In questi mesi neri poche cose fanno male come la crisi che investe il settore della musica, degli eventi, dell’arte, degli spettacoli dal vivo. Ci sono preoccupazioni che diventano il dolore concreto di chi non sta lavorando e, soprattutto, non vede da parte di nessuno una strategia di soccorso, una logica da seguire per intravedere luce in fondo al tunnel.
Ma quello che fa più male è la sensazione che a attorno alle problematiche di questo settore graviti poco, se non nullo, interesse. Ci sono paradossi che bruciano: come quello dei concerti di questa estate mutilati nell’accesso di pubblico e martoriati dalle – legittime – mille attenzioni sanitarie che rendavano ancora più complesso il lavoro di tecnici, organizzatori, artisti. Difficoltà che si schiantavano però sulla visione degli assembramenti selvaggi della movida che, invece, in posti diversi poteva scatenarsi senza ritegno. E poi c’è una preoccupazione che diventa un dolore più sordo, insinuante e inquietante. Quello delle persone che iniziano a patire l’assenza e la lontananza dall’arte celebrata in una delle sue forme più alte e coinvolgenti: quella dell’esibizione in pubblico. Pubblico e artisti si consumano a vicenda nella lontananza reciproca. Ma se per il primo, il protrarsi di questa costrizione si traduce nella mancanza di arte - cibo per l’anima - per artisti, addetti ai lavori, professionisti del settore rischia di tradursi in una mancanza più disperata e materiale.
Per questo abbiamo deciso di dare voce e continuità all’iniziativa che lo scorso sabato 10 ottobre ha portato in Piazza Duomo a Milano 1300 rappresentanti del mondo degli eventi che la hanno ricoperto di 500 flightcase, quei bauli che trasportano strumenti, attrezzatura, cavi, luci, costumi e che oggi sono vuoti e fermi.
Da oggi iniziamo a ospitare voci autorevoli di questo settore: tecnici, imprenditori, musicisti, organizzatori per parlare di questo momento di crisi.
è fonico per MisterXservice. Ha cominciato la sua attività partendo da realtà locali in Friuli, sua regione di provenienza, per poi spostarsi a Verona, lavorando con Musicalbox Rent e quindi, arrivare a Milano. Ha lavorato in molti grandi festival italiani e all’estero. È fonico e tecnico audio residente presso l’Alcatraz di Milano e segue da anni come fonico di sala artisti come Ultimo, Jax, Negrita, Francesco Renga…
Davide, aiuta i lettori a capire quanto ampia è la fascia di figure professionali coinvolte da questa crisi…
Stiamo parlando di una quantità enorme di persone che gravitano attorno allo spettacolo: ad aiutare artisti, musicisti, ballerini, attori nelle performance live ci sono fonici di sala, fonici di palco, backliner, light designer, facchini che caricano, scaricano e movimentano il materiale, macchinisti, rigger per i lavori in quota, adatti al montaggio dei palchi, strutture, coperture, elettricisti, progettisti, direttori di produzione, addetti ai camerini, addetti alla sicurezza, addetti alla biglietteria, promoter, organizzatori eventi, camionisti, mulettisti, gruisti, operatori effetti pirotecnici, maschere, cuochi ed addetti ai catering, tour manager, operatori video, operatori camera, grafiche….ho reso l’idea? Poi esistono persone specializzate nell’ambito del teatro, altri che scelgono il broadcast o la tv, altri ancora il live touring…competenze simili ma specializzate in ambienti diversi che differenziano ancor di più le singole professioni e fanno arrivare a quasi 540.000 le persone che lavorano nell’industria dello spettacolo.
Quali ritieni siano le mancanze o leggerezze più gravi che il vostro settore ha patito?
Io credo che il problema più grave sia che il nostro in Italia non è considerato propriamente un lavoro: ci sono molte categorie e sottocategorie che non sono normate in maniera esaustiva. Esistono le cooperative che negli anni hanno cercato di tutelare le figure varie dello spettacolo, cercando di fare formazione, assistenza, regolarizzare contratti…ma c’è ancora troppa disomogeneità che fa si che agli occhi del governo siamo una realtà praticamente sconosciuta. Questa situazione ha insegnato che a fronte di una emergenza non esista una vera forma di tutela per il settore e bisognerà lavorare molto per dare importanza a queste figure sopraelencate perché poi tutte queste persone hanno la responsabilità del denaro che la gente spende per l’entertainment.
Ci fai un prospetto delle attività a cui, dalla scorsa primavera, hai dovuto rinunciare? Con che ripercussioni per te e le aziende con cui collabori?
Per me e la mia azienda il 2020 si presentava come un anno denso si impegni: quest’anno oltre ai vari tour o eventi di artisti che già seguo da un po’ di anni, dovevamo affrontare il primo tour negli stadi con Ultimo: ci stavamo preparando da tempo, a livello organizzativo e con importanti investimenti. Era una grande occasione per investiste su tutto, crescere professionalmente, dimostrare che dopo tanti anni di duro lavoro potevamo affrontare un tour così importante…E contestualmente avremmo dovuto portare avanti tutti gli altri lavori che ormai da anni seguiamo con altri clienti. Sarebbe stato un anno molto impegnativo per il quale eravamo molto carichi e soprattutto contenti, perché anche se il lavoro era tanto, principalmente questa è la nostra passione.
La Manifestazione “Bauli in piazza Duomo” chiede al Governo da parte dei lavoratori dello spettacolo regole certe per ripartire. Regole che, nel rispetto della prevenzione sanitaria, consentano la sostenibilità economica dell'industria dello spettacolo e degli eventi. Quali sono per te le prime mosse decisive da compiere da parte del Governo?
Se devo essere sincero, ho un grande punto di domanda davanti a me. Non riesco più ad interpretare le mosse del governo, non so nemmeno come interpretare le notizie o gli andamenti degli eventi. Di certo noi siamo uno dei pochi settori che non ha avuto grandi possibilità di ripartenza, certo si abbiamo fatto i piccoli eventi quest’estate, ma non possiamo vivere di concerti acustici in cima ai monti…bellissimi, da ripetere anche quando questo problema sarà’ solo un triste ricordo…ma la realtà’ dei fatti è che la macchina è ferma, i club non sanno come riaprire, i teatri non sanno cosa fare…e con 200 persone in un luogo chiuso non ci sono le economie per poter fare nulla che permetta una vera ripartenza. Servono aiuti più che idee…ci sono migliaia di persone e aziende che non hanno la possibilità di fare nulla e vogliono lavorare!
E viceversa, dalla parte dei professionisti di settore qual è la linea di condotta che ritieni sia indispensabile che tutti mantengano per ripartire?
Ad oggi credo che l’unica cosa da poter fare sia rispettare le regole sanitarie per evitare che i contagi aumentino. Noi purtroppo lavoriamo con l’assembramento quindi diventa un po’ un controsenso…Non abbiamo smart working e non possiamo consegnare a casa il nostro lavoro…Ciò che si riesce a fare, specie nelle piccole realtà, va fatto con estrema coscienza, nel rispetto delle norme di sicurezza e cercando di fare attenzione a tutto ciò’ che ci viene richiesto anche se pare assurdo. E soprattutto visto che si parla di professionismo, bisogna cercare di non cedere al calo dei prezzi solo perché siamo in un momento di difficoltà. Ovviamente tutti siamo consapevoli che c'è gente che non lavora ormai da nove mesi e non ha avuto nessun tipo di assistenza dallo stato…ma cerchiamo di non distruggere quello che con gran fatica negli anni abbiamo costruito.
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