di redazione [user #116] - pubblicato il 23 settembre 2019 ore 13:00
"Awakening" è un riuscito mix tra tradizione e innovazione. Il fraseggio solista di Lee Wrathe celebra il miglior shred anni '90 quello di Kotzen, Gilbert, Howe con un'estetica sonora che deve tantissimo a Steve Vai. Ma la scrittura, gli arrangiamenti, l'utilizzo dell'eletronica tradiscono un piglio freso e moderno che l'attenzione melodica presente dalla prima a ultima nota del disco confermano. Questo è un album di chitarra zeppo di influenze, con un gran suono e che si ascolta con piacere; non annoia mai e mette la voglia di fare bella musica sempre prima di qualunque altra esigenza.
Lee è un chitarrista che ci è stato segnalato dalla nostra amica e preziosa collaboratrice Gretchen Menn, chitarrista straordinaria che su questo album compare in un pezzo. Il disco ci è piaciuto così tanto che abbiamo deciso di conoscere meglio l'autore, Lee Wrathe.
Come ti sei avvicinato alla musica?
Sono cresciuto in una casa piena di musica, molta della quale riservava alla chitarra un posto speciale. Mio padre suonava la chitarra in una band e, di conseguenza aveva una vasta collezione di dischi; da Django Rheindhart ai Led Zepellin; passando per i Queen, Jimi Hendrix, Dire Straits o i Cream…il meglio del rock chitarristico di quegli anni. E poi, ovviamente, non mancavano anche dischi di musica classica e jazz.
Le prime dritte sulla chitarra te le ha passate tuo padre?
Sì, mio padre mi ha insegnato a suonare le basi del blues, mi ha mostrato come orientarmi su un blues da 12 misure e, già da quando avevo 5 anni, mi ha insegnato gli accordi basilari, in prima posizione. Di sicuro, lui è stata la mia prima influenza...
E come è proseguita la tua formazione musicale?
Ho continuato ad ascoltare di tutto e provavo a riprodurre ogni cosa ad orecchio. Nella mia adolescenza, la musica è davvero entrata nella mia vita, radicandosi tra i miei interesse e contagiandomi. Ho iniziato a imparare la teoria studiandola dai libri della biblioteca locale.
Cosa ascoltavi in quegli anni?
Ascoltavo musicisti come Vai, Satriani, Jason Becker, Paul Gilbert… quindi consolidavo un'influenza profondamente rock ... ma senza perdere amore e interesse per le grandi melodie e la ricchezza di armonia della musica classica e jazz. Così a vent'anni ho iniziato a studiare composizione: sono stato fortemente influenzato dai compositori di colonne sonore come Hans Zimmer, Danny Elfman e Thomas Newman.
Credo di essere profondamente influenzato e spronato a scrivere in una direzione musicale che definirei un crossover tra musica da film e musica classica.
Per esempio, il brano diviso in due parti che chiude il mio disco, “Until The End”, PT1 e PT2 ne è una buona dimostrazione.
Visto che parliamo del tuo disco, il suono della chitarra solista è grandioso…
Utilizzo amplificatori Laney! Sono grandi amplificatori valvolari e il mio preferito è il Lionheart L20T 212.
Però non è un amplificatore Hi Gain?
No, ma ha un gran suono ed è un'ottima piattaforma per pedali. Tant’è che per la maggior parte del disco ho utilizzato l'amplificatore con il suono pulito e il volume attorno a 8. La distorsione arrivava da due pedali: principalmente un Ibanez Tube Screamer e ogni tanto un Trutone Route 66.
Ci sono dei bei delay…
Sì, ma ogni ambiente che senti, riverbero o delay, sono stati aggiunti in post produzione. Ho ripreso il suono dry utilizzando due microfoni: un SM57 e un condensatore su entrambi i diffusori, in quanto montavano due diversi tipi di coni Celestions ...
"Distant Heart" è una delle canzoni più riuscite dell'album…
Grazie! È una melodia dolce che ho scritto mentre ero in tournée in Cina. Avevo nostalgia di casa e mi mancava il passare del tempo assieme alla mia ragazza.
Questi sentimenti hanno ispirato la melodia che mi è saltata in testa e che poi, successivamente, ho orchestrato. Tornato a casa ho registrato tutto in maniera ordinata e ho improvvisato alcune versioni degli assolo, fino ad esserne soddisfatto. Quindi, ho completato il tutto aggiungendo delle armonie vocali che regalano un certo calore alla melodia.
Lee ha omaggiatto i lettori di Accordo con l'intera trascrizione integrale del suo brano "Distant Heart".
Invece, "Binary Lullaby" ha un'atmosfera sognante, magica! Sembra tutto eseguiti in tapping...
Esatto, nasce proprio da improvvisazione molto libera in tapping. Avevo registrato circa 30 minuti di idee approssimative al cui interno c'era però una piccola sezione che trovavo funzionasse davvero. Così l’ho messa in bella copia e ho aggiunto delle armonie vocali. Alla chitarra ho aggiunto un gate pesante e, in fase di mix, l’ho condita con del delay. Trovo che nel bilanciamento del disco, sia un pezzo perfetto per creare la giusta atmosfera che porta alla canzone successiva, “i-Dream”.
A livello solistico mi piace il tuo approccio agli arpeggi…
Penso sempre molto all’armonia quando suono e, di conseguenza, tendo a suonare prendendo sempre gli arpeggi degli accordi sopra ai quali sto improvvisando, come riferimento. Direi però che il mio approccio sugli arpeggi non è quello a intervalli più vicino Jazz: io cerco di tratteggiare ed estendere il suono degli accordi grazie agli arpeggi. Sulla tastiera della chitarra, oramai visualizzo una sorta di mappa sulla quale si rincorrono schemi e pattern ripetuti degli arpeggi; nel tempo, nel corso degli anni, ho sperimentato forme che creano interessanti diteggiature di arpeggi che mettono in gioco intervalli ampi.
Facci un esempio…
C’è un tipo di arpeggio che suono spesso nell'album.
È una diteggiatura a tre note per corda che parte sulla corda di A e salta, mantenendo sempre il modello a tre note per corda, sulla corda di G e su quella di E cantino. Su quest’ultima corda, però, le note diventano quattro visto che ne aggiungo un’ultima in tapping. Questo approccio con string skipping e tapping, imprime un sound molto da sassofonista, molto fluido che preferisco perché è lontano dal tipico suono di arpeggio in sweep.
Nel disco c’è Tom Quayle che fa un assolo pazzesco!
Conosco Tom da diversi anni ormai. Condividiamo l’endorsement con Laney e Ibanez e questo ci ha portato a realizzare video e clinic insieme. È un ragazzo meraviglioso e, probabilmente, il miglior chitarrista fusion del pianeta. Inoltre e anche molto umile ed è uno di quei musicisti che ti incoraggia sempre.
Ho scritto di proposito un pezzo che pensavo potesse adattarsi al suo playing!
Pensa che quando mi ha inviato l’assolo che aveva inciso l’ho trovato così stupefacente che mi è venuta voglia di rimettere le mani al brano riscrivendolo quasi da capo.
Invece, la collaborazione con Gretchen Menn com’è nata?
Io e Gretchen ci siamo conosciuti sui social, dove ci stavamo seguendo da un po'.
Tutto è nato perché una volta lei, molto gentilmente, condivise un mio brano: era un pezzo di chitarra solista molto d’ambiente che avevo pubblicato e a Gretchen piaceva davvero. Ho sempre amato modo di suonare di Gretchen, la sua versatilità e la sua dedizione per la musica: frequentarla è così stimolante ed è una persona meravigliosa! Durante la produzione del disco, avevo un pezzo per il quale non avevo ancora registrato l'assolo. Così lo proposi a Gretchen che accettò rendendomi felicissimo! Quello che ha composto ed eseguito è completamente diverso da quello che avrei fatto io. In quel pezzo Gretchen risolve veramente il senso della canzone!
Cosa pensi dell’attuale scena strumentale chitarristica?
Rispetto a 10 o 15 anni fa la situazione fortunatamente si è risollevata.
Questo credo dipenda dal fatto che i social media permettono alle nuove generazioni di farsi ascoltare e così si ha accesso a musicisti nuovi, eccitanti e freschi da scoprire e sentire. Puoi trovare dei musicisti che hanno raggiunto una dedizione e un’abilità tecnica destabilizzanti, straordinarie! Ma la cosa che li rende speciali è che questo non va a discapito dell’intensità e melodia della loro proposta musicale!
Se un musicista riesce ad accompagnare una grande tecnica con una costante attenzione alla melodia, di sicuro io sarò sempre un suo fan!