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Il mio vecchio
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di doando [user #220] - pubblicato il 31 agosto 2006 ore 22:13
2 settembre 2001:
ero in viaggio in minibus verso Duesseldorf/Germania, in compagnia del mio gruppo Soul Picnic.
L'atmosfera era da gita scolastica senza profe, dovevamo suonare ad una fiera. Quindi allegria e svaccamento.
Eravamo quasi arrivati, quando squilla il cellulare.
Era mia sorella che, con voce disperata e persa, mi dice singhiozzando che il mio vecchio ha spento la luce e se ne è andato.
Se n'è andato esattamente come ha vissuto la vita: discreto, tranquillo, a testa alta, orgoglioso e rispettoso, un signore silenzioso.
Aveva scelto anche il giorno ed il momento: domenica mattina si era fatto bello, era andato a visitare la tomba di mia madre (che ci aveva lasciati cinque anni prima), aveva pranzato con mia sorella e poi si era coricato, come sempre, per un breve pisolino.
Non si era più svegliato, si era addormentato col sorriso sulla bocca e così mia sorella lo ha trovato qualche ora dopo.
Ero così disperato che avrei voluto scendere e tornare a casa subito.
Fortunatamente i miei compagni mi hanno sostenuto e i miei fratelli mi hanno convinto di rimanere in Germania e di suonare. Alla fine ho suonato ma non mi ricordo più niente della serata. Facevo finta di niente per non rovinare la serata a tantissima gente. Però pensavo.
Mi ritornavano in mente gli anni '50 e '60, quando mio padre, per mantenere moglie e otto figli si faceva in quattro, lavorava in fabbrica di notte ed in campagna di giorno.
Era severo, si, ma sempre giusto.
Mi venivano in mente le serate quando, dopo cena, ci raccontava della sua gioventù, della guerra, dell'Abissinia, di Haile Selassie, della fuga dai nazisti e noi ad ascoltarlo a bocca aperta.
Oppure quando si giocava a carte, era una passione comune e lui era un maestro, fino oltre gli ottant'anni.
Oppure quando, con il suo tipico sorriso da ragazzino furbetto, ci faceva vedere le sue vincite al lotto, sempre qualche soldo in più.
Ho dovuto aspettare diciott'anni per vedere litigare (si fa per dire) i miei genitori. I contrasti, se c'erano, venivano risolti con discrezione.
Era orgoglioso della sua famiglia, della sua campagnia, delle sue macchine. La prima era una 500 prima serie. Mi ricordo ancora la targa: BZ 53122. Dopo alcuni cinquini seguirono alcune 126 e l'ultima era una Corsa. Solo negli ultimi mesi non guidava più. Diceva che 88 anni sono sufficienti.
Nonostante il lavoro, gli stenti ed alcune malattie non indifferenti era ancora in forma, aveva solo qualche capello bianco.
Sulla mia scrivania casalinga ci sono quattro foto: mia madre, mio padre, lady doando, i miei figli. Sorridono tutti.
Ciao, vecchio mio
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2 settembre 2001:
ero in viaggio in minibus verso Duesseldorf/Germania, in compagnia del mio gruppo Soul Picnic.
L'atmosfera era da gita scolastica senza profe, dovevamo suonare ad una fiera. Quindi allegria e svaccamento.
Eravamo quasi arrivati, quando squilla il cellulare.
Era mia sorella che, con voce disperata e persa, mi dice singhiozzando che il mio vecchio ha spento la luce e se ne è andato.
Se n'è andato esattamente come ha vissuto la vita: discreto, tranquillo, a testa alta, orgoglioso e rispettoso, un signore silenzioso.
Aveva scelto anche il giorno ed il momento: domenica mattina si era fatto bello, era andato a visitare la tomba di mia madre (che ci aveva lasciati cinque anni prima), aveva pranzato con mia sorella e poi si era coricato, come sempre, per un breve pisolino.
Non si era più svegliato, si era addormentato col sorriso sulla bocca e così mia sorella lo ha trovato qualche ora dopo.
Ero così disperato che avrei voluto scendere e tornare a casa subito.
Fortunatamente i miei compagni mi hanno sostenuto e i miei fratelli mi hanno convinto di rimanere in Germania e di suonare. Alla fine ho suonato ma non mi ricordo più niente della serata. Facevo finta di niente per non rovinare la serata a tantissima gente. Però pensavo.
Mi ritornavano in mente gli anni '50 e '60, quando mio padre, per mantenere moglie e otto figli si faceva in quattro, lavorava in fabbrica di notte ed in campagna di giorno.
Era severo, si, ma sempre giusto.
Mi venivano in mente le serate quando, dopo cena, ci raccontava della sua gioventù, della guerra, dell'Abissinia, di Haile Selassie, della fuga dai nazisti e noi ad ascoltarlo a bocca aperta.
Oppure quando si giocava a carte, era una passione comune e lui era un maestro, fino oltre gli ottant'anni.
Oppure quando, con il suo tipico sorriso da ragazzino furbetto, ci faceva vedere le sue vincite al lotto, sempre qualche soldo in più.
Ho dovuto aspettare diciott'anni per vedere litigare (si fa per dire) i miei genitori. I contrasti, se c'erano, venivano risolti con discrezione.
Era orgoglioso della sua famiglia, della sua campagnia, delle sue macchine. La prima era una 500 prima serie. Mi ricordo ancora la targa: BZ 53122. Dopo alcuni cinquini seguirono alcune 126 e l'ultima era una Corsa. Solo negli ultimi mesi non guidava più. Diceva che 88 anni sono sufficienti.
Nonostante il lavoro, gli stenti ed alcune malattie non indifferenti era ancora in forma, aveva solo qualche capello bianco.
Sulla mia scrivania casalinga ci sono quattro foto: mia madre, mio padre, lady doando, i miei figli. Sorridono tutti.
Ciao, vecchio mio |
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