di giafete [user #7541] - pubblicato il 12 ottobre 2013 ore 15:00
Non è raro che, dopo giorni spesi a costruire il suono, ci si trovi poi sul palco con un timbro insoddisfacente. Pensare che la catena del suono va oltre l'ampli può aiutare a godere e far godere del proprio suono in ogni situazione.
Non è raro che, dopo giorni spesi a costruire il suono, ci si trovi poi sul palco con un timbro insoddisfacente. Pensare che la catena del suono va oltre l'ampli può aiutare a godere e far godere del proprio suono in ogni situazione.
È incredibile quanta cura e ricerca ogni chitarrista impiega per migliorare e perfezionare il proprio suono, per rendere il risultato finale più vicino possibile a quello che ha in testa. Dalla cura della chitarra, i pickup, le corde, i cavi di quella marca perché sono migliori e rendono meglio di quelli comuni, i pedali con le sfumature più impensabili perché è più trasparente o più caldo, freddo, chiaro, scuro, l'ampli combo, testa, ibrido, due e tre canali, MIDI, altoparlanti più duri, vintage, modern e bla bla bla. Dall'altoparlante in poi, però, molti maniaci del suono terminano la loro meticolosa ricerca del best tone.
Il problema è che, a parte gli ascoltatori coinvolti nella band (che tra l'altro sono il più delle volte disinteressati al suono del chitarrista) e noi stessi, il pubblico live o l'ascoltatore del disco o registrazione che sia percepirà un suono che, nella stragrande maggioranza dei casi, sarà molto diverso da quello per cui l'impavido chitarrista ha speso la sua vita. Suoniamo quindi spesso solo per noi stessi non impegnandoci a far godere il nostro pubblico del nostro original sound e spesso ciò non ci interessa più di tanto, a parte la misera discussione della serie "i fonici sono solo elettricisti", oppure "metto lo Shure SM57, 58, 59 e 60 che sia, dritto, storto o a metà".
Che fare? Ovviamente la risposta non è semplice, ma sarebbe un passo avanti se nelle infinite discussioni di noi chitarristi in eterna ricerca del perfect tone ci si occupasse anche della catena "post-Celestion".
Il mercato offre molte soluzioni: dalle svariate combinazioni di microfoni e simulazioni ai vari Kemper di turno. Quello che conta è, credo, impegnarsi su questo fronte almeno quanto abbiamo fatto per la catena pre-Celestion (prima dell'altoparlante).
Un piccolo stratagemma per la sperimentazione: quando facciamo i suoni, proviamo almeno momentaneamente a spostare la cassa microfonata in un'altra stanza e ascoltare il suono nelle casse dell'impianto. Meglio sarebbe in una coppia di buoni monitor da studio. Vi assicuro che scoprirete grosse sorprese tipo "avevo un sacco di toni alti" oppure "il suono era medioso da morire".
Inoltre, questo piccolo impegno ci consentirebbe di avvicinare il suono a quello che uscirà dall'impianto del live. È chiaro che ogni service audio avrà il suo sound e ogni fonico la sua mano, però in questo modo gli forniremmo un set di suoni da stravolgere un po' meno in equalizzazione, sempre che non sia del tipo "alzo i fader del mixer lasciando tutto flat e sono cavoli tuoi, il suono che hai, hai".
Nota della Redazione: Accordo è un luogo che dà spazio alle idee di tutti, ma questo non implica la condivisione di ciò che viene scritto. Mettere a disposizione dei musicisti lo spazio per esprimersi può generare un confronto virtuoso di idee ed esperienza diverse, dando a tutti l'occasione per valutare meglio i temi trattati e costruirsi un'opinione autonoma.