di svalvolman [user #23788] - pubblicato il 07 giugno 2011 ore 14:48
Al diavolo l' articolo! Sono un popolano io! E sia!
In questo post/articolo voglio mettere a disposizione di tutti la mia personale versione di una delle modifiche forse più richieste in assoluto: l' implementazione del MASTER VOLUME su ampli “plexi-jtm-jmp”. Ideale da implementare su testate vintage, in modo da sfruttare tutta la loro magnifica sonorità anche alle prove della band, per suonare a casa o nei piccoli club senza essere arrestati o rovinarsi i timpani.
Una strana ed apparentemente insensata inversione di marcia, rispetto al precedente articolo: prima un provocatorio booster con il quale tirare il collo all' ampli e dopo un “accrocchio” per domarlo. Tuttavia l' idea di pubblicare anche, per così dire, l' operazione inversa, l' esatto opposto, non è poi così fuoriluogo, essendo presenti contemporaneamente chitarristi che vogliono il sangue dagli amplificatori (senza lagnarsi degli inevitabili effetti collaterali) e poi altri che desiderano invece tutto il suono vero, presente e caratteristico offerto da essi , sì, ma controllato nel volume.
Infatti la stragrande maggioranza dei possessori di una tipologia di ampli stile plexi, sono spesso scoraggiati da usarli liberalmente, per via della loro natura esageratamente “chiassosa”: la distorsione, seppur bellissima e molto caratteristica, va' di pari passo col loro volume! E “tirare a cannone” uno o più Marshall Super Lead da 50 o 100W non è cosa facilmente fattibile quando si suona a casa o in giro.
Con la presente, scoprirete quanto questa customizzazione sia interessante ed, in realtà, concettualmente, facile da fare.
Naturalmente, però, la semplicità non deve trarre in inganno. Con gli ampli valvolari, soprattutto se vintage (e di qualcun’ altro), bisogna sempre sapere quello che si stà facendo: anche un banale errore può costare veramente caro (un trasformatore d’ uscita originale d’ epoca non è facilmente reperibile e, anche a trovarlo, costerebbe un patrimonio). A lavorare per se e, ancor di più, per un privato, su apparecchi vintage, così quotati e prestigiosi, il grosso del lavoro è la grande responsabilità di cui ci si prende carico.
Morale della favola: Quando si idea e si progetta un’ operazione di customizzazione, non sono i componenti a fare prezzi e classifiche di difficoltà o di valore tecnico. Anche un insieme di sei soli componenti, richiede conoscenze, tempo e studio per poter garantire al lavoro pensato e svolto sugli apparecchi affidati, le tre finalità più importanti: perfetta integrazione con essi , affidabilità completa, totale compatibilità sonora.
Dando uno sguardo allo schema 1, preso come esempio, si evince che fondamentalmente la sezione pre di un plexi, riferendosi al guadagno, è abbastanza minimale: solo due stadi in cascata per ingresso, ai quali segue, poi, lo stadio sfasatore con interposto in mezzo uno stack toni.
Generalmente la cosa più ovvia che verrebbe in mente di fare, sarebbe quella di inserire un potenziometro tra l' uscita del controllo TREBLE ed il condensatore di accoppiamento della valvola “phase splitter” (cerchio BLU 1).
In effetti, potrebbe anche andar bene, però non si otterrebbe di più che un suono clean sporco, abbastanza lontano dal celeberrimo suono “plexi style”.
Personalmente ritengo (e qui è la vera differenza, semplice ma sostanziale, rispetto allo standard delle modifiche “Master Volume” offerte in generale dagli addetti ai lavori) molto meglio inserire il controllo Master tra le USCITE DELLA VALVOLA SFASATRICE E LE FINALI; forse non tutti sanno che, in realtà, la saturazione tipica (in termini di distorsione armonica) di un amplificatore plexi ha un modesto apporto da parte del finale (più che altro è compressione) e molto, invece, dalla parte sfasatrice...
Naturalmente a volumi bassi, anche con la presente modifica non possiamo certo pretendere di ottenere la stessa impronta d' impatto sonoro che avremmo a 100 Watt tirati a manetta (anche per via del diverso comportamento fisiologico di orecchie e corde dello strumento. In particolare per queste ultime l' elevata pressione sonora permette di gestire diversamente il soustain, il feedback ed affini).
Però la sonorità, seppur un pochino impoverita, manterrà comunque un carattere molto similare all' originale “tirato a chiodo” e, cosa molto importante, ci permetterà di ridurre ai minimi termini l' impiego invasivo di overdrive a monte dell' amplificatore, altrimenti indispensabile.
Aggiungendo ad un amplificatore “plexi style” un controllo MASTER VOLUME, come si può ben intuire, i due volumi originali avranno funzione di controllo GAIN, mentre il Master aggiunto da noi, servirà a gestire la spinta, la potenza finale offerta ai diffusori.
Nel cerchio ROSSO 2 è selezionata la zona circuitale interessata alla modifica qui proposta.
Nel secondo e terzo schema, invece, sono rappresentati rispettivamente: il lavoro di preparazione sull’ ampli ed il layout inerente alla modifica per eseguirne la corretta integrazione all' interno dell' apparecchio.
Semplice e Francescano, basta un potenziometro doppio da 500K Ohm e 4 resistenze da ½ Watt, il cui compito è solo quello di evitare l' istantanea cottura di valvole finali e trasformatore d'uscita nel caso il potenziometro “Master Vol” andasse in avaria o si danneggiasse. Una finezza (leggi cautela), questa, assolutamente indispensabile, visto che, unitamente al segnale audio, purtroppo abbiamo anche a che fare con la tensione di polarizzazione dei tubi di potenza (BIAS).
In effetti, il potenziometro doppio e le relative altre 4 resistenze, prendono il posto delle 2 resistenze cosiddette di “fuga” da 220KΩ originali, presenti sulle griglie di controllo delle EL34.
Semplice, ma non banale o scontato. Comunque molto importante.
Come mio solito, non mi sono accontentato di fermarmi qui: ho voluto aggiungere una chicca ancora più personale che esula dallo standard delle modifiche di tale natura, offerte dagli addetti ai lavori.
Basterà aggiungere ai pochi componenti poc’anzi citati, un doppio deviatore a levetta, due resistenze da 2,2 M Ohm ½ Watt, due resistenze da 4,7K Ohm ½ Watt (nel caso di un ampli da 100 watt; consiglio 10K Ohm ½ Watt per le versioni da 50 Watt) e due diodi al silicio del tipo 1N4007 (meglio se UF o FUF 4007). Ecco lo schema:
Qual’ è lo scopo di questa seconda implementazione? Due parole sul comportamento di un amplificatore push-pull valvolare in regime dinamico aiuteranno a chiarire le idee.
Generalmente, le griglie di controllo dei tubi finali, vengono polarizzate con una tensione statica -di riposo- NEGATIVA (il solito BIAS). Applicando, unitamente a questa tensione, il segnale audio da amplificare, il potenziale statico diventa dinamico; in pratica viene modulato e si sposta verso valori più alti o più bassi rispetto alle condizioni di riposo.
In nessun caso, tuttavia, il minimo valore supera lo 0 Volt, limite massimo oltre il quale compare la nostra distorsione armonica (siamo alla massima potenza dell' amplificatore. Oltre vi è per lo più compressione e distorsione).
Le griglie delle valvole finali, quando sono polarizzate con tensioni negative, non richiedono energia di pilotaggio (in realtà ne richiedono, ma solo per via delle capacità interelettrodiche parassite, che devono essere caricate e scaricate. Quì entra in ballo lo “slaw rate”, che però esula dalla nostra trattazione).
C’è un fenomeno, però, che sopravviene quando le griglie di controllo si trovano ad un livello di potenziale prossimo a 0 Volt oppure che vorrebbe diventare più positivo: Le stesse cominciano a condurre sensibilmente, comportandosi come dei diodi rettificatori verso il loro catodo. Cominciano a richiedere, quindi, energia dalle uscite del tubo sfasatore.
Dal loro canto, i condensatori di accoppiamento valvola sfasatrice-valvole finali, trovandosi nel mezzo, come parte integrante di una maglia rettificatrice, cominciano a caricarsi negativamente, portando la tensione statica di bias, via via verso valori più alti (negativamente parlando).
Accade per cui che oltre il limite massimo di potenza dell’ ampli prevista progettualmente, cominciano ad emergere distorsione armonica, distorsione d’ incrocio (meglio nota come distorsione da “cross-over”) ed un effetto di compressione sul suono, direttamente proporzionali all’ entità del sovrapilotaggio.
Il fenomeno, quindi, purtroppo si ottiene solo in prossimità e/o superando la massima potenza dell’ ampli. Questa sottile e particolare interazione contribuisce attivamente al suono finale del nostro plexi e per ottenerla, ci si deve affidare per forza ad un attenuatore di potenza, con tutti i suoi pro e contro!
Grazie ai pochi componenti in aggiunta citati sopra, però, è possibile simulare anche a bassissimi volumi il fenomeno appena spiegato. L' effetto che si ottiene sul suono, è un increspamento delle armoniche, che rende lo stesso più compresso e più arrabbiato. Più sporco.
Spostando lo switch verso “Virtual clip” si ottiene anche un attacco abbastanza violento ed un calo di volume, rispetto alla posizione “Normal” (basterà alzare-ritoccare un po' il controllo Master Volume per ovviare alla cosa. Tanto, ve ne accorgerete eccome, la riserva di segnale a monte del controllo è assolutamente esuberante).
L' ampli così modificato potrà vivere una seconda vita, tutta a vantaggio della nostra salute e della sua (minore volume=minore usura delle finali). Potremo finalmente usufruire di tutto il poderoso ruggito, di tutta la granitica sonorità vintage da esso offerta in ogni occasione. E a qualsiasi volume.
Personalmente, ho eseguito questo lavoro su una testa Marshall JMP da 50 Watt del 1973 (l' ho riparata e ripristinata da vecchi lavori oscuri alle specifiche vintage dell' epoca) ed il risultato è stato eccezionale. Il proprietario è stato folgorato dal risultato. Se solo avessimo avuto tra le mani una SG del '68...
La sua soddisfazione è stata talmente evidente che mi ha affidato subito anche l' altra testa JMP Super Lead 100W del '78.
Potere alla musica e alla fantasia!
Per coinvolgere anche voi in queste emozioni, ho registrato con il mio fedelissimo Zoom H2 (posto a circa 1m ed all' altezza dei coni), le prove fatte col proprietario degli ampli nel suo locale (suona lui). La testa in prova è la JMT del ’73. Non si tratta di veri e propri sample, in quanto la cosa non era affatto preparata. Tuttavia, ascoltando, si può benissimo capire il suono di questo genere di ampli così modificati, averne un' idea.
Ovviamente non potevo evitare di tirare in ballo anche il nostro mehari che, oltre a provare l’ ampli, ha scattato anche le belle foto che potete ammirare.
La chitarre usate sono delle Stratocaster degli anni '70: Una è una copia del modello usato da Malmsteen (tastiera in acero), l' altra richiama quella di Ritchie Blackmore (tastiera in palissandro). Entrambe hanno la tastiera scalloppata. I volumi sono abbastanza bassi, tanto che in alcuni punti si può sentire il suono del plettro che pizzica le corde.