Per capire l’importanza di questo lavoro è importante chiarire quanto in quegli anni David Lee Roth fosse popolare. I Van Halen erano il gruppo del momento: trainati dal singolo “Jump” - destinato a diventare un evergreen - con il loro ultimo album 1984 avevano scalato tutte le classifiche, riempivano gli stadi e monopolizzavo le programmazioni video di MTV. Erano in cima al mondo. Il gruppo si reggevano su un equilibrio perfetto. Da una parte David Lee Roth, un sex symbol con voce roca, ammiccante e selvaggia che sul palco si trasformava in acrobata da circo. Dall’altra Eddie Van Halen, un dei più grandi chitarristi della storia che aveva rivoluzionato la maniera di suonare rock, inventato il tapping (…e piantiamola di dire che non è stato lui!) e dato via a quella rivoluzione shred che stava scuotendo il mondo della chitarra.
Sembrava impossibile che Lee Roth trovasse una sei corde capace di non impallidire al confronto di quella di Eddie.
“Yankee Rose” fu il primo video estrapolato da Eat ‘em and Smile e nel presentarlo lo speaker di Video Music disse: “Ritorna David Lee Roth e alla chitarra c’è un incredibile ventenne capace di far ridere e parlare la chitarra. Non vi farà rimpiangere Eddie. Il suo nome è Steve Vai!”
Lee Roth per il suo disco aveva assemblato una band incredibile, con alcuni tra i migliori musicisti del pianeta: Billy Sheehan, futuro Mr.Big al basso, Gregg Bissonette alla batteria e appunto, soprattutto, Steve Vai alla chitarra. La chitarra di Vai era messa al centro della produzione del disco con il compito di stupire, ammaliare e di suonare ciò che fino allora si poteva, forse, solo immaginare. L’asso nella manica è la produzione di Ted Templeman, veterano dei dischi dei Van Halen che Lee Roth era riuscito ad arruolare. Templemann entra in perfetta sintonia con Steve vai e lo aiuta a centrare una formula perfetta. Eat' Em And Smile doveva essere un disco spudoratamente da classifica. Il produttore sprona Vai a lasciare da parte la sua componente più ricercata, Zappiana e intellettuale e a suonare in maniera sfacciatamente virtuosistica, con un piglio strafottente e ignorante. Vai è un musicista troppo intelligente e ambizioso per non capire e si cala perfettamente nella parte. Inoltre, il suo ego gongola all’idea di un album con quelle attenzioni mediatiche addosso, dove il suo unico compito è stupire ed essere al centro dell'attenzione. Vai diventa un metallaro selvaggio e confeziona le più incredibili parti di chitarra di tutta la sua carriera.
David Lee Roth descriverà l’approccio di Steve Vai alla composizione degli assolo di questo disco come quello di un bambino che si arrampica su un albero, resta appeso per le gambe, ciondolandosi a testa in giù, e urla: “…guarda mamma. Senza mani!”. Steve Vai in questo disco fonde il virtuosismo cristallino e satanico di Paganini con l’attitudine, tutta anni ’80, dell’incredibile Hulk.
Eat' em Smile è un successo ciclopico, guadagna il quarto posto della classifica di Billboard, seppellisce il nuovo contemporaneo disco dei Van Halen, 5150, e promuove Steve Vai da fenomeno di nicchia della chitarra a rockstar.Le chitarre di
Eat' Em and Smile sono probabilmente la parentesi della carriera di Steve Vai in cui sono più presenti il blues e la pentatonica. Molte delle ritmiche e degli assolo partono da una tradizionale piattaforma rock, blues e persino funk su cui Vai innesta virtuosismi alieni e modifiche al DNA di scale, arpeggi, accordi che suonano irriconoscibili e irriproducibili. Incredibile quello che Vai riesce a fare con il Floyd Rose: la chitarra ride, parla, s’imbizzarrisce in schiamazzi isterici. Da questo disco in poi, parlando del lavoro di Vai alla chitarra, si parlerà di
Guitar Extravaganza.
Nei prossimi giorni dedicheremo una lezione al solismo di Vai su questo disco con un approfondimento sul suono e la strumentazione.