di redazione [user #116] - pubblicato il 18 aprile 2017 ore 16:45
Get Loud è un contest per chitarristi dove le classiche sonorità rock,blues e funk - quelle più battute nelle jam session e nei concorsi- sembrano lasciate quasi di proposito alla porta, tradendo la volontà di spronare i partecipanti a misurarsi con linguaggi chitarristici più ricercati e moderni.
Get Loud è un concorso organizzato dall'accademia musicale Nam in collaborazione con Ibanez. L'idea alla base del contest è far salire in cattedra due dei più apprezzati chitarristi italiani Daniele Gregoline Ralph Salatiperchè confezionassero due brani che i partecipanti dovranno riarrangiare ed eseguire secondo la propria sensibilità musicale. Sul sito del concorso sono infatti presenti backing track e partiture, con indicate le sezioni dei brani che dovranno restare invariate e quelle che i chitarristi potranno riscrivere.
Quello che ha catturato la nostra attenzione è stata la complessità e modernità della scrittura dei due brani proposti. Quello di Salati perlustra scenari metal attualissimi, mentre quello di Gregolin stupisce per il piglio freschissimo con il quale passa dalla tradizione jazz, swing, manouche a digressioni rock fusion distorte e contemporanee.
Insomma, le classiche sonorità rock blues funk - che sono gli scenari più praticati nelle jam session o concorso - sembrano lasciate quasi di proposito alla porta, tradendo la volontà di spronare i partecipanti a misurarsi con linguaggi chitarristici più ricercati e moderni.
Abbiamo deciso di incontrare i due protaginisti di Get Loud per farci raccontare i brani scritti per il contest e approfittarne per una chiacchierata sulla didattica e i giovani chitarristi. Partiamo con Daniele Gregolin e rimandiamo, tra qualche settimana, l'incontro con Ralph Salati.
Daniele ci descrivi il tuo brano?
Sicuramente! “Minor Fugue” è un condensato di jazz e rock nel senso più ampio che i due termini possono contenere.
Proponendolo sono immaginato di essere dall’altra parte, quella del musicista che partecipa al contest. E mi è piaciuto pensare a quello che la natura di questo brano potrebbe permettermi di fare: cercare soluzioni originali, timbriche e stilistiche, avendo la possibilità di esprimermi in questi due generi apparentemente lontani, dove il timbro, la tecnica e linguaggio stilistico hanno un’ampia escursione.
Parlando di generi musicali, un insegnante di musica ha un ruolo duplice: insegnarli, inquadrandoli nelle loro coordinate stilistiche e – poi - spronare l’allievo ad andarne oltre le barriere, contaminandoli tra di loro…
Da professore, in NAM, cerco di spingere i giovani chitarristi a mettersi in gioco e considerare più aspetti della musica andando proprio oltre le barriere, senza rimanere chiusi in un genere o in uno stile, così da vedere e utilizzare tutti i colori che la musica offre, come un unico caleidoscopio dove far fluire la propria creatività.
Non è un percorso facile…
Nessuna barriera stilistica, la curiosità e un po’ di coraggio, sono i requisiti per far volare alta la creatività e l’immaginazione, la musica ha bisogno di questo! Anche se i generi esistono ed hanno la loro grammatica e la loro sintassi, le cose più interessanti che ascolto sono spesso quelle che non sono di razza pura, perciò sono convinto che i "bastardi" siano quelli che nella vita hanno una marcia in più!
Da questo punto di vista “Minor Fugue” è un esempio mirabile di contaminazione, jazz e rock. Ma lo sforzo di versatilità richiesto, per chi vuole ricalcare un approccio simile al tuo è notevole. Che suggerimenti ti senti di dare a chi ci vuole provare?
Notiamo in accademia Nam che la cosa più che manca ai giovani è l’ascolto storico e critico della musica, vengono a mancare conseguentemente le solide fondamenta su cui costruire la propria musica e poetica, oggi manca moltissimo l’ascolto dell’album intero, spesso i giovani studenti ascoltano qualche traccia di qualche artista per farsi un’idea generale. Ma come si fa a capire un libro leggendone un solo capitolo? Bisogna necessariamente tornare a leggere tanti libri e ascoltare tanti dischi interi, non brani sparsi su youtube, che è una biblioteca enorme e utilissima ma se non si sa dove e cosa cercare rimane un posto alquanto sterile e triste, che suggerisce la visione di video che "vanno di più" indipendentemente dal loro valore intrinseco. Purtroppo la buona musica non si riconosce sempre dalle visualizzazioni che ottiene!
Chi sono i dischi e gli artisti che possono ispirare in questo tipo di studio e ricerca?
I chitarristi che hanno dato un forte contributo allo sviluppo del linguaggio dello strumento sono tanti, posso suggerire l’ascolto generale di dischi che hanno coordinate spazio temporali lontane, la scelta è durissima ma a bruciapelo ti direi:
Wes Montgomery “The incredible Jazz Guitar Of Wes Montgomery”
Bill frisell “East/West live”
Richie Kotzen “The Inner Galactic Fusion Experience”
Django Reinhardt “Django in Rome” o una qualsiasi antologia
Charlie Parker “Bird & Orchestra”
Però ne ho lasciato indietro almeno un’altra cinquantina!
Che importanza ha la guida all’ascolto nella tua didattica?
In NAM ci sforziamo da anni di fornire agli studenti una discografia e una bibliografia scelta essenziale divisa per decennio e stile. Ascoltare attivamente vuol dire allargare il proprio giudizio critico e le proprie conoscenze, più si allargano le conoscenze e maggiori saranno le competenze e le possibilità che disponiamo per fare la nostra musica!
Parliamo ancora del tuo brano. La doppia anima, jazz e rock di “Minor Fugue” si riflette anche nelle due sonorità diversissime con le quali lo interpreti...
In “Minor Fugue” ci sono due suoni semplici: un pulito con pick up al manico e un lead distorto al ponte. La prova considera anche questa difficoltà, e cioè quella di trovare due suoni di natura molto differente con cui eseguire il brano al meglio!
Siccome parliamo di suono, come aiuti i tuoi allievi a trovare il proprio?
Ho lavorato anni come turnista e in produzioni televisive e riguardo a quest’argomento mi sento di dirti che le linee generali per ottenere un suono efficace è averlo in testa prima di ricercarlo faticosamente, spesso si è alla ricerca del Sacro Graal fatto pedale ma il suono è cosi personali che anche con strumentazioni diverse riusciremmo a riconoscere il tocco di un chitarrista, per questo prima di concentrarsi sul suono penserei alla musica, il suono è un vestito e se la forma è già ben presente, trovare il suono che si adatta diventa più facile, il suono potremmo considerarlo come ultimo anello della catena e non per questo il meno importante, anzi: il suono ideale è il “vestito" che si sceglie in base alla propria forma e al proprio gusto, non è necessario spendere molto per vestirsi in modo efficace oggi, gli abbinamenti e l’idea che si ha in testa sono il punto di partenza, oggi abbiamo strumenti veramente competitivi e qualitativamente superiori, in base al proprio tocco e alla propria immagine di suono bisogna scegliere lo strumento che fa per noi, non al pedale che “fa suonare meglio”. In linea generale il consiglio tecnico che sento di dare è quello di moderare il gain ma soprattutto l’uso di pick up troppo aggressivi che “schiacciano” il suono, ancor prima dei pedali, il pick up per me deve avere un’uscita non troppo alta.
Suoni questo brano con una semi acustica. Adottare un fraseggio rock così articolato e veloce su questa chitarra, tradizionalmente associata a un playing più tradizionale, quali vantaggi e quali svantaggi porta con sé a livello di suono ed esecuzione?
A livello di esecuzione posso dirti che questa Ibanez ha una tastiera davvero molto veloce e agile sia sui suoni distorti sia sui suoni puliti, utilizzo corde 0.12 con cantino 0.13, action piuttosto bassa, lo svantaggio è che i bending sono difficili se non quasi impossibili da suonare (con corde così grosse però) e il feedback sul suono distorto è sempre dietro l’angolo, avendo dei pick up così acustici e a bassa uscita però si può lasciare un po’ più basso il gain per ovviare facilmente a questo problema.
Lasciamoci con una dritta per i partecipanti al contest che sceglieranno “Minor Fugue”...Quali sono gli elementi tecnici ed espressivi che in particolare raccomandi di curare?
Sopratutto la dinamica, la timbrica e i silenzi, le piccole pause. Elementi che sono necessari quando ci sono tante note, altrimenti si rischia facilmente di soffocare l'esecuzione.
La tecnica è un mezzo prezioso con la quale possiamo esprimerci meglio, lo sappiamo, a condizione che la musica abbia sempre il suo vitale “respiro”, questo me lo ripeto ogni giorno perché è davvero facile suonare con le dita e non con la testa e il cuore.