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Una serata da Aristocrats
Una serata da Aristocrats
di [user #17844] - pubblicato il

"BB, GG e MM, devi avere le iniziali uguali per entrare nella band" scherzava Guthrie Govan in un'intervista, ma i The Aristocrats hanno molto di più dei nomi allitteranti, e nel recente concerto di Caserta l'hanno dimostrato ampiamente.
Se Guthrie Govan, da solo, è in grado di tenere magistralmente un palco e conquistare i presenti con i suoi virtuosismi e il suo carisma di "ragazzo della porta accanto che sa il fatto suo", quando è in compagnia di Bryan Beller e Marco Minnemann lo spettacolo è assicurato.
I tre, con il nome di The Aristocrats, stanno portando in tour il loro progetto strumentale a cavallo tra shred e fusion (e condito con influenze non meglio identificate) che è scaturito nel recente album omonimo.

"BB, GG e MM, devi avere le iniziali uguali per entrare nella band" mi spiegava scherzosamente Guthrie in un'intervista concessami tempo addietro, quando l'album si sarebbe di lì a poco affacciato alla critica mondiale. Ma, stando a ciò che si è potuto sentire nel disco e a quanto hanno potuto assistere i fan ai loro concerti, c'è ben altro dietro.
Bryan, Guthrie e Marco sono tre forze della natura, ognuno con grossi punti di forza personali e differenti da quelli degli altri, ma tutti con un fattore accomunante: si divertono da matti quando suonano insieme.

Il trio si è esibito lo scorso venerdì sera (19 ottobre 2012) al Black Cat di Caserta. Il locale, grazie all'organizzazione degli eventi da parte del Centro Chitarre di Cristiano Ceruti stavolta con la collaborazione dell'Associazione Culturale Grandi Eventi In Musica, è diventato un punto di riferimento per gli amanti della musica internazionale e dei guitar hero in particolare.

Una serata da Aristocrats

Dal momento in cui gli Aristocrats hanno conquistato il palco del Black Cat, facendosi spazio tra la folla di un club gremito, è stato subito chiaro quale sarebbe stato l'andazzo della serata. Lo sapeva il gruppo e lo sapevano i presenti: alla faccia dei tecnicismi e la fusion più raffinata, si era tutti lì per divertirsi. È bastato, infatti, che Bryan Beller presentasse al microfono i componenti del trio dopo l'esecuzione del primo brano in scaletta per suscitare un'eccitazione nei presenti che ha raggiunto l'apice con un vero e proprio coro da stadio quando il bassista ha indicato Marco Minnemann, dietro i tamburi.
Nonostante il momento di enfasi, c'è da dire che la serata non ha avuto un vero e proprio protagonista. La band è particolarmente equilibrata nei ruoli, tutti hanno i propri spazi senza prevaricare quelli altrui e l'interplay prende il posto dei virtuosismi fini a se stessi.
Naturalmente l'esecuzione dei temi e di gran parte delle parti soliste è affidata a Govan, ma la stessa struttura dei brani fa sì che nessuno sia relegato al ruolo di semplice accompagnatore: ritmo e armonia si incastrano con gli accenti delle melodie e con i cambi di tempo spesso improvvisi e quasi sempre con un che di ironico. Tutta l'esibizione porta con sé questo velo di ironia dissacrante, niente è come l'ascoltatore si aspetterebbe da un trio fusion né da un power trio rock. L'opening track del disco "Boing!… I'm In The Back" dava quest'impressione con il suo alternarsi di riffoni metal e spezzoni in stile surf rock e i continui "scherzi" sul palco confermano il mood.
La dinamica è una delle armi più potenti degli Aristocrats. Ora pestando come ossessi, ora toccando appena corde e tamburi, i tre giocano con il pubblico chiudendo un brano potente e rumoroso con un colpetto di splash secco, poi si danno a una serie di obbligati ritmici che è quasi assurdo pensare che abbiano "contato" per intero dove l'aria è ancora quella di sfottò. Lì i suoni sono tirati, i colpi trattenuti subito e i kick trasmettono ansia e imprevedibilità piuttosto che groove e convinzione come accadrebbe in un contesto più tradizionale. Ma agli Aristocrats poco importa la tradizione, preferiscono stupire per le idee oltre che per la bravura e il concerto intero ne è la prova.

Il loro è uno spettacolo da godersi dal vivo ancor più che su disco. Nella dimensione live, i tre non solo sono in grado di riempire l'aria con un sound ricco e solido che non fa sentire la mancanza di una tastiera o una seconda chitarra durante le parti soliste, ma trovano il tempo per interagire con il pubblico, scambiare qualche parola e divertirsi con i presenti, talvolta stupendoli con momenti che per poco non sfociano nel trucco circense: vederli prolungare l'intro di un brano continuando a suonare con una mano sola perché nel frattempo viene loro voglia di prendere un'altra birra è qualcosa che riporta alla mente i "giochi" visti sui palchi da stadio di alcuni decenni fa.

Una serata da Aristocrats

Guthrie è impeccabile come sempre, il suo suono inconfondibile, definito e pulito. L'amplificatore Suhr è sempre alle sue spalle. In pedaliera trova spazio il nuovo TC Flashback X4. La Charvel con cui è stato visto nei recenti concerti fa senza dubbio il suo lavoro. Poco si sa dello strumento, ma il fatto che, stando molto vicini al palco mentre lui accorda con il suo PolyTune Mini in Mute, si riesca a sentire le corde vibrare fa ben pensare relativamente alla qualità costruttiva e la risonanza dello strumento, che di contro viene riaccordato a ogni fine brano, forse anche per un certo perfezionismo del chitarrista.

Una serata da Aristocrats

L'esibizione di Marco conferma quello che Govan aveva confidato, entusiasta, durante la vecchia intervista: "è come un bambino di cinque anni con una tecnica incredibile". Lui si diverte, se la ride e gioca con gli altri due e col pubblico. Lo tira in ballo invitandolo a tenere il conto di un pezzo in 5/4, seguendone gli accenti con le mani. Scambia qualche parola al microfono anche in italiano. L'assolo che si concede a metà spettacolo è puro gusto. Poche stranezze, tecnicismi limitati a rulli che, su ogni pezzo del drumset, fanno rombare il palco e spostamenti degli accenti dove meno ce li si aspetterebbe, ma sempre senza eccedere con tempi complessi o che renderebbero il tutto troppo cervellotico. In fondo nel repertorio degli Aristocrats i tempi strani non scarseggiano e non se ne sente la mancanza durante il suo solo.

Una serata da Aristocrats

Bryan, dal canto suo, si dimostra il perfetto collante. Tiene insieme le estrosità dei compagni di palco con un tessuto grosso, pieno e senza un buco di frequenze.
Il suono dei suoi due bassi Mike Lull a cinque corde e della sua amplificazione Gallien Krueger viene fuori come un treno, colpisce dritti allo stomaco ma conservando una profondità di solito accantonata dai bassisti più virtuosi in favore di un suono più aperto e che sovrasti il mix. Beller invece si posiziona proprio nei punti lasciati liberi da batteria e chitarra, rispondendo alla perfezione ai loro solleciti e restando al suo posto quando questi intendono prendersi un po' di spazio in più.

Una serata da Aristocrats

Il concerto è un continuo scambio di sguardi tra i tre, ora accompagnati da sorrisi ora da risate di gusto a seguito di un incastro riuscito particolarmente bene o di una parte più impegnativa.
Se avete già il disco, le prossime date del tour (tra cui ricordiamo quella di stasera a Molvena e quella del 24 a Legnano, alle quali i Dolcetti di Gianni Rojatti ed Erik Tulissio faranno opening act) saranno un'ottima occasione per godersi la coinvolgente e stravolgente controparte live della fusion-rock-metal-blues sopra le righe degli Aristocrats. Se ancora non l'avete, non c'è momento migliore per procurarsene una copia, magari proprio una di quelle vendute alle serate della band.
concerti the aristocrats
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