Ieri pomeriggio ho trovato un po’ di tempo per fare la prova di un set di corde “prototipo”, ovvero un primo tentativo, da parte di un produttore italiano da me stimolato, di mettere a punto una concorrenza a quella che è la mia corda preferita sulle archtop (Tomastik Infeld “Be Bop”, corde “jazz” round wound).
Vi sarà facile immaginare quale sia stata la predisposizione mentale ed auricolare che ha pervaso l’appassionato (io) in un tale contesto. Con la massima attenzione ho eseguito alcune cose semplici con la fida L-5 concentrandomi soprattutto sull’analisi e memorizzazione dei caratteri più importanti del suono, ovvero timbro, attacco e decadimento (o sustain che dir si voglia) delle singole corde, il loro bilanciamento (ovvero la coerenza timbrica e di volume tra corde adiacenti), tanto nei passaggi a note singole quanto nell’intelligibilità degli accordi. Il tutto da trasportarsi su per la tastiera, e con lo strumento unplugged, prima, ed amplificato poi (con alcune verifiche, come se non bastasse, dell’azione della manopolina chiamata “tone”). La cosa pare sovrumana, ma in realtà quando si opera con un’accoppiata strumento/corde collaudata da un paio di anni si riduce ad una maggior attenzione analitica.
Il tutto per poi montare il più velocemente possibile le nuove corde e ripetere le semplici operazioni di “suonaggio” da confrontare con il propri vivi ricordi.
I due set di corde differivano tra di loro in modo evidente, tra l’altro, per il bilanciamento. Un set mostrava evidenti differenze timbriche, l’altro con passaggi molto più graduali, specie nel “punto critico” tra corda rivestita e piana (nel caso tra 4a e 3a corda, ovvero tra re e sol). Nel metter giù alcuni appunti per fissare la cosa, in attesa di verificare il comportamento nel tempo del nuovo set, mi sono trovato in merito al bilanciamento davanti al classico bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Infatti, se da un verso un miglior bilanciamento permette frasi più omogenee, specie in temi lenti, dall’altro si perde quel connubio [nota grave/corposa e ovattata] verso [nota acuta/sottile e squillante] che accentua il senso dinamico in frasi (veloci) a salire e/o scendere agendo di sinistra perpendicolarmente alle corde (o, se preferite, nell’ambito di un “box”).
Mi chiedo, a questo punto, essendo la descritta caratteristica assolutamente di gusto personale, se esista una preferenza condivisa (nei miei ricordi di statistica farebbe “modale”) tra i chitarristi acustici e/o "da clean". Avete dei pensieri in merito?