di Pietro Paolo Falco [user #17844] - pubblicato il 22 febbraio 2014 ore 08:00
Tutto è musica, persino un giocattolo acquistato da un venditore ambulante può rivelarsi uno strumento interessante per esplorare sonorità e timbriche dal sapore etnico. Anche se all'inizio è inaccordabile e del tutto stonato.
Tutto è musica, persino un giocattolo acquistato da un venditore ambulante può rivelarsi uno strumento interessante per esplorare sonorità e timbriche dal sapore etnico. Anche se all'inizio è inaccordabile e del tutto stonato.
Tirare fuori suoni da oggetti meno convenzionali mi ha sempre affascinato. Esistono dei maestri in questo, personaggi capaci di trasformare letteralmente spazzatura in veri e propri strumenti musicali (vedi Capone & Bungt Bangt), e io nel mio piccolo ho voluto fare un esperimento del genere.
Diverso tempo fa acquistai una chitarra giocattolo da un ambulante, di quelle piccole in compensato, assolutamente insuonabili. La chitarrina ha tasti stonati, capotasto sballato, sei corde da chitarra elettrica con sezione casuale (due cantini di uguali dimensioni, quarta e quinta corda idem) e meccaniche fasulle, cioè composte da una semplice vite ficcata nella paletta, senza alcuna ratio e quindi pressoché impossibili da accordare. Per diverso tempo l'ho tenuta ferma, poggiata su un armadio per bellezza. Per quanto possa essere bella una chitarra giocattolo. Ogni tanto però mi saliva la voglia di cavarci qualcosa di musicale, quindi ho provato più volte a ottenere qualche accordatura utilizzabile. Dopo un po' di tentativi, tutti fatti a orecchio, ho trovato delle note su cui le corde sembravano più stabili, accettabili quando suonate insieme e con qualche posizione basilare da prendere sulla tastiera. Il capotasto alto e i tasti posizionati senza alcuna cognizione rendono impensabile usare una corda sia a vuoto sia "frettata" senza che stoni terribilmente, ma il cantino sembra essere più malleabile in questo senso, quindi utile a farci delle semplici melodie su un tappeto armonico eseguito con le altre corde a vuoto.
Accordatore alla mano, ho regolato di fino le singole corde, ottenendo quest'accordatura dalla prima alla sesta (il numero corrisponde all'ottava):
Ab 4 Ab 4 Eb 4 Eb 3 Bb 2 Eb 3
La sonorità un po' orientaleggiante non mi dispiaceva e i due cantini permettevano di dare più volume e presenza alla nota al canto, l'unica che poteva muoversi sulla tastiera senza stonare troppo. Suonare due corde insieme per fare una melodia, però, non è la cosa più comoda, così ho spostato la seconda corda nel solco del capotasto della prima corda, creando così una sorta di doppia corda che va allargandosi verso il ponticello. Se vengono pizzicate più forte a vuoto, le due corde vibrano anche leggermente una contro l'altra, dando un curioso effetto sitar. Non ho voluto sfidare la sorte scavando un solco apposito nel capotasto né spostando la sede delle corde al ponte, ma per il futuro chissà.
Dopo averci giocato un po' e ricavato un paio di scale che mi sembravano sensate su quel tappeto, sono andato a ritroso per cercare di capire cos'è che stavo suonando.
In teoria Di base, le note a vuoto sono Bb, Eb e Ab, dalla più grave alla più acuta. Le note creano due intervalli di quarta, un accordo ideale per un po' di musica modale, dalla sonorità un po' esotica. L'accordo ottenuto a vuoto, però, sembrava voler chiamare a sé un'altra nota, e andando sul secondo tasto della prima (doppia) corda si ottiene un Bb al canto. Il primo tasto, oltre a essere stonato, avrebbe creato uno stridente intervallo di settima maggiore con Bb e una quinta diminuita con Eb, quindi manco a provarci.
Inoltre, in questo modo viene raddoppiata (due ottave più in alto) la nota più bassa prodotta dallo strumento, che ora fungerà da nota pedale. Pensando a questa nota come tonica, le possibilità sono molteplici: qualunque scala di Bb che contenga Eb e Ab in teoria andrà bene. Nella pratica, invece, alcune note suonano un po' strane, vuoi per l'intonazione precaria dei fret, vuoi per delle frequenze che si creano con tutte le corde a vuoto e che sembrano cozzare tra loro. Sperimentando, due scale mi sono sembrate le più azzeccate: Bb dorico e Bb locrio. In altre parole, è come se nel primo caso fossimo in Ab maggiore e nel secondo caso in Cb maggiore (ovvero B maggiore).
In entrambi i casi, l'accordo che si forma a vuoto è quartale, ovvero nasce dalla sovrapposizione di intervalli di quarta, anziché di terza. Come già detto, ciò crea una sonorità "strana" e, seppur siamo di fatto in Ab maggiore o in Cb maggiore, l'effetto è di essere in un contesto diverso, sospeso (sus) appunto, estraneo al concetto di tonalità della musica occidentale.
In pratica In soldoni, due scale ottenute possono essere usate per altrettante sonorità in altrettante tonalità. Per farla semplice, con questa configurazione la dorica dà una sonorità aperta e allegra, che può ricordare le solite canzonette movimentate dal sapore un po' irlandese che si sentono in certi film fantasy quando scoppia una rissa in una taverna. Il locrio, invece, soprattutto se usato in combinazione con un po' di bending nervosi e brevi, può ricordare la musica indiana. Procedendo lungo la tastiera, si creano piccole stonature a causa dei tasti posati praticamente a caso, ma trovo che aiutino a dare colore e spessore al suono, anche grazie alla presenza del doppio cantino che aggiunge un vago effetto chorus.
Tutti i suoni usati in video sono ricavati dalla piccola chitarra giocattolo, lavorando sulla microfonazione, equalizzazione ed effetti. Per tutte le parti plettrate, ho trovato che suonando vicino al ponte si ottengono timbriche più adatte a contesti orientaleggianti.
Quello raccontato in questo articolo è solo un esempio delle possibilità offerte dagli strumenti-non-strumenti che tutti i giorni ci passano davanti agli occhi. Un giocattolo, un souvenir o anche un vecchio strumento rotto possono nascere a nuova vita se si prestano loro le giuste attenzioni, un po' di pazienza e fantasia quanto basta. Quando la crisi aggredisce e il portafogli ferma di botto la ricerca di nuovi strumenti esotici con cui sbizzarrirsi, l'arte di arrangiarsi dà i suoi frutti migliori. O almeno ci prova.