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Gibson Les Paul Tribute from the Future
Gibson Les Paul Tribute from the Future
di [user #16167] - pubblicato il

A dispetto del nome, la Future Tribute non cerca di stupire con improbabili trovate fantascientifiche. Nell'anno di Lester Polfus, la Les Paul in prova intende invece offrire un omaggio al suo creatore arrivando in una veste moderna ma a contatto con la tradizione, fedele all'accoppiata di mogano e acero ma con delle feature tecniche da 21esimo secolo.
A dispetto del nome, la Future Tribute non cerca di stupire con improbabili trovate fantascientifiche. Nell'anno di Lester Polfus, la Les Paul in prova intende invece offrire un omaggio al suo creatore arrivando in una veste moderna ma a contatto con la tradizione, fedele all'accoppiata di mogano e acero ma con delle feature tecniche da 21esimo secolo.

La Future Tribute è una Les Paul direttamente dal futuro in teoria, ma ancorata alla tradizione nella realtà. Forme classiche, con dettagli all’avanguardia. L’abbiamo testata a fondo, in attesa di leggere la recensione dell’Accordiano che ne è diventato il nuovo fiero proprietario grazie al Premio Giornalistico Accordo Gibson 2013. Avremmo potuto mandarla a Michael J Fox per un remake della celebre scena di Ritorno al futuro, ma abbiamo preferito darla a Michael J Quaiox per farci un idea del sound del futuro!

La Les Paul, pur con il suo mezzo secolo di storia sulle spalle, resta una chitarra dannatamente attuale. Insostituibile, un concentrato di potenza e cattiveria, ma in grado di sfoderare un jazzy sound da far impallidire certe semi-acustiche e le loro buche a effe.
Il 2013 in casa Gibson è stato dedicato a Lester Polfuss, l’uomo che con la sua intuizione geniale ha cambiato la storia della chitarra moderna. Impossibile immaginare Slash, Gibbons, Moore, Page, Townshend senza quei quattro, cinque chili di mogano appesi al collo. Quattro i modelli divisi per decade sono stati dedicati al vecchio Lester: 50’s, 60’s, 70’s e Future, a ripercorrere le tappe sostanziali dell’evoluzione della Les Paul fino a tracciarne un possibile futuro.

Guardando la Future Tribute non si resta disorientati a causa di soluzioni tecniche astruse e spaziali, sintomo del fatto che la Les Paul forse è più moderna di quanto si possa pensare. Per aggiornarla bastano pochi ritocchi, quasi invisibili. L’idea di fondo è quella di catapultare un progetto degli anni ’50 nel ventunesimo secolo senza stravolgerlo come nel caso della Dusk Tiger.

Gibson Les Paul Tribute from the Future

Il body è in mogano con top in acero e nasconde delle camere tonali per migliorare la risonanza ma soprattutto per rendere più facile la vita alle spalle del chitarrista. Le colorazioni disponibili sono quattro: Goldtop, Vintage Sunburst, Wine Red ed Ebony. Il ponte è un Tune-o-matic e l'elettronica è offerta dal doppio humbucker zebrato con manopole in metallo cromate.
Fino a qui nulla di estremo, anzi pare di avere tra le mani una vera Les Paul fatta e finita. Scorrendo il manico fino alla paletta però compare quella che all’occhio è forse la cosa più appariscente. Al posto delle meccaniche tradizionali troviamo le Steinberger Gearless, un sistema che stravolge completamente il funzionamento delle normali chiavette. Prevede infatti che la corda sia tirata trasversalmente rispetto alla paletta anziché arrotolata intorno all’alberello, da qui il nome gearless. Purtroppo, se così si può dire, non abbiamo potuto testare le Steinberger perché la chitarra in prova era dotata delle ancora più avveniristiche meccaniche robotiche Min-eTune. In tutto e per tutto simili a quelle standard, ma completamente automatiche, queste meccaniche sono state recensite a fondo già qui su Accordo.it. Grazie quindi anche il sistema Min-eTune l’aspetto della Future è ancora meno eccentrico.

A questo punto è lecito chiedersi cosa rende questa Les Paul un prodotto del futuro, ma per capirlo bisogna imbracciarla e collegarla all’amplificatore.
Subito notiamo che il manico offre un comfort superiore ad altre Les Paul che abbiamo avuto tra le mani. Certo, il profilo 60’s è già di per sé molto comodo, ma qualcosa non ci convince ancora. Muovendosi su e giù per la tastiera a 22 tasti notiamo che in ogni posizione tutto è perfetto, comodo, non si fatica mai a suonare qualsiasi genere di accordo. Una rapida occhiata alla scheda tecnica ed ecco svelato il segreto: il mogano è stato sagomato in maniera asimmetrica fino a creare il nuovo profilo basato sul thin 60’s.
I tasti rifiniti con il sistema Plek, che si è occupato anche della realizzazione del capotasto in black Corian, completano la sensazione di totale ergonomia e comodità.


Diamo due pennate con un clean sound partendo dal pickup al manico, un ’57 Classic che ci mette subito a nostro agio. Suono caldo, corposo e ricco di basse, proprio quello che ci si aspetterebbe da una Les Paul di razza. Le controverse camere tonali probabilmente influenzano un po' la ricchezza in frequenze del pickup, rendendo il suono un poco più morbido.
Spostandoci sul pickup al ponte, un ’57 Plus leggermente sovravvolto, la situazione cambia radicalmente. Il suono si fa aggressivo, anche se è ancora settato su un tono clean, l’amplificatore fatica a restare veramente cristallino e inizia a mostrare i primi chiari sintomi di crunchite.
Alziamo il guadagno per mettere la Les Paul a suo agio. Torniamo in posizione uno per gustarci qualche ritmica non troppo cattiva. Il suono resta rotondo, stranamente aggraziato. Le basse sono un filo troppo persistenti, ma nulla di irrecuperabile direttamente dall’amplificatore. Il pickup al ponte regala grandi soddisfazioni, con l’output più generoso e le alte belle in evidenza rende anche il crunch non esasperato, cattivo a sufficienza per lanciarsi nei primi assolo, ma è con il gain al massimo che le pareti iniziano a vibrare. In fondo la Les Paul resta una macchina da rock e anche la Future non è da meno. Cattiva al punto giusto, in qualsiasi posizione si metta il selettore quello che otterremo è un lead di tutto rispetto, aggressivo ma mai zanzaroso.


Quella in prova è una Les Paul che all’apparenza di futuristico ha poco, ma che nella realtà risulta un aggiornamento ottimale del progetto originale di Lester Polfuss. Qualche dettaglio al posto giusto e un prezzo tutto sommato abbordabile anche con le meccaniche robotiche. Ora non ci resta che separarci da questo bel pezzo di mogano per lasciarlo nelle mani dell’Accordiano scrapgtr, che ci auguriamo lo recensirà al più presto aggiungendo anche le sue impressioni al giudizio finale.
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