartierino nella città vecchia dove di notte ci si può divertire con un sacco di locali, ristoranti e gente che gironzola.Atlantic city
Il posto più squallido che abbia mai visto. Una spiaggia grandissima rovinata dai grattaceli. E casinò dove decine e decine di persone anziane passano il pomeriggio alla slot machine.Seaside park
Toccata e fuga per un paio d'ore. Bel posto e bella la casetta in legna dell'amico del mio capo di fronte alla baia.New York
Pure qui la prima impressione non è ottima. Sono in albergo vicino a Times Square. C'è un paesaggio insolito e curioso, (specie per un europeo doc come me) che se da una parte è senz'altro un'icona dell'America e la scenografia di tantissimi film, dall'altro non è che una sequenza di strade incasinatissime, rumorose (in media un clacson ogni 3 secondi più le sirene grottesche della polizia) e puzzolenti, più grattaceli e grossi spazi pubblicitari luminosi. Parentesi: è abbastanza impressionante come le insegne siano ben visibili a qualunque distanza e con qualunque luce: si tratta senz'altro di oggetti tecnicamente strepitosi.
Scendendo completamente a sud si trova l'altro pezzo di New York 'da parati', il financial district. Anche qui stessa storia: all'inizio cammini col naso all'insù, come un bambino al luna park ma dopo poco ti ci abitui e ti rimane solo quel vago senso di oppressione di queste centinaia di piani e finestre di vetro a specchio.
La New York che merita di essere vista è un'altra. E' quella del Greenwich Village, del quartiere universitario, di Soho, Union Square, Chelsea, Whasington Square; è quella dei musei (anche se l'unico che sono andato a vedere, quello dell'Intrepid è chiuso) e del Central Park. E' quella del ponte di Brooklyn o di certi angoletti, come piazzette o piccoli parchi e giardini sulla riva dell'Hudson o in vista Lady Liberty, che Manhattan sa conservare in mezzo a tanto cemento. Il problema che se non conosci qualcuno del posto (come per fortuna è capitato a me) è più difficile capire la città e ti rimane l'opulenza dell'Empire, l'immagine dell'unico grattacielo veramente bello, il Chrysler Building, ed il vuoto surreale di ground zero.
Cosa ci sia poi sulla 48 strada voi gasati imperterriti lo sapete già, magari allego qualche foto nei prossimi giorni...
Gli americani sono 'particolari' ma probabilmente loro direbbero lo stesso di noi. Si va dall'ottusità autoritaria dei poliziotti dell'aeroporto, alla cortesia di molti simpatici commercianti fino allo zelo quasi esagerato di persone pagate appositamente per dare spiegazioni e che si vengono a sincerare che tu abbia preso la direzione giusta. Chiaro che sono impressioni a prima vista, vivendo li per un po' ci si fa senz'altro un'idea più completa.
Un paio di note a margine. La prima, ovvia: ho mangiato diversi piatti tipici, alcuni anche con gusto. Ma dopo due settimane l'Italia manca da morire. Carne, patatine, coca-cola' tutto acquistabile in diverse misure (big, huge ed enormous) non tengono proprio il passo con la cucina mediterranea. Vabè ma questo si sapeva. Secondo: a differenza di tutto il resto del mondo noi italiani disponiamo di un invenzione rivoluzionaria: il bidet. Ma, ahimè, si sapeva anche questo.
L'impatto è pessimo. Controllo passaporti, impronte digitali, domande di rito: motivo del viaggio e durata. Fin qui tutto ok. 'Mi segua in un altro ufficio.' (Perchè?)
Mi siedo e aspetto. Ma cosa? Nella stanza ci sono un quarantina di persone, la maggior parte asiatici. Chiunque provi a chiedere spiegazioni riceve sempre la solita risposta: 'Take a sit, please'.
Un altro viaggiatore italiano è stato convocato in questo posto a differenza della ragazza con cui viaggiava assieme. Non ha avuto modo di dire alla sua compagna che si trova li, e verosimilmente lei non si è accorta del fatto. Non può comunicarglielo perchè non può uscire da quella stanza e nemmeno ci potrebbe entrare lei, anche volendo. Nè tantomeno può telefonare perchè chi prova a usare un telefono viene ripreso con toni aggressivi e invitato a spegnerlo e metterlo via. E' abbastanza nel panico, un po' perchè non parla inglese un po' perchè rischia di perdere il volo per la Florida con cui dovrebbero proseguire insieme il loro viaggio. Io la prendo con molta più filosofia, anche perchè sono con un collega che è stato 'convocato' anche lui. Così stiamo li ad ammazzare il tempo sparando cazzate e facendo ironia mentre vediamo passare un tizio ammanettato portato da tre poliziotti più o meno come si porta il carrello del supermercato, gente scrutata mentre va al bagno (e guai usare il telefono da li) e una donna di colore (in lacrime) interrogata in una stanza con la porta chiusa ma con le vetrate alle pareti.
Un bel quadruccio non c'è che dire. Forse la nazione delle opportunità offre, fra le tante, anche quella di provare il brivido di essere trattato come un terrorista. La nuova frontiera dell'entertainment, insomma. Il tutto per riconsegnarmi il passaporto dopo circa un'ora e ripetermi la domanda 'quanto si ferma''. Passaporto che poi viene scrutato per un altro quarto d'ora quando, dopo aver recuperato il bagaglio vengo di nuovo indirizzato ad un'altra sosta forzata, guarda caso per non chiedermi nulla di nuovo neanche stavolta.
Tutto decisamente poco rispettoso e stupido visto che con un po' di astio e di cinismo non posso che osservare che 6 anni fa se lo sono fatto mettere nel culo da gente perfettamente integrata nella loro società e addirittura addestrata nelle loro scuole di volo.
Princeton
Princeton, che da il nome anche ad un serie di ampli Fender, è un cittadina piccolissima. C'è l'università ma ad agosto è vuota per cui il tutto si riduce a poche anime sparse intorno ad una strada. Peccato che sia così 'spenta' perchè architettonicamente è decisamente gradevole: le casette in legno, i prati (pieni di scoiattoli) e l'aria da college mi ricordano molto Cambridge.
Nella prima settimana ci scappa una sortita ad un paio di outlet dove, complice il cambio con l'euro, si può fare uno shopping molto proficuo. Io non sono mai stato un tipo molto 'griffato' ma portarmi a casa un paio di Timberland a 30 dollari (pari a euro 23 circa) mi da un certa soddisfazione.
Philadelphia
La città della dichiarazione di indipendenza mi fa subito una buona impressione. Sarà che vengo da Times Square (che ho visto i giorni prima ma di cui dirò più avanti) ma mi sembra tutto più a misura d'uomo: i grattaceli ci sono ma non sono densi e opprimenti come in certe zone della grande mela. Certo non c'è molto da vedere (turisticamente un giorno basta) però c'è un quartierino nella città vecchia dove di notte ci si può divertire con un sacco di locali, ristoranti e gente che gironzola.
Atlantic city
Il posto più squallido che abbia mai visto. Una spiaggia grandissima rovinata dai grattaceli. E casinò dove decine e decine di persone anziane passano il pomeriggio alla slot machine.
Seaside park
Toccata e fuga per un paio d'ore. Bel posto e bella la casetta in legna dell'amico del mio capo di fronte alla baia.
New York
Pure qui la prima impressione non è ottima. Sono in albergo vicino a Times Square. C'è un paesaggio insolito e curioso, (specie per un europeo doc come me) che se da una parte è senz'altro un'icona dell'America e la scenografia di tantissimi film, dall'altro non è che una sequenza di strade incasinatissime, rumorose (in media un clacson ogni 3 secondi più le sirene grottesche della polizia) e puzzolenti, più grattaceli e grossi spazi pubblicitari luminosi. Parentesi: è abbastanza impressionante come le insegne siano ben visibili a qualunque distanza e con qualunque luce: si tratta senz'altro di oggetti tecnicamente strepitosi.
Scendendo completamente a sud si trova l'altro pezzo di New York 'da parati', il financial district. Anche qui stessa storia: all'inizio cammini col naso all'insù, come un bambino al luna park ma dopo poco ti ci abitui e ti rimane solo quel vago senso di oppressione di queste centinaia di piani e finestre di vetro a specchio.
La New York che merita di essere vista è un'altra. E' quella del Greenwich Village, del quartiere universitario, di Soho, Union Square, Chelsea, Whasington Square; è quella dei musei (anche se l'unico che sono andato a vedere, quello dell'Intrepid è chiuso) e del Central Park. E' quella del ponte di Brooklyn o di certi angoletti, come piazzette o piccoli parchi e giardini sulla riva dell'Hudson o in vista Lady Liberty, che Manhattan sa conservare in mezzo a tanto cemento. Il problema che se non conosci qualcuno del posto (come per fortuna è capitato a me) è più difficile capire la città e ti rimane l'opulenza dell'Empire, l'immagine dell'unico grattacielo veramente bello, il Chrysler Building, ed il vuoto surreale di ground zero.
Cosa ci sia poi sulla 48 strada voi gasati imperterriti lo sapete già, magari allego qualche foto nei prossimi giorni...
Gli americani sono 'particolari' ma probabilmente loro direbbero lo stesso di noi. Si va dall'ottusità autoritaria dei poliziotti dell'aeroporto, alla cortesia di molti simpatici commercianti fino allo zelo quasi esagerato di persone pagate appositamente per dare spiegazioni e che si vengono a sincerare che tu abbia preso la direzione giusta. Chiaro che sono impressioni a prima vista, vivendo li per un po' ci si fa senz'altro un'idea più completa.
Un paio di note a margine. La prima, ovvia: ho mangiato diversi piatti tipici, alcuni anche con gusto. Ma dopo due settimane l'Italia manca da morire. Carne, patatine, coca-cola' tutto acquistabile in diverse misure (big, huge ed enormous) non tengono proprio il passo con la cucina mediterranea. Vabè ma questo si sapeva. Secondo: a differenza di tutto il resto del mondo noi italiani disponiamo di un invenzione rivoluzionaria: il bidet. Ma, ahimè, si sapeva anche questo.