Leggo spesso la versione on line del Corriere della Sera.
Oggi una notizia mi fa tornare su delle riflessioni che avevo già fatto.
Protagonisti due bambini, due innocenti, due figli come i miei o come i vostri.
La madre è una martire: si è fatta saltare per aria nel 2004 al posto di confine tra Gaza e Israele.
E con la sua deflagrazione ha ucciso cinque persone.
La Tv palestinese Al Aqsa diffonde un' intervista ai bambini della madre "kamikaze" in cui un giornalista li invita a recitare poesie che inneggiano al martirio.
" ...definiscono la loro mamma «una bomba di fuoco». I piccoli sorridono, ovviamente non si rendono conto del significato delle parole, sembra che giochino."
La madre si chiamava Rim Al Riyashi.
L’azione suicida è vista come un gesto positivo, come qualcosa di naturale. E colpisce vedere come i figli di Rim siano in grado di dire quanti «ebrei ha ucciso» la madre.
In passato a Hebron o Nablus, città palestinesi dalle quali sono partiti molti kamikaze, si vendono figurine con i volti dei «martiri»: dal semplice guerrigliero all’uomo bomba. Una degli effetti più devastanti dell’intifada è stato quello di alimentare nella società palestinese la cultura della morte e del martirio. Una realtà abilmente sfruttata da gruppi come Hamas o la Jihad per spingere altri seguaci sulla sua stessa via. A prescidere dalla loro età. In nome della causa si può sacrificare una donna come un bimbo.
Ho pensato per un bel po' cercando di trovare un senso a tutto ciò, ma non ci riesco proprio.
Penso a quella mamma...che è uscita di casa per andare a farsi saltar per aria: avrà pensato almeno per un attimo ai suoi figli?
Come possiamo giudicare il suo gesto? Sarà una martire o solo il gesto di una determinata convinzione,che il corso degli eventi promuoverà o dimenticherà per sempre?
Nella follia delirante di questa guerriglia fratricida esiste ancora un barlume ...di speranza?
Io al mattino accarezzo i miei figli che stanno ancora dormendo ed ho tanta voglia di tornare a casa per rivederli ancora.
Che razza di cultura è quella della violenza?
E' una spirale senza fine di offese e di vendette, in cui non si bada a mezze misure, in cui si è disposti a
sacrificare sè stessi ed i propri figli.
E le missioni di "pace" in quei territori a cosa servono se sono fatte da soldati armati?
Uomini, professionisti della guerra che portano altra violenza dove ce n'è già da vendere.
Sono queste le cose che noi occidentali vogliamo insegnare agli altri? Mi sembra che se la stanno cavando
benissimo da soli.
Morire senza avere da mangiare è una realtà tremenda sul nostro pianeta, ma morire per la "cultura del martirio" è una scelta senza speranze per il futuro.
Non è una scelta facile e molte volte è una scelta obbligata, me ne rendo conto.
Speriamo che qualcuno spezzi "la catena" e cambi qualcosa, non c'è altro...sperare...