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Bogner Uberschall Pedal: terremoto e tragedia
Bogner Uberschall Pedal: terremoto e tragedia
di [user #16167] - pubblicato il

Chi ha mai provato una testata Bogner Uberschall saprà di certo quanta cattiveria è in grado di generare. Tutta la potenza ora è racchiusa in una scatoletta di metallo 25x15, che a stento riesce a contenerla.
Chi ha mai provato una testata Uberschall, assemblata pezzo dopo pezzo dai tecnici Bogner in California, saprà di certo quanta cattiveria è in grado di generare. I possessori dell'ampli probabilmente hanno dovuto ingrossare le pareti di casa per evitare sommosse popolari. Ecco, tutta la potenza ora è racchiusa in una scatoletta di metallo 25x15, che a stento riesce a contenerla.

Con il suo look total black, l’Uberschall è decisamente più semplice rispetto ai pedali Ecstasy Blue e Red, ricchi di di switch e funzionalità. Il perfetto metal sound non necessita quasi mai di sfumature precise, pennellate di colore e armonici ricercati. Un savage, face-melting, high-gain, come recita il sito ufficiale dell'azienda californiana, spesso è più che sufficiente.

Reinhold Bogner non ci ha pensato su due volte e, dopo aver creato l’amplificatore in grado di metter paura a Mesa e Marshall nel circolo dell’heavy metal, ha pensato bene di trasformarlo in uno stompbox da inserire in ogni setup, trasformando anche il più tranquillo equipaggiamento in una bomba a orologeria.

Il pannello dispone di controlli di volume, gain e di tre potenziometri dedicati all’equalizzazione di bassi, medi e alti, niente più. C'è giusto il boost attivabile via footswitch con volume dedicato per bucare il mix durante gli assolo, una funzione importantissima per un pedale che si propone anche come preamplificatore.

Bogner Uberschall Pedal: terremoto e tragedia

Già prima di collegarlo tra amplificatore e chitarra, immaginavamo già che l’Uberschall sarebbe stato una brutta bestia da controllare, l’alter ego cattivo degli Ecstasy Red & Blue, un po’ come Venom per Spiderman (ci siamo anche con i colori, in effetti).
Abbiamo voluto lo stesso provare a iniziare con la manopola del gain quasi chiusa. Il risultato che pensavamo scontato ci ha in realtà sorpreso. Pur trovandoci davanti a un pedale heavy gain, si riesce a ottenere un crunch credibile, un filo privo di medie e sempre pronto a spingersi più in su verso suoni più metal.
Pretendere il suono caldo e cremoso del Blue sarebbe però stupido, e quindi con una Les Paul ben equipaggiata a tracolla cominciamo ad alzare il guadagno.
Il face-melting si avvicina. Il suono, aprendo un poco gli alti, risulta subito perfetto per qualche ritmica in stile Iron Maiden. La potenza del Bogner sostiene sempre il palm muting e non lascia mai sorpresi anche nelle plettrate più veloci. Granitico è dire poco, ma siamo ancora a metà corsa, abbiamo ancora molto da scoprire. Una ritoccata ancora all’equalizzazione per togliere l’eccessiva brillantezza sulle alte, Van Halen ci fa l’occhiolino. Il sound diventa aggressivo oltre misura, la cosa che lascia piacevolmente sorpresi è però l’estrema intelligibilità delle note suonate. Ogni accordo, anche con corde a vuoto, rimane sempre chiaro e cristallino, ma potente come un colpo di cannone.

Sempre se si ha il coraggio, si può attivare il boost. Ci aspettavamo una vera fucilata, in effetti i cinque stadi di gain stuzzicati dal boost aiutano non poco a sentire la chitarra ancora più in faccia, ma non trasformano l’Uberschall in una fiala di nitroglicerina pronta a scoppiare.

Il Bogner si rivela un distorsore totale, estremo, forse non dinamico all’inverosimile ma tutto sommato sempre gestibile. Certo, per portarselo a casa bisogna sborsare una cifra all’apparenza poco abbordabile, ma basterà farci un giro di prova per capire che vale ogni centesimo di quel che costa. Vi lasciamo ora alla video recensione di Michele Quaini con la sua Gold Top.


Bogner è distribuito da Aramini.

Bogner Uberschall Pedal: terremoto e tragedia
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Ecstasy Blue e Red
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