Non necessariamente il valore di un didatta va di pari passo con il tenore della sua produzione artistica. Così come, non è detto che un grande artista sia necessariamente un didatta brillante. Ma non può lasciare indifferenti il fatto di mettere le mani su un metodo di batteria scritto da un musicista che ha diviso il palco e lo studio di registrazione con Miles Davis, Stan Getz, Dizzy Gillespy e tanti altri. Il curriculum di John Riley, autore di questo testo, è impressionante. E tra le pagine di questo volume sgorgano, in effetti, la passione, la sensibilità e l'esperienza di un musicista che ha vissuto da protagonista il jazz.
Riley dedica questo manuale allo studio dei grandi batteristi degli anni '60, musicisti che trascinavano il flusso musicale e ritmico delle performance come se fossero, anche loro, solisti all’interno della band.
Per spiegare il fiorire di questo nuovo battesimo John Riley si addentra in un avvincente approfondimento storico, indispensabile per cogliere le ragioni di quella rivoluzione stilistica e musicale. Tra il 1959 e i primissimi anni sessanta Miles Davis, Bill Evans e Ornette Coleman esploravano un modo più rilassato di organizzare la musica che offriva nuovi scenari esecutivi ai musicisti. La precedente scena Be- Bop, dove i solisti si cimentavano su cicli armonici serrati e complessi, relegava la sezione ritmica nelle gabbie rigide dell’accompagnamento.
Ora, invece, si esploravano strutture più libere. Spazi più dilatati e uniche modalità tonali, garantivano ai musicisti maggiore opportunità d’interazione. Così i solisti potevano sperimentare con fraseggi costruiti in contrappunto con le idee introdotte dalla sezione ritmica più libera di osare. La batteria, cominciava a contribuire in egual misura alla forma della musica, lanciandosi a sua volta in improvvisazioni solistiche.
Di pari passo con tutti questi cambiamenti formali e stilistici arrivava, sempre più importante, l'utilizzo di amplificazione che permetteva ai batteristi l’impiego di maggior volume e impeto esecutivo. Novità che mettevano questi musicisti in una posizione nuova con grandi responsabilità ma, al contempo, una nuova, enorme, ampiezza di possibilità espressive.
Con queste premesse Riley si addentra in un fitto e avvincente percorso di studio che tra una sconfinata moltitudine di esercizi non allenta mai la presa da un confronto diretto con i più grandi dischi di quel periodo. Così, per parlare per esempio di fraseggio in terzine, ci si confronta con l’ascolto delle registrazioni di Elvin Jones con il John Coltrane Quartet; o per parlare di Broken Time si rispolverano le registrazioni di Mel Lewis in Art Pepper + Eleven.
O, ancora, per raccontare quanto fossero intrepide e aggressive le sezioni ritmiche degli anni’60, ci si affida alle prodezze di Tony Williams con Miles Davis. Riley incanta quando racconta di come i batteristi, per stimolare i solisti, passavano dal tempo utilizzato nei temi a un portamento raddoppiato o dimezzato, facendo esplodere l’intensità della musica. E gli esercizi proposti acquistano un senso compiuto, finito che stimola e invoglia la pratica.
Il corredo di esempi audio di supporto agli esercizi è ricchissimo. E ci sono anche brani play along di ottima fattura, realizzati dall’autore per esercitarsi.
“Oltre la Batteria Bop” è un manuale eccellente che racconta un periodo della storia della musica tra i più creativi, dispensa preziosi studi di tecnica e fraseggio e fornisce una meravigliosa guida all’ascolto. Davvero uno dei migliori testi didattici che ci sia mai capitato di visionare.
“Oltre la Batteria Bop” è distribuito in Italia da
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