di Gianni Rojatti [user #17404] - pubblicato il 09 settembre 2020 ore 13:00
Hendrix, Clapton, Page, Van Halen sono i nomi di alcune delle icone del rock che hanno inventato la chitarra elettrica per come la conosciamo oggi. È vero però, che spesso dimentichiamo figure di alcuni musicisti italiani imprescindibili: Mussida, Radius, Battaglia e poi Portera o Solieri, giganti che per primi hanno codificato quel nuovo linguaggio elettrico portando quelle modalità sonore ed espressive nella nostra musica. Prima ancora di questi, c’è Pino Rucher chitarrista che negli anni sessanta ha suonato in centinaia tra dischi, colonne sonore, festival dispensando con classe, gusto e innovazione, sonorità che avrebbero influenzato il chitarrismo delle generazioni a seguire.
Rispetto ai chitarristi prima menzionati, Pino Rucher (1924-1996), è stato un chitarrista prevalentemente da studio, un session man che ha lavorato per la RAI e ha messo la sua sei corde al servizio di tantissimi compositori, diventando un nome di riferimento nella musica da film lavorando con Luis Bacalov, Gianni Ferrio, Benedetto Ghiglia, Ennio Morricone e Riz Ortolani.
È in particolare con Ennio Morricone che Rucher instaura un sodalizio artistico e professionale particolarmente fruttuoso e fortunato.
Morricone, che negli anni ha ricordato Rucher come un chitarrista preparatissimo e generoso, fu il primo compositore a intuire e sperimentare il potenziale della chitarra elettrica nella musica per film western, inventando un’estetica che avrebbe poi caratterizzato il genere. E fu proprio grazie all’elettrica di Pino Rucher che Morricone compì questo fortunato esperimento. È di Pino Rucher la magica sei corde solista di “Per Un Pugno di Dollari”.
Ma tra le musiche dei tanti film realizzati con Morricone, Rucher suona l’elettrica nella colonna sonora di una memorabile pellicola di Gianni Morandi, “In Ginocchio da te” il cui commento musicale ammiccante al jazz, tradisce la grande passione del chitarrista per il genere.
Il legame tra il chitarrista e il jazz nasce quando Rucher è ancora giovanissimo: negli anni della Liberazione, tra il 1943 e il 1946, Rucher è poco più che ventenne ma già si esibisce tra Napoli e Bari. La presenza delle truppe americane permette al giovane chitarrista di entrare nelle orchestre dell'esercito alleato. Qui può confrontarsi con musicisti eccellenti e contaminarsi con il jazz statunitense scoprendo un linguaggio e degli artisti di riferimento che gli garantiranno una freschezza, originalità e capacità musicali peculiari.
Pino Rucher, secondo sulla destra, al Festival di Sanremo del 1962 con Milva.
Rucher non abbandonerà mai la passione per il Jazz cimentandosi anche per suo diletto e missione didattica in centinaia di trascrizioni di chitarristi come Barney Kessel, Wes Montgomery, Joe Pass. Rucher riesce a portare i colori e la verve del jazz e dello swing nella grande musica pop italiana in cui in quegli anni lavora da protagonista. Basta ascoltare dei classici come “ “E se domani” o “Una zebra a poi” di Mina, oppure “Amore twist” di Rita Pavone, per assaporare l’estro di quella sei corde così vivace.
Ma la modernità di Rucher si palesa soprattutto nella ricerca sonora: nelle musiche scritte dal Maestro Ghiglia per il film "Un dollaro tra i denti" del 1966, il chitarrista sfoggia una sonorità crunch strabiliante per l’epoca, sfruttando le nuove possibilità offerte dal distorsore in contesti non necessariamente rock.
Ancora più stupefacente quello che la chitarra di Rucher fa nelle musiche del film “Femina Ridens” scritte dal Maestro Cipriani. Qui grazie al Wha Wha, Rucher esplora sonorità in bilico tra funk e psichedelia.
Grazie a Emiliano Ferri, niipote di Pino Rucher, che ci ha fornito queste preziose informazioni.
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