di paoloanessi [user #32554] - pubblicato il 07 giugno 2013 ore 07:15
Dal '32 al '64 - anno della sua morte - John D'Angelico realizzò circa 35 strumenti all'anno considerati degli Stradivari della archtop, quanto a perfezione costruttiva e qualità sonora. Modelli di punta nel catalogo D'Angelico sono stati la New Yorker e la Excel, protagonista di questo articolo in una splendida versione del 1942.
Dal '32 al '64 - anno della sua morte - John D'Angelico realizzò circa 35 strumenti all'anno considerati degli Stradivari della archtop, quanto a perfezione costruttiva e qualità sonora. Modelli di punta nel catalogo D'Angelico sono stati la New Yorker e la Excel, protagonista di questo articolo in una splendida versione del 1942.
Di assoluto prim'ordine la produzione D'Angelico, accurata nella scelta dei legnami non solo a livello estetico: John, picchiando sulle tavole di legno grezzo, dal suono riusciva a intuire come avrebbero preso vita gli strumenti. Non di minor importanza le impressionanti finiture, leggermente ridotte sulla Excel rispetto alla più ricca New Yorker. In questo modello, il binding a sette strati è infatti presente solo intorno alla cassa, mentre sul profilo di manico e paletta è a "soli" tre strati. Resta comunque un lavoro paragonabile a quello di un orafo o comunque a quello di un intagliatore ebanista. L'inconfondibile paletta arzigogolata, marchio di fabbrica del liutaio di New York, ha un profilo nella parte superiore che la rende unica sopratutto per l'incastonatura in ottone e il binding che segue perfettamente tutto il perimetro. La cassa in acero con top di abete finissimo misura 17", i tasti sono venti, piuttosto piccoli e anche un po' scomodi. La tastiera è in ebano e leggermente bombata, il profilo del manico è decisamente grosso e impegnativo. S'intuisce facilmente che è uno strumento concepito per l'accompagnamento. Il battipenna in tartaruga riprende il profilo della paletta e delle meccaniche, il tutto a ricordare lo skyline del Empire State Building.
Questi strumenti, detti anche chitarre “cello”, “orchestra”, o”f-hole” (con taglia “f”), vennero alla ribalta negli anni ‘20, quando la forza crescente ed esaltante del jazz stava conducendo la Big Band Era a pieno ritmo. Le chitarre folk e classiche con corde di budello non soddisfacevano tali esigenze di sonorità, pertanto questi musicisti si rivolsero ai nuovi modelli con corde metalliche e cassa arcuata. La differenza fondamentale tra un'acustica arch-top e una flat-top sta nella costruzione della cassa. Tradizionalmente, la tavola e il fondo di una arch-top erano intagliati da pezzi di legno solidi e massicci, una tecnica che consente una arcuatura, o “profilo”, molto più ampia rispetto alle flat-top. Il ponte mobile stesso non è incollato alla tavola, ma è mantenuto in loco semplicemente dalla pressione delle corde.
All'inizio, alcuni modelli di chitarra a cassa arcuata avevano buche tonde o ovali. Ma, seguendo l'esempio delle Gibson L5, la maggior parte dei costruttori preferì il nuovo modello con tagli a “f”, un'altra caratteristica presa in prestito dal violino. Tutte le arch-top hanno un sistema di raggiere interne più semplice di quello delle flat-top di tipo folk, ciò perché richiedono meno rinforzi. La forma arcuata della tavola le rende intrinsecamente più robuste e, in secondo luogo, le corde sono fissate al bottom block (sciocchetta) tramite la cordiera, non alla tavola tramite il ponte. Tutto ciò permette alla tavola armonica di vibrare come la pelle di un tamburo, producendo un volume quasi innaturale nella concezione che abbiamo di chitarra non amplificata. Infatti non si smentisce questa fantastica Excel, dal volume generoso su tutte le note ditteggiate. Le linee a note singole escono forti e chiare. Passando per piccoli accordi fino a suonare tutte e sei le corde, il suono reagisce rapidissimo. Indubbiamente una sovrabbondanza di frequenze medio acute delinea uno strumento che, per essere apprezzato appieno, andrebbe inserito nel sound da big band, ma anche in versione nuda e cruda lascia a bocca aperta per la ricchezza di armoniche e per un timbro dal forte carattere, oltre ovviamente al volume quasi imbarazzante e ingestibile.
Un particolare non da poco mi ha fatto riflettere: la Excel in prova ha il retro del manico letteralmente consumato in corrispondenza dei primi cinque tasti, e per consumato non intendo solo la vernice, ma il legno è scavato di almeno un paio di millimetri dove solitamente si appoggia il pollice.
Si ringrazia il sig. Massimo Raccosta per aver messo a disposizione questa storica chitarra. Provarla è stata la realizzazione di un altro sogno.