di Denis Buratto [user #16167] - pubblicato il 13 dicembre 2012 ore 07:30
Completiamo la carrellata dei pedali Soundsation progettati in collaborazione con Frenexport, importatore italiano del marchio cinese. Questa volta è toccato al Manhattan Chorus passare tra le grinfie di Michele Quaini.
Dici chorus, dici analogico, dici Small Clone. Quello che ci troviamo tra le mani è un progetto nuovo nato dalla collaborazione tra Soundsation e Frenexport, ma dalla sonorità si capisce chiaramente che il pedale è ispirato all’ormai leggendario Electro Harmonix.
Come per gli altri pedali Soundsation, con il Manhattan è stato scelto, oltre al nome di un cocktail, di affidarsi a una grafica scarna e semplice. Una serigrafia gialla e due manopole, leggermente relic, si abbinano alla perfezione con il look grezzo dello chassis in alluminio non verniciato.
Il chorus è molto semplice da utilizzare con i due potenziometri si controllano i valori di speed e depth. Con il primo controlliamo la velocità di modulazione, mentre con il secondo agiamo sulla profondità. Inutile dilungarsi molto in altri dettagli tecnici e andiamo subito a sentire come suona questo colorato e super economico chorus.
Collegato tra chitarra e amplificatore, verifichiamo per prima cosa l’effettiva trasparenza del true bypass. Nessun pop all’attivazione né rumore di fondo, un buon inizio.
Spesso il problema che affligge molti chorus economici è l’eccessiva perdita di frequenze acute una volta attivati, difetto che affliggeva anche la prima versione Nano dello Small Clone. Questo, che sembra ininfluente quando si suona da soli, è pressoché devastante quando si è in compagnia. Appena si accende il chorus pronti a eseguire un bell’arpeggio dal sapore 80's, per incanto si sparisce dal mix, che nemmeno lo Stregatto di Alice in Wonderland saprebbe far meglio.
A quanto pare il Manhattan da questo difetto prende accuratamente le distanze, altro sintomo di buona qualità, o perlomeno di un buon progetto alle spalle.
Cominciamo a giocare con i controlli e settiamo quasi al minimo speed e depth. Quello che otteniamo è un suono appena fluttuante, quasi impercettibile, comunque già in grado di dare un po’ più di corpo alle note, ma proseguiamo.
Potenziometri a ore nove, e quello che sentiamo inizia davvero a piacerci. La spazio intorno ai nostri arpeggi si amplia, è un chorus e fa il suo sporco dovere fino in fondo.
Ancora un colpetto a speed e depth e siamo calciati dritti dritti negli anni '80. Quello che si ottiene, soprattutto se aggiungiamo un po’ di distorsione e tagliamo un po’ di basse, è il suono che ha inciso chilometri e chilometri di piste su dischi di vinile e su nastro magnetico. Bello tagliente, un poco sferragliante. Niente paura però, basta tornare al pulito e rimettere i bassi al loro posto per avere un perfetto tappeto da ballata pop dei giorni nostri.
Vogliamo spingerci al limite, per giocare un po’ con questo Manhattan. Potenziometri a cannone e qualche fraseggio cromatico, per divertirsi un po’ come farebbe Guthrie Govan, anche se lui ci butterebbe sicuramente dentro qualche nota in più.
Giunti a questo punto non ci resta che lasciarvi alla video recensione multimediale con Michele Quaini che si è divertito per una buona mezz’ora con il Manhattan Chorus, un pedale dal rapporto qualità-prezzo strepitoso. Con meno di cinquanta euro ci si può portare a casa un valido chorus dall’ottima pasta e che non divora nessuna preziosa frequenza. Difficile volere di più!