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Registrare la batteria: ambiente e microfoni
Registrare la batteria: ambiente e microfoni
di [user #116] - pubblicato il

Iniziamo a parlare di registrazione e produzione di una parte di batteria, interessandoci a tutto il delicato lavoro in studio di registrazione tanto del batterista che suona che del fonico che lo riprende. In questa prima lezione, parlando di microfoni e ambiente, affiorerà un elemento decisivo: l'importanza di preservare e valorizzare il suono naturale della batteria e l'impronta unica del batterista che la suona.
Lo studio di registrazione Pristudio di Bologna ci ospita per una lunga serie di appuntamenti dedicati alla produzione e registazione della batteria.

"Per ragionare sul tipo di ripresa e di microfoni da adottare in una produzione, prendiamo in esame due tipologie di registrazione di batteria piuttosto differenti: la prima in una produzione di pop italiano, la seconda in un progetto di musica hard rock strumentale, i Bad Guys Experiment. Per entrambe, la prima tappa della produzione delle batterie è stata cercare di predefinire il suono che avremmo voluto ottenere. Questo è un approccio che seguiamo sempre: prima ancora di mettersi a registrare si cerca di figurarsi in che direzione portare il suono di batteria, dove si vuole arrivare stilisticamente.



Questo perché nella registrazione della batteria conta molto il suono dell’ambiente, della stanza in cui questa viene microfonata ripresa. Così, prima ancora di pensare alle caratteristiche della batteria e dei microfoni, si ragiona sulla tipologia di ambiente e di stanza.
Nella produzione pop, per esempio, si necessita di un suono di batteria più fermo e controllato nelle code e questo, fa si che si  privilegi un ambiente non eccessivamente riverberante, con un tempo di riverbero della stanza moderato; al contrario, lavorando a brani rock si cerca un suono di batteria radicalmente diverso, più selvaggio e con un’enfasi differente. In questo caso è decisivo partire da una stanza che già contribuisca a far suonare la batteria in quel modo, che espanda il suono dello strumento in quella direzione: per questo è importante lavorare in maniera accurata con le pareti riflettenti.
Il secondo step interessa la scelta dei microfoni. Sarà decisivo sceglierli sulla base del risultato che garantiranno all’interno del genere musicale nel quale stanno operando. Ancora una volta, traspare un concetto determinante nella produzione musicale: nulla è giusto o sbagliato in senso assoluto, ma deve essere sempre valutato in funzione del risultato che si vuole ottenere.

Registrare la batteria: ambiente e microfoni

Per esempio, quando si cerca un timbro di cassa che offra ampie possibilità di lavorazione e che permetta di avere ampio margine di rifinitura del suono in fase di mix e postproduzione, ci sono dei classici come il D112 dell’AKG che garantiscono un generoso margine di manovra sulla direzione del suono che si vuole ottenere. Solo lavorando successivamente sull’Eq del segnale ripreso si avrà a disposizione un variegato canovaccio sonoro, agendo esclusivamente sulla ripresa naturale, senza sample aggiuntivi. Non c’è un genere prestabilito in cui questo microfono è la prima scelta: funziona nel pop, nel rock e anche nel metal.
Il motivo per cui lo si predilige è soprattutto nella liberta sonora che riserva in post produzione.
Viceversa, quando si hanno già le idee chiare sul suono di batteria che si sta cercando e si decide di prediligere un’estetica sonora più estrema, si preferiscono dei microfoni più colorati, con delle caratteristiche più aggressive, caratterizzanti, che imprimono peculiarità stilistiche marcate.

Registrare la batteria: ambiente e microfoni

Per esempio, il Seheniser 602 riprende la cassa con delle caratteristiche sonoro già marcate in maniera evidente: il suono è molto scavato nella parte media, prepotente e naturalmente già tratteggia nella ripresa una pasta ammiccante al metal e a generi particolarmente duri e moderni.
Ovviamente questo tipo di ragionamenti e opzioni legati alla scelta dei microfoni da usare sulla cassa va esteso a qualunque altro pezzo della batteria.
L’attenzione alla stanza, alla scelta dei microfoni e alla ricerca scrupolosa di un suono che da subito sia coerente con quello della produzione in cui si lavora, tradiscono un aspetto cruciale: curare al massimo il suono naturale della batteria. Questo tipo di attenzione è quasi in controtendenza rispetto alla moda di non preoccuparsi troppo del suono di batteria in fase di ripresa, già certi che questo sarà poi sostituito da sample. Invece, per chi ama il suono autentico, vero e naturale della batteria e vuole enfatizzare ogni sfumatura esecutiva di quello che il musicista seduto dietro alle pelli riesce a offrire nella sua performance, questo è l’approccio che ci si sente di suggerire.
Ovviamente, esistono estetiche sonore che necessitano dell’aggiunta di sample, come quella del metal più moderno e nelle sue derivazioni più estreme. Ma, anche in questo caso, pur inserendo questo apporto sonoro non si rinuncerà mai a una percentuale generosa di suono naturale dello strumento.
Del resto, preservare il suono naturale significa preservare l’elemento sonoro e artistico esclusivo di una parte di batteria che è l’impronta, il timbro e la voce – unica – del batterista che la suona. Altrimenti, tanto varrebbe affidarsi a una batteria elettronica, totalmente campionata."



Paolo Caridi, batterista di spicco della scena rock italiana e didatta di punta tra le pagine di Accordo e Ritmi.
Roberto Priori  nasce come chitarrista e ha importanti trascorsi come session man (883, Nomadi, Rai); dopo essersi guadagnato grande autorevolezza in ambito hard rock con progetti come Danger Zone e Morphology, Roberto ha iniziato a far crescere il suo studio di registrazione Pristudio, affinando sempre di più le sue competenze di fonico e produttore.
Da anni Paolo collabora a stretto contatto con Roberto registrando innumerevoli batterie per le produzioni realizzate nel Pristudio.
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